Geisha

Geisha - Il tirocinio

Continua il nostro viaggio alla scoperta del mondo delle Geisha. Dopo averne indagato le origini, affrontiamo ora il percorso che una giovane deve intraprendere presso le Okiya (Casa delle Geisha).

Lo Shikomi (apprendistato)

All’inizio sarà una Shikomi (仕込み), un’apprendista Maiko, e per un periodo di circa un anno il suo lavoro somiglierà a quello di una domestica. Dovrà, oltre a frequentare i corsi di musica, danza, canto e fare pratica di cerimonia del tè, attendere il rientro delle Maiko e Geisha dai loro impegni serali, di solito a notte inoltrata, e svegliarsi prima di loro per preparare il necessario per la loro nuova giornata di lavoro e poi recarsi ai corsi, che si tengono al Nyokouba (女紅場), la scuola dove si apprendono queste antiche arti dalle Iemoto (家元), le Gran Meastre. Dovrà imparare a indossare correttamente i kimono, ma anche imparare a piegarli e conservarli negli appositi armadi, lavoro non semplice. Per tutto il periodo come Shikomi, indosserà un semplice kimono di cotone. Inoltre un’apprendista di Kyoto dovrà assolutamente imparare il dialetto locale, il Kyo-Kotoba (京言葉) 

Dal Minarai (見習い) al Misedashi (店出し)

La vita di una Geisha è segnata da alcuni passaggi e il primo si chiama Minarai (imparare osservando). Appreso per bene queste arti, entrerà nella fase Minarai della durata di circa un mese, dove l’apprendista Maiko può accedere agli Zashiki (座敷) per capire l’arte della conversazione e il modo corretto di servire i clienti. Il viso verrà truccato con la cipria bianca chiamata ShironuriAppena avrà acquisito le competenze necessarie e il giorno prima di fare il Misedashi (店出し), il debutto come Maiko, dovrà fare la “cerimonia di sorellanza” con una Maiko già esperta, il sopraccitato San San Ku Do (三々九度 )A questo punto è pronta per debuttare. Il Misedashi consiste in questo: dovrà recarsi in ogni singola Okiya e Ochaya del suo Hanamachi (花街) insieme all’Okasan (お母さん), presentandosi come nuova Maiko per chiedere di essere gentili con lei. L’Okasan si farà carico delle spese necessarie per il suo debutto, come quello di acquistare i kimono e tutto il necessario per le sue serate come Maiko.

In passato, fin da quando una Maiko veniva adottata dall’Okiya, l’Okasan prendeva scrupolosamente nota di tutte le spese sostenute per il suo mantenimento e per l’istruzione e quindi anche delle spese per il Misedashi. Diventava una Geisha verso i 14 anni con due riti molto importanti, il Mizuage (lett. sollevare le acque, in pratica la perdita della verginità) e l’Erikae (cambio del collare). 

Il Mizuage (水揚げ)

Una Maiko era e doveva assolutamente restare vergine fino alla fine del suo apprendistato in attesa che un “defloratore” si offrisse per il suo Mizuage. Era obbligatorio e ogni singola Geisha (fino al 1958, quando la prostituzione fu abolita insieme a questo rituale) ha dovuto affrontarlo. Segnava il suo passaggio all'età adulta, anche dal punto di vista sessuale. Essendo le Maiko indebitate con l’Okasan fin dal loro ingresso nell’Okiya, il Mizuage era un’occasione per ridurre di molto il loro debito. 

Appena ci si avvicinava all'età fatidica, i vari clienti cominciavano a farsi avanti per avere il privilegio di “far diventare una donna” la futura Geisha. Era una specie di asta e la Okasan doveva valutare, oltre alla cifra più alta, anche il prestigio sociale del pretendente, che di solito era un uomo di mezza età. Se una giovane non riceveva proposte e arrivava a 15 anni senza avere affrontato il Mizuage, avrebbe vissuto l’imbarazzo di sentirsi addosso gli sguardi di tutto l’Hanamachi, come se avesse qualcosa di strano per il quale non riusciva a trovare nessun pretendente. In questo caso intervenivano i “defloratori di professione”, uomini noti nella comunità come amanti delle Maiko ma non così ricchi da poter ambire al Mizuage di una Maiko di successo. Venivano contattati dalle Okasan per evitare che la propria protetta venisse a lungo derisa dalle colleghe e, visto che l’Hanamachi è una realtà estremamente piccola ed essendo una Maiko riconoscibile da molti aspetti del suo abbigliamento, una 15enne vestita e acconciata ancora da apprendista, non passava certo inosservata. 

Riguardo la dura e triste esperienza del Mizuage, possiamo aggiungere che era sì un passaggio obbligato per ogni apprendista Geisha, ma la situazione non era poi molto diversa per le figlie di normali famiglie giapponesi, infatti, la prima notte di nozze di una qualunque altra ragazza era altrettanto spiacevole. La maggior parte dei matrimoni era combinata dalle famiglie e tipicamente gli sposi si conoscevano proprio nel giorno delle nozze. All'epoca quasi tutte le giovani avrebbero avuto quindi come primo amante, uno sconosciuto. La condizione di una Geisha, vista da questa prospettiva, era migliore di quella di una semplice ragazza, in quanto non avrebbe dovuto lavorare e convivere con la famiglia del marito, ma anzi, il “defloratore” o il “Danna” (旦那) l’avrebbe mantenuta e fatta vivere in una condizione di vita estremamente agiata. Bisogna sottolineare poi che era dovere della Okasan, oltre a quella di procurare un buon pretendente, quella di vigilare che la Geisha o ancora peggio la Maiko, non avesse amanti non ufficiali. Sarebbe stata una grave perdita di denaro e d’immagine se una Maiko non fosse arrivata vergine al Mizuage. La stessa cosa se una Geisha avesse avuto un amante mentre un Danna la manteneva. 

L'Erikae (襟替え)

Erikae significa letteralmente “cambio del collare” (da rosso a bianco). Rappresentava, insieme al Mizuage, il passaggio all’età adulta, ma in realtà sono molte le cose che cambiano nell’abbigliamento da Maiko a Geisha, non solo il collare. Questi cambiamenti sono in uso tuttora:
- gli Okobo (おこぼ) sono tipici dell’abbigliamento di una Maiko, i Geta (下駄) quelli di una Geisha;
- le maniche del Kimono (Furisode 振袖) da lunghe diventano corte, quando si diventa una Geisha;
- l’acconciatura di una Maiko si chiama Ware Shinobu (割れ偲ぶ) ed è molto appariscente in quanto porta molti fermagli chiamati Kanzashi (che cambiano in base alle stagioni), una Geisha invece ha un look più serio e, sull'acconciatura chiamata Ofuku, avrà solo un paio di pettinini di tartaruga.
Un mese prima dell'Erikae, la Maiko porterà un acconciatura chiamata Sakko.

Articolo di Francesca Gambera

 

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geisha

Geisha - Le origini

geishaLa parola Geisha per noi occidentali evoca l’immagine della bella bambolina dal kimono sgargiante, che sorride accanto ad un ciliegio in fiore o ad una pagoda. Un simbolo, come può esserlo il Kinkakuji o il monte Fuji. La realtà è molto più complessa e cercherò in questo mio scritto di descrivere le varie fasi della vita di una Geisha, dal suo ingresso nell’Okiya, fino al raggiungimento della sua maturità professionale.

Origini Geisha

Se è vero che le Geisha non sono prostitute, è anche vero che questa figura storica del Giappone nasce da un particolare modo di vedere le donne da parte degli uomini giapponesi del 1600. La donna era inferiore all'uomo nella società, i matrimoni erano combinati dalle rispettive famiglie e la moglie diventava una domestica che viveva insieme a lui e ai suoi genitori, il cui compito principale era quello di concepire un figlio.
La figura della cortigiana nasce dunque per la soddisfazione sessuale dell’uomo e vi erano vari tipi di classi di cortigiane in base alla loro bellezza e raffinatezza.
La figura della Geisha nascerà invece per soddisfare un desiderio non per forza sessuale ma anche, e a mio avviso, soprattutto, di corteggiare una donna, di poterla frequentare e forse conquistare. La donna nel minuscolo mondo delle Geisha, non sarà solo un oggetto sessuale ma più che altro una persona di piacevole compagnia. Esperta nelle arti tradizionali e capace di intrattenere brillanti conversazioni, al contrario di quanto si pensa, la Geisha è un personaggio apparso solo di recente nella storia del Giappone.
Molti sono i personaggi che nei secoli hanno contribuito a far nascere questa figura leggendaria, ormai simbolo del suo paese. A partire dalle Saburuko del periodo Nara, alle danzatrici Shirabyoshi del periodo Kamakura fino alle cortigiane del primissimo periodo Edo. Un minimo comune denominatore le unisce, erano tutte donne forti, con una gran voglia d’indipendenza.
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SABURUKO

Saburuko significa “persona che serve” e sono il risultato del cambiamento della società alla fine del 7° secolo. Molte donne dovettero prostituirsi per sopravvivere. La maggior parte di queste donne proveniva dal basso ceto, ma c’erano fra queste molte donne istruite e di talento, provenienti famiglie benestanti cadute in povertà.
Queste in particolare erano ballerine o cantanti e spesso venivano invitate per intrattenere e servire gli aristocratici. Fra la fine del periodo Heian e l’inizio del periodo Kamakura la storia si ripete. Nascono le danzatrici Shirabyoshi.

SHIRABYOSHI

白拍子Shirabyoshi è il nome di un tipo di danza praticato da giovani donne provenienti da famiglie aristocratiche cadute in povertà e che, per sopravvivere hanno cominciato a danzare.
geishaEssendo esperte musiciste, ballerine o cantanti, erano spesso ospiti di aristocratici come i Fujiwara e i Taira
Le danzatrici Shirabyoshi si vestivano in stile Shinto con un cappello da uomo, una spada ed eseguivano danze per i Kami, le divinità giapponesi. Recitavano inoltre ballate basate su preghiere buddhiste.
Le più famose erano Kamagiku, concubina dell’imperatore in ritiro a Gotoba, e Shizuka Gozen, concubina di Minamoto No Yoshitsune.
La storia di Shizuka Gozen è molto triste. Lo Shogun Yoritomo ordinò l’assassinio del fratello Yoshitsune, al quale lei era legata, perchè credeva che volesse, grazie alla sua popolarità, salire al trono al suo posto. Lei venne dunque arrestata e quando Yoritomo si accorse che era incinta, attese la nascita del figlio e, scoperto che era un maschio, lo uccise per evitare eredi che potessero vendicarsi. Yoshitsune fu catturato e ucciso a Kamakura. Yoritomo volle Shizuka accanto a se quando gli portarono la sua testa, poi la costrinse ad esibirsi per lui e sua moglie. Lei danzò, dedicando però la sua esibizione all’amato. Una volta liberata, la giovane Shizuka, allora solo 18enne, entrò in convento. Morì di crepacuore nel 1189.
geishaSe 芸 Gei di Arte e 者 Sha di persona, significano Artista, forse possiamo definire le danzatrici Shirabyoshi le prime Geisha in assoluto. Donne che, per sopravvivere, reinventarono se stesse. Forti e indipendenti, in un’epoca in cui le donne non potevano esserlo.

Articolo di Francesca Gambera.

 

 

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Hina Matsuri, la festa delle bambole e delle bambine

Hina Matsuri, la “festa delle bambole”, è una festa di carattere familiare che si svolge in tutto il Giappone il 3 marzo. Anticamente veniva celebrata il 3° giorno del 3° mese secondo il calendario lunare. Si tratta di un’importante ricorrenza stagionale nella quale si prega per la salute e la buona fortuna dando il benvenuto alla primavera. L’altro nome con cui è conosciuta, momo no sekku (festa del pesco), indica del resto un chiaro riferimento alla stagione che inizia.

Le bambine espongono speciali bambole artistiche, chiamate hina ningyō, che raffigurano l’Imperatore, l’Imperatrice, principi e principesse, ministri e dignitari di corte, per un totale di 15 personaggi abbigliati nei raffinati, antichi costumi del periodo Heian (794-1185) e disposti su una sorta di scala a gradini rivestiti di panno rosso detta hinadan.

Le hina sono in genere molto care e preziose e di solito i genitori ne comperano una ogni anno alle loro figlie, quando non ve ne sono di antiche tramandate di generazione in generazione delle donne della famiglia. Le hina non sono mai utilizzate come giocattoli. Vengono generalmente custodite in scatole di legno ed esposte all’ammirazione delle proprietarie e delle loro amiche in visita in questa unica occasione, nella stanza più bella della casa.

La serie comprende, oltre alle bambole, oggetti e accessori in miniatura, come paraventi e lampade, che spesso costituiscono delle vere e proprie opere d’arte.

Le bambole più preziose sono le “Odairisama”, che rappresentano la coppia imperiale e sono collocate sul ripiano superiore, con l’Imperatore a sinistra di chi guarda. Dietro la coppia augusta trovano posto dei piccoli paraventi davanti ai quali sono collocati candelieri in miniatura e vasi con fiori di pesco. Sui ripiani inferiori dello hinadan vengono posti i ministri, gli alti dignitari di corte e poi le dame e i musicisti. Ai piedi dell’esposizione sono collocati vassoi con dolci tipici dell’occasione, losanghe rosa e verdi chiamate hishimochi che vengono ritualmente offerti alle bambole.

In questa occasione, tutte le bambine indossano i kimono tradizionali dalle lunghe maniche (furisode) e ricevono regali dai loro genitori e parenti. Inoltre si recano a pregare al tempio più vicino a casa, accompagnate dai genitori.

L’origine di questa festa è da far risalire all’abitudine che avevano i cortigiani, all’inizio del 3° mese, di offrire alla famiglia imperiale (e in particolare alle principesse) delle bambole che dovevano servir loro da “sostituto magico” al fine di preservarle dalle malattie e dalla cattiva sorte. Come capri espiatori, le bambole venivano poi eliminate, gettandole in corsi d’acqua (elemento di purificazione), affinché fossero portate via dalla corrente. Ancora oggi, nella prefettura di Tottori, nella parte occidentale dell’isola di Honshū, le bambine abbandonano alla corrente dei fiumi delle piccole barche di paglia contenenti bambole di carte, frittelle dolci di riso e boccioli di pesco, il tutto asperso di sake. Le bambole, accompagnate dai battiti di mani e dalle ferventi preghiere delle bimbe che le hanno costruite, se ne andranno verso il mondo degli spiriti e, da laggiù, manderanno indietro la protezione del cielo.

Rossella Marangoni

www.rossellamarangoni.it


Tako - Gli Aquiloni

In tutti i paesi del mondo gli uomini hanno sempre cercato modi e mezzi per comunicare con i loro dei e in Oriente furono gli aquiloni a rappresentare il contatto fra la terra e il cielo.
L'uomo comunica il suo pensiero a una forma costruita in seta e bambù che, sospinta dal vento, vola in alto verso il destinatario del messaggio. Il filo teso permette alla mano di guidare l'aquilone nel cielo e di richiamarlo poi a terra quando, per imperscrutabili ragioni, si sente che la comunicazione è avvenuta.
I primi aquiloni nascono in Cina già intorno all'anno 1000 a.C e, grazie ai viaggi di monaci, navigatori, esploratori e commercianti, si diffondono ben presto in tutti i paesi orientali, assorbendo gli usi e costumi delle tradizioni locali. Quando arriva in Giappone l'aquilone prende il nome di “tako” e il suo ideogramma assomiglia a quello di “kaze” , il vento, che per ogni aquilone rappresenta l'elemento vivificante. L'aquilone infatti, essendo più pesante dell'aria, ha bisogno di una forza che gli permetta di volare. Grazie al vento che lo rende vivo e alla mano dell'uomo che gli trasmette un significato l'aquilone diventa, di volta in volta, un gioco, un simbolo, un oggetto utile, uno strumento di lavoro, un'arma di combattimento e tante altre cose ancora. Gli aquiloni costruiti in forma di animali, pesci, uccelli, insetti solitamente rappresentano i protagonisti delle fiabe e delle leggende popolari e il loro volo racconta l'una o l'altra storia. Per esempio un aquilone in forma di carpa veniva fatto volare per favorire la forza nei bambini maschi, così come diventano forti le carpe che risalgono i fiumi controcorrente.

Aquiloni dalle forme più geometriche e funzionali erano usate per i riti della semina o per la pesca d'altura. Sotto un aquilone si mettevano alcuni semi che, strattonando il filo di traino, cadevano “dal cielo” fecondando il campo e favorendo così un buon raccolto. Su altri aquiloni i pescatori aggiungevano un filo libero con un'esca attaccata in fondo. Lasciando volare gli aquiloni sull'acqua bastava aspettare che il pesce abboccasse. Legato alle tradizioni animiste l'uso degli aquiloni per purificarsi dalle cattive azioni e dalle disgrazie dell'anno: durante una festa gli abitanti del villaggio facevano volare più in alto possibile i loro aquiloni, a cui avevano raccontato le proprie storie e al tramonto tagliavano i fili, lasciando così andare via, insieme agli aquiloni, tutte le negatività. Il giorno dopo, chi trovava gli aquiloni caduti li bruciava completando così la purificazione. Usi meno poetici ma altrettanto pacifici per sistemare questioni litigiose: due gruppi avversari costruivano due grandi aquiloni, di solito rettangolari, e vi dipingevano sopra figure di draghi e di mostri terrificanti della mitologia giapponese. Il giorno convenuto i due gruppi, costituiti a volte da centinaia di persone, innalzavano gli aquiloni e col filo dell'uno si cercava di agganciare a far cadere a terra l'altro, che così perdeva la gara e nel villaggio si ristabiliva la pace. Nei periodi di guerra l'aquilone veniva usato per spaventare il nemico e convincerlo a ritirarsi: si attaccavano a grandi aquiloni corde vibranti che, nottetempo, sibilavano sugli accampamenti nemici per intimorirli, come fossero spiriti inviati dagli dei.

Luisa Canovi, da Pagine Zen numero 31


Capodanno Giapponese

L’inverno è il tempo della grande festa di Capodanno: importante come il Natale per gli occidentali, vede le famiglie giapponesi riunirsi, molti tornare al paese natio a godere gli antichi sapori della cucina della mamma (ofukuro no aji). In splendide scatole di legno laccato, quadrate e a più strati, verrà servito osechi, il cibo di Capodanno: sardine, frittate, fagioli neri cotti a lungo in un sugo dolce, nodi di alga, piccole orate, pezzetti di pollo, radici di loto all’aceto, uova di pesce e altre delicatezze. Le verdure di stagione sono gli spinaci e altre foglie verdi. Nelle case si predispongono le classiche decorazioni di Capodanno che comprendono: kaki essiccati (significano salute e successo nella vita), alga konbu (il suo nome ricorda il verbo yorokobu, rallegrarsi, gioire), mochi (anche omochi) è un cibo tipico dell’inverno e tradizionale del periodo di Capodanno. Si prepara con riso glutinoso (mochigome) cotto a vapore, pestato a lungo in un grosso mortaio di legno, finché diviene una pasta molle ma compatta, che va poi modellata in piccole focacce. Il vocabolo mochi, se scritto con un altro ideogramma, può significare “avere, possedere”: equivale quindi a un augurio di ricchezza. La ricetta principale di Capodanno contenente il mochi è la minestra chiamata ozooni, ma il modo più semplice e appetitoso per gustarlo è quello di abbrustolire il boccone di mochi, intingerlo in salsa di soia e avvolgerlo in un pezzetto di alga nori. Due mochi di misura diversa fanno parte obbligatoria delle decorazioni di Capodanno e vengono posti il piccolo sopra al più grande (kagami-mochi), insieme con arance amare e altri elementi, come offerta sull’altare shintoista presente nella casa, oppure in un luogo importante della dimora, o all’ingresso, dove di solito si pongono le decorazioni per il Capodanno. L’aragosta bollita è anch’essa indispensabile (appesa sulle porte o esposta nelle abitazioni). Il vocabolo generico ebi, che indica tutti i tipi di crostacei, dai gamberi all’aragosta, viene scritto con due ideogrammi che significano mare-vecchio, perché l’aragosta ha il corpo piegato come una persona anziana. Tutto ciò è di buon augurio per una lunga vita e anche in considerazione del fatto che in Giappone la vecchiaia è considerata dote apprezzabile, perché porta con sé saggezza ed esperienza.

di Graziana Canova Tura, da Pagine Zen numero 27


Furoshiki: cento usi di un quadrato di stoffa

L’arte giapponese di avvolgere contenere, trasportare oggetti di ogni forma: un’alternativa elegante ed ecologica per preparare originali pacchi dono.

La sensibilità verso l’ambiente cresce e tornano in voga materiali e abitudini antiche, di cui si riscopre la modernità. Dal Giappone si fa strada anche in Europa, tra le altre cose, l’interesse per il FUROSHIKI, l’arte di imballare e trasportare le cose piegando e annodando un telo di stoffa.

Il furoshiki non è altro che un quadrato di stoffa; piegato e annodato in vari modi diventa di volta in volta borsa, imballaggio, contenitore, adattandosi a oggetti di ogni forma e mantenendo sempre stile ed eleganza.

È un oggetto che dimostra la raffinatezza e il gusto estetico così sviluppati della cultura giapponese. Scegliere e annodare un furoshiki è diventata un’arte che si tramanda di generazione in generazione.Leggere di più


Bambole Kokeshi

Sono bambole tradizionali giapponesi, la loro prima comparsa risale all'epoca Edo (1600-1868). Originariamente venivano regalate ai turisti che visitavano i luoghi termali.

Secondo la tradizione antica nipponica, possedere una bambola Kokeshi porta armonia nella casa e allontana la cattiva sorte.

Le bambole Kokeshi sono realizzate in legno stagionato, interamente decorate a mano da artisti locali.

Guardando queste bambole siamo subito colpiti dai loro colori e dalla ricchezza di dettagli che la decorano. Il busto riproduce il tradizionale kimono giapponese, finemente decorato con temi floreali che raffigurano le quattro stagioni.

Le Kokeshi sono un'ottima scelta per un regalo orginale per ogni ricorrenza e occasione. Arricchiscono le nostre case coni loro colori, ci affascinano con la loro delicatezza e ci regalano un sorriso con le loro simpatiche faccine.

Sara Morelli

Se siete interessati alle mie bambole Kokeshi originali, provenienti dalla Prefettura di Kyoto, scrivetemi a questo indirizzo email:

japan.primavera@gmail.com


La vestizione del Kimono


La vestizione del kimono

a cura di Tomoko Hoashi
con commento di Rossella Marangoni

Il kimono - letteralmente, cosa da indossare - cela particolari complessità di indossamento e accorgimenti non visibili all'occhio inesperto. L'eleganza del tradizionale abito femminile giapponese verrà illustrata e mostrata durante il sesto incontro della rassegna "Frammenti di Giappone".

giovedì 21 aprile ore 18.30

"Frammenti di Giappone al Museo d’Arte e Scienza" nasce dalla collaborazione tra l’Associazione culturale Giappone in Italia e l’Associazione Amici del Museo d’Arte e Scienza di Milano.
Il progetto si articola in otto serate che hanno lo scopo di presentare alcuni aspetti propri della cultura classica giapponese proponendo degli incontri che siano lontani da una facile banalizzazione e che esaltino la ricchezza del patrimonio culturale nipponico.

Per il programma completo dell'iniziativa clicca qui.
Si consiglia la prenotazione.

Museo d'Arte e Scienza di Milano
via Quintino Sella 4, 20121 Milano
(angolo Piazza Castello - M1 Cairoli, M2 Lanza)

Per informazioni:
Telefono: +39 02 72 022 488
E-mail: info@museoartescienza.com
Sito: www.giapponeinitalia.org


Workshop con giochi tradizionali giapponesi

Sabato 12 febbraio, ore 16.00 - 18.30

Presso Il Ciani

Viale Cattaneo 5

Giochi tradizionali giapponesi per bambini

Ryoko Takano

Durante questo workshop sia i bambini che gli adulti potranno conoscere e cimentarsi attivamente con giochi tradizionali provenienti direttamente dal Giappone.

Saranno spiegate le origini e lo sviluppo dei vari giochi e saranno organizzate anche vere e proprie gare tra tutti i partecipanti al workshop. Tra i vari giochi che saranno presenti ricordiamo i più comuni: KENDAMA, OTEDAMA, DARUMA OTOSHI, KAMI FUSEN, TAKETOMBO, ITODENWA, FUKUWARAI…

Mettete alla prova con ironia la vostra abilità e la vostra concentrazione.

Per informazioni:

Telefono: +41 58 866 72 14

E-mail: cultura@lugano.ch

Sito: http://www.nipponlugano.ch


Maiko Ichimame

Nel 2008, ai tempi della mia tesi, Ichimame era  una Maiko di Kamishichiken che da un paio d’anni curava un blog dove annotava gioie e dolori della vita all’interno del mondo fluttuante. Raccontava di estenuanti prove per gli spettacoli primaverili ma anche la soddisfazione per gli spettacolo ben riusciti, e poi particolari sulle ricorrenze, usi e costumi di questo mondo riservato a pochi. È riuscita a far entrare un pizzico di modernità in una realtà completamente anacronistica come quella delle case da tè. Inizialmente il blog era solo in giapponese ma data la grande richiesta di utenti di internet occidentali, ha deciso di farlo tradurre in inglese.

Oggi è ormai una Geiko affermata del quartiere di Kamichichiken. Da qualche mese prima del suo Erikae (cambio del collare e passaggio da Maiko a Geiko) nella primavera del 2009, ha smesso di aggiornare il blog per dedicarsi a tempo pieno alla sua preparazione per questo importante obiettivo.
Per qualche tempo il blog è passato ad Ichimomo, un'altra Maiko dell'okiya "Ichi" di Kamishichiken. http://www.ichi-kyoto.jp/index.php?catid=3 , ma da qualche mese è fermo, probabilmente per i molti impegni che sia Ichimomo che Ichimame hanno quotidianamente.

Francesca Gambera