La visualizzazione della lettera A, tutto l’universo in un simbolo esoterico

Il buddhismo giapponese credo sia il culto religioso che più di ogni altro possiede una varietà di scuole e approcci diversi nella pratica e nel fine ultimo di questa che lo rende estremamente interessante e adatto a soddisfare le differenti esigenze religiose di un popolo così sensibile alle sfumature come quello giapponese. La setta che personalmente più mi affascina nelle pratiche rituali e nel pensiero filosofico è lo Shingon, la cui sede storica e ufficiale è situata sul misterioso monte Koya nei pressi di Nara, e tra le sue “mille e una” pratiche rituali quella che più trovo interessante è, oltre al goma (il rituale del fuoco), quello della visualizzazione della sillaba-seme A. Questa pratica riassume totalmente in sé il nucleo della dottrina e dell’esperienza Mikkyo descritte nel Dainichi-kyo (testo filosofico base della scuola) ed è inoltre una delle pratiche meditative più importanti e concise nell’ambito delle centinaia di tecniche esistenti; viene spesso usata come pratica preparatoria per altre più impegnative perché tramite passaggi graduali sviluppa l’abilità nella meditazione e i testi che ne parlano sono molti.

Ci sono numerose varianti di questa tecnica ma principalmente le fasi in cui si suddivide sono quelle comuni a tutte le pratiche di visualizzazione e il suo scopo principale è l’esperienza della realtà ultima tramite la concentrazione sul suono, forma e significato della lettera A; lo shingon infatti sottolinea l’estrema importanza che va attribuita alla pratica e all’esperienza diretta acquisita coi rituali perché solo così, al di là di uno studio dottrinale, si può venire a conoscenza della verità ultima.

Viene scelto un luogo idoneo, solitamente un qualsiasi luogo che sia tranquillo, poco illuminato e che non distragga dalla concentrazione, viene purificato e si procede alla simultanea purificazione del corpo del praticante che una volta preparato adeguatamente l’ambiente per svolgere il rituale dispone le offerte e si siede in meditazione samadhi eseguendo la Mudra del Regno del Dharma (ossia eseguendo con le mani dei gesti particolari e definiti) di fronte ad un dipinto raffigurante la sillaba A dell’alfabeto sanscrito, che è rappresentata sovrapposta ad un disco lunare solitamente bianco e sopra un fiore di loto anch’esso di colore bianco; la sillaba è solitamente di color oro. I simbolismi attribuiti a questa immagine sono moltissimi e si ricollegano quasi in toto a tutte le teorie e rappresentazioni esplicative dell’universo simbolico e concettuale Shingon: la sillaba è la rappresentazione samara  (sotto forma di sillaba simbolica appunto) della divinità maggiore del pantheon buddhista mikkyo ossia Dainichi nyorai; e perché? Perché questa sillaba oltre ad essere la prima del sillabario fonetico sanscrito siddham, e quindi madre di tutte le altre sillabe, non è qui caratterizzata da un senso negativo di privazione ma ha invece un senso affermativo come affermazione del mondo fenomenico e del relativo VUOTO (sunyata) che rappresenta,  e di riflesso è simbolo del principio di non dualità dei fenomeni e dell’essenza unica universale. Tutto l’universo è riassunto in questa sillaba che è all’origine del discorso umano e allo stesso tempo simbolizza il Discorso del Dharmakaya (il corpo del Buddha), presente in tutte le cose.

Questo segno, questa lettera così affusolata e così misteriosa è carica di una valenza comunicativa eccezionale che è in grado di trasmettere in un’unica fulminante intuizione la verità ultima sottesa alla dottrina esoterica; l’illuminazione è istantanea avviene qui e ora, con relativa semplicità e velocità e la superiorità dell’insegnamento e delle pratiche esoteriche è nuovamente provata.

Quindi, come ogni dottrina tenta in tutti i modi di provare la propria validità e superiorità rispetto alle altre, anche il buddhismo esoterico si impegna nell’avvalorare tecniche e precetti dando dimostrazione della coerenza su cui si basa la propria filosofia.

 

Eleonora Bertin

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