Cinema giapponese

my_neighbors_the_yamadas2I miei vicini Yamada / Hōhokekyo tonari no Yamada-kun

Ritratto della vita quotidiana di una ordinaria famiglia: dalla bambina dimenticata per sbaglio al supermercato, alla lotta per il controllo del canale Tv, alla nonna che manda in fumo la cena. Ma la fantasia può prendere il sopravvento e il padre diventa un supereroe.

Il film sarà proiettato venerdì 5 febbraio alle ore 19.00 presso il Centro Incontri Culturali Oriente Occidente, Via Lovanio 8 (MM2 – Moscova) nel contesto della rassegna “5 centimetri al secondo. Viaggio nel Giappone antico e moderno attraverso il cinema”, curata da Giampiero Raganelli.

Regia: Takahata Isao

Sceneggiatura: Takahata Isao, dalle strisce di Ishii Hisaichi

Direttore dell’animazione: Ken’ichi Konishi

Musiche: Yano Akiko

Voci: Asaoka Yukiji (Matsuko), Masuoka Toru (Takashi), Araki Masako (Shige), Uno Naomi (Nonoko), Yano Akiko (Fujiwara-sensei)

Produzione: Studio Ghibli

Durata: 104’

Giappone, 1999

Il grande regista d’animazione, Takahata Isao, confeziona, con questo anime, una strabiliante commedia famigliare, adattando le popolari strisce a fumetti di Ishii Hisaichi.

La priorità estetica di Takahata è stata quella di rendere la dimensione bidimensionale, i personaggi stilizzati e caricaturali delle strisce a quattro vignette di partenza. Un lavoro molto difficile non essendo l’opera d’origine un manga classico, più facile da tradurre in animazione per carattere visivo ipercinetico proprio dei fumetti nipponici. Il senso antinaturalistico è poi accentuato dall’uso di colori acquarello, che conferiscono anche un aspetto più delicato ai disegni, originariamente in bianco e nero.

Nonostante questo spiccato antirealismo, l’anime riesce anche a dare il senso della vita di tutti i giorni con i suoi ritmi. Gli Yamada sono una tipica, mediocre, famiglia giapponese, sembrano il corrispettivo dei Simpson, con le sue preoccupazioni e le sue ansie. Quello che i personaggi del film cercano di raggiungere è rappresentato, nulla di più che da prosaici, obiettivi quotidiani. Ma nel loro perseverare, nel cercare di fare il loro meglio, sembra che inconsciamente mettano in pratica gli insegnamenti del bushido.

Quel senso di nostalgia e malinconia tipico della poetica di Takahata, che trova il suo apice in Una tomba per le lucciole e in Lacrime di ricordi, appare in questo film, anche se in modo meno scoperto. E’ ravvisabile in una serie di elementi del classicismo giapponese che vanno dagli haiku di Bashō e Buson, alla grande onda di Hokusai, ai racconti del folklore come Momotarō, il ragazzo pesca, e Kaguya-hime, la principessa arrivata dalla Luna. Inseriti in un contesto contemporaneo, suggeriscono un richiamo a un’età perduta che il mondo attuale sembra aver dimenticato.

Curiosità

La parola “houhokekyo” del titolo originale è il suono dell’uiguisu, un uccello nipponico simile all’usignolo che si vede all’inizio del film e che simboleggia la primavera.

Il motociclista mascherato, di cui il padre assume le fattezze, è Gekkō Kamen, Maschera di Luna, un supereroe dei fumetti e della televisione degli anni ’50.

La canzone della colonna sonora è della cantante Yano Akiko, che da anche la voce al personaggio dell’insegnante di Nonoko. Popolarissima in Giappone, è la moglie di Ryuichi Sakamoto.

Takahata Isao

Raffinato intellettuale e amante della cultura europea fin dai suoi studi universitari, che lo portarono a laurearsi in letteratura francese all’Università di Tokyo. La sua opera è ispirata al grande maestro del cinema d’animazione francese, Paul Grimault.

Esordisce alla regia nel 1968 con La grande avventura del principe Valiant / Tayo no oji: hols no daiboken, una fiaba che contiene riferimenti ai movimenti di protesta di quegli anni nonché alla guerra in Vietnam. Per lo stile e per l’estetica, questo film è considerato il capostipite degli anime.

Negli anni ’70, insieme al collega e amico Miyazaki Hayao, partorisce alcune serie, diventate popolarissime anche in Italia, come Heidi e Anna dai capelli rossi. Per queste si segnala anche quale meticoloso ricercatore di luoghi e tradizioni (sono leggendari i suoi sopralluoghi in Svizzera e Germania per Heidi).

Sempre insieme a Miyazaki fonda, nel 1985, il famosissimo Studio Ghibli, nel cui ambito realizza i suoi più importanti lungometraggi. Tra questi spicca Una tomba per le lucciole / Hotaru no haka (1988), il capolavoro assoluto dell’animazione nipponica, storia neorealista ambientata nel Giappone stremato dalla Seconda guerra mondiale.

Giampiero Raganelli