I samurai al cinema

“Il futuro appartiene a noi”, con queste parole pronunciate dal giovane guerriero Taira no Kiyomori, interpretato dal popolare attore Ichikawa Raizo, si conclude la penultima opera del grande regista Mizoguchi Kenji, Nuova storia del clan Taira – Shin heike monogatari (1955). Si tratta di uno sfarzoso kolossal in stile hollywoodiano, che racconta un evento cruciale della storia del Giappone, la fine dell’epoca Heian, nel tardo XII secolo, e l’avvento al potere dello shōgun e della classe dei samurai, fino ad allora relegati al ruolo di semplici cani da guardia. Le parole di Kiyomori erano profetiche perché questo assetto del Giappone durò fino alla Restaurazione Meiji, iniziata nel 1868. Anche nel cinema i samurai hanno spadroneggiato a lungo e lo stesso attore Ichikawa Raizo avrebbe poi interpretato una miriadedi ruoli di samurai, nei film diretti dal regista di genere Misumi Kenji.

Fin dai suoi albori, il cinema giapponese aveva puntato sul jidaigeki, genere storico di derivazione teatrale, e in particolare sui chambara, i film d’azione con spadaccini, termine onomatopeico che indica il clangore dei duelli con la spada. Il più antico lungometraggio giapponese conservato fino ai nostri giorni, è Iquarantasette rōnin di MatsunosukeMatsunosuke no Chūshingura (1911), il primo degli innumerevoli adattamenti del celebre dramma, che racconta della vendetta di quarantasette samurai contro il responsabile della morte del loro padrone. La più importante di queste versioni cinematografiche è quella di Mizoguchi, Storia dei fedeli seguaci dell’epoca Genroku / La vendetta dei quarantasette rōnin – Genroku Chūshingura (1941-42).Questa opera è quella che meglio rappresenta i principi del bushidō, la via del samurai, dignità, compostezza, fermezza anche nelle avverse fortune.Oltre alla serena accettazione del seppuku, il suicidio rituale, fondamentale in quest’ottica è il conflitto, tipico della drammaturgia giapponese, che si crea tra i principi di giri (dovere) e ninjō (sentimento). I rōnin sono combattuti tra il giri verso le leggi e l’Imperatore e la lealtà verso il proprio padrone defunto, che rappresenta il ninjō. La decisione cadrà inevitabilmente sul secondo. Tutto ciò senza mostrare scene di combattimento, una scelta molto diversa da quella del celeberrimo I sette samurai – Shichinin no samurai (1954), che non lesina in scene spettacolari, ma per Kurosawa è più importante la sua concezione umanista che si palesa nel finale, quando il capo dei samurai riconosce che i veri vincitori sono i contadini. Una visione invece antieroica, e picaresca, della figura del samurai, è data dal maestro Kurosawa nel dittico costituito dai chambara La sfida del samuraiYojimbo (1961) e Tsubaki SanjuroSanjuro (1962), dove protagonisti sono rōnin mercenari, non a caso ambientati nel tardo periodo Edo, epoca di pace e di declino della classe samuraica. I guerrieri diventavano burocrati dello shōgun, quando andava bene, ma molti di questi rimanevano senza impiego, come raccontato nel bellissimo Sentimenti umani e palloncini di carta – Ninjō kamifusen (1937).In questo film si narra di un rōnin, alla disperata ricerca di lavoro, dopo il suicidio del padre, commesso mediante impiccagione, grave disonore per un samurai, avendo dovuto vendere le sue spade per necessità.

Il genere jidaigeki tramontò verso la fine degli anni ’60, venendo ripreso solo di recente.Gli ultimi film di samurai prodotti sono accomunati dal fatto di raccontare la fase precedente la fine dell’epopea dei guerrieri, avvenuta dopo il periodo Edo, quando con la Restaurazione Meiji, la classe dei samurai fu sciolta. A dare inizio a questo recente filone del jidaigeki crepuscolare, è stato un grande autore come Ōshima Nagisa con il film TabùGohatto (1999). Dissacrante, come tutta la sua cinematografia, Ōshima si focalizza su elementi scomodi, qualil’omosessualità, e chiude il film con il personaggio interpretato da Kitano Takeshi, che recide un albero di ciliegio in fiore, il principale simbolo del Giappone. Un altro grande vecchio del cinema nipponico, Yamada Yōji, realizza la trilogia del samurai del tramonto, composta da Il samurai del tramontoTasogare seibi (2002), La spada nascostaKakushi ken oni no tsume (2004) e Amore e onore – Bushi no ichibun (2006). I protagonisti di questi film, anch’essi ambientati alla fine dell’era Edo, sono samurai nei quali è del tutto assente il senso di giri verso il proprio padrone, possono, anche qui, vendere la propria spada e usarne una di bambù, o essere intenti ad imparare il funzionamento dei cannoni che segnano un nuovo modo di fare la guerra. L’epopea è ormai giunta al suo termine.

Giampiero Raganelli

Tratto dal N. 81 di Pagine Zen