La fotografia erotica giapponese

di Giuseppe De Francesco

L’erotismo in Giappone, in  tutte le sue più svariate manifestazioni, è un elemento che fluttua all’interno di una cultura che da millenni valorizza la nozione di caducità.

L’identità degli esseri è transitoria, il piacere è fugace, la logica è sfocata, il reale è virtuale e la bellezza è mortale per definizione. Quanto al sesso, inevitabilmente assume contorni protéiformi, polimorfi e perversi. È impregnato di questa tradizione che dona ad ogni cosa un anima: uomo, donna, farfalla, pietra o fiore, tutto in questo mondo giapponese (buddista e shintoista) partecipa in una tendenza universale a fare l’amore in tutti modi possibili. A differenza del mondo occidentale, qui l’attività sessuale si svolge più con lo spirito degli elementi in causa che attraverso gli organi genitali. In questo paese che non conosce il sistema binario, che non oppone l’uomo alla donna, né il male al bene non sembra esserci alcuna barriera alle immaginazioni erotiche. In questo contesto le arti figurative – più nello specifico la fotografia – ci portano delle visioni di un erotismo assolutamente diverso ed apparentemente incomprensibile quando accostato al nostro.

Possiamo trovare una testimonianza particolarmente feconda ed emblematica attraversando l’opera di Nobuyoshi Araki, uno dei più controversi e più rappresentativi artisti della contemporaneità. Per Araki la fotografia è uno strumento di ricerca iconica attraverso il quale costruire dei quadri esteticamente raffinati e sublimi, che sprigionano un cupo erotismo. Benché egli sovente rappresenti in maniera esplicita il sesso dei suoi soggetti, fatto decisamente raro in un Paese come il Giappone dove la censura di questo tipo di immagini è onnipresente fin dal periodo Edo, la carica erotica delle opere viene piuttosto trasmessa dalla tensione interiore delle figure fotografate e dai sottilissimi rapporti che l’artista costruisce tra di esse. Il risultato di quest’operazione sono delle immagini inquietanti all’interno delle quali la lettura dei singoli elementi può risultare fuorviante. Nell’universo di Araki il kinbaku, una forma giapponese del bondage, non è altro che un modo diretto per arrivare al cuore di una donna, quasi fosse una profonda forma di abbraccio, mentre i fiori presenti nella scena rappresentano i genitali femminili in tutta la loro carica erotica. Durante la realizzazione delle immagini il fotografo si trova a breve distanza dal soggetto, a sottolineare le implicazioni che l’amore ha con la prossimità degli odori, delle sensazioni e degli ambienti.

Un altro esempio caratteristico della rappresentazione dell’eros attraverso il mezzo fotografico, si può trovare lasciandosi guidare dalle immagini di Rinko Kawauchi. In questo caso, l’uso di colori muti ed un leggero gioco di sfumature, con i quali l’artista cattura la bellezza dei momenti più profondi e silenziosi della vita quotidiana, ci riportano ai temi della relazione dell’uomo con la natura e – più in generale – con il ciclo della vita. Il risultato è la creazione di una particolare atmosfera di inspiegabile bellezza, all’interno della quale gli elementi, combinati insieme, formano un flusso visivo magicamente coerente, che al tempo stesso trasmette un senso di sottile inquietudine all’osservatore.

Semi d’anguria in un piatto, una goccia di rugiada nell’incavo di una foglia, un’ape che agonizza su un davanzale, l’artista si cimenta nella collezione di elementi apparentemente inutili organizzando il proprio racconto attraverso la relazione tra le immagini. Questi lavori in serie assumono una forma narrativa aperta che combina poesia ed emozione con la rappresentazione della mortalità, attraversata da una occasionale melanconia. Il formato quadrato, con il quale l’artista prova una sorta di “affinità fisiologica” consente di definire dei microcosmi, estrapolandone la compiutezza del significato e la perfezione interiore. La raffigurazione squisitamente delicata di ogni singolo dettaglio concorre, infine, allo svelamento delle varie fasi della vita, portando alla creazione di veri e propri haiku visivi.

Il complesso immaginario erotico giapponese si esplicita attraverso una ricerca fotografica dotata di un estetica dalle tinte apparentemente perverse e decadenti, sotto le quali si celano un profondo e mai dissimulato senso di caducità della vita e, con essa, dell’esperienza amorosa.

 
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