Estetica giapponese

Foto di Alberto Moro

 

Lo studio moderno di un’estetica giapponese nel senso occidentale è iniziata soltanto poco più di due secoli fa. Ma, con il termine estetica giapponese, tendiamo a significare non i presente studio moderno ma una serie di ideali antichi che includono il wabi (la bellezza passeggera e rigida), sabi (la bellezza della patina naturale e dell’invecchiamento), e yūgen (profonda grazia e sottigliezza).1) Questi ideali, e altri, sottendono molte delle norme culturali ed estetiche giapponesi su ciò che è considerato di gusto o bello. Così, mentre è vista come una filosofia nelle società occidentali, il concetto di estetica in Giappone è vista come parte integrante della vita quotidiana.2) L’estetica giapponese abbraccia ora una varietà di ideali, alcuni dei quali sono tradizionali mentre altri sono moderni e talvolta influenzati da altre culture.3)

 

Shinto-Buddismo

Lo shintoismo è considerato essere la sorgente della cultura giapponese.4)  Con la sua enfasi sull’interessa della natura e il carattere dell’etica, e la sua celebrazione del paesaggio, stabilisce il tono dell’estetica giapponese. Ciononostante, gli ideali estetici giapponesi sono prevalentemente influenzati dal Buddismo giapponese.5) Nella tradizione buddista, tutte le cose sono considerate sia evolvere che dissolvere nel nulla. Questo “nulla” non è uno spazio vuoto. È, piuttosto, uno spazio di potenzialità.6) Se prendiamo i mari come rappresentanti del potenziale allora ogni cosa è come un’onda che deriva da esso e ritorna ad esso. Non esistono onde permanenti. Non esistono onde perfette. In nessun punto, un’onda è completa, anche al suo apice. La natura è vista come un interoo dinamico che deve essere ammirato e apprezzato. Questo apprezzamento della natura è stato fondamentale per molti ideali estetici giapponesi, “arti” e altri elementi culturali. A tale riguardo, la nazione di “arte” (o il suo equivalente concettuale) è anche abbastanza differente dalle tradizioni occidentali (vedi arte giapponese).

 

Wabi-sabi

Articolo principale: Wabi-sabi

Wabi e sabi si riferiscono a un attento approccio alla vita quotidiana. Nel corso del tempo i loro significati si sono sovrapposti e sono convertiti fino a unificarsi in Wabi-sabi, l’estetica definitiva la bellezza delle cose “imperfette, impermalenti e incomplete”.6) Le cose in bocciolo o le cose in decadenza sono più evocative del wabi-sabi delle cose in piena fioritura perché suggeriscono la transienza delle cose. Mentre le cose vengono e vanno, presentano segni del loro andare e venire e questi segni sono considerati belli. In questo, la bellezza è uno stato alterato della consapevolezza e può essere vista  nel mondano e nel semplice. Le firme della natura possono essere così sottili che solo una mente tranquilla e un occhio coltivato le possono discernere.7) Nella filosofia Zen esistono sette principi estetici per raggiungere il Wabi-Sabi.8

 

Fukinsei: asimmetria, irregolarità; Kanso: semplicità; Koko: fondamentale, patinato; Shizen: senza pretese, naturale; Yugen: grazia sottilmente profonda, non ovvia; Datsuzoku: slegato dalle convenzioni, libero; Seijaku: tranquillità.

 

Ciascuna di queste cose si trovano in natura ma possono suggerire virtù del carattere umano e appropriatezza del comportamento. Ciò, a sua volta suggerisce che la virtù e la civiltà possono essere instillate attraverso l’apprezzamento e la pratica delle arti. Quindi, gli ideali estetici hanno una connotazione etica e pervadono molta della cultura giapponese.9)

 

Miyabi

 

Articolo principale: Miyabi

 

Miyabi è uno degli ideali estetici giapponesi tradizionali più antichi, anch se non prevalente come l’iki e il wabi-sabi. Nel giapponese moderno, la parola è tradizionalmente tradotta con “eleganza”, “raffinatezza” o “cortesia” e talvolta si riferisce a un “rubacuori”.

 

L’ideale aristocratico di Miyabi richiedeva l’eliminazione di tutto quello che era assurdo o volgare e la “limatura delle maniere, della dizione e dei sentimenti per eliminare tutta la rozzezza e crudezza così da raggiungere la massima grazia”. Esprimeva quella sensibilità alla bellezza che è la pietra miliare dell’epoca Heian. Miyabi è spesso strettamente connesso alla nozione di Mono no aware, una consapevolezza agrodolce della transienza delle cose e così si pensava che le cose in declino presentassero un gran senso di miyabi.

 

Shibui

Articolo principale: Shibui

Shibui (aggettivo), shibumi (nome) o shibusa (nome) sono parole giapponesi che si riferiscono a una particolare estetica o bellezza della bellezza semplice, sottile e non vistosa. Originatosi nel periodo Muromachi (1336-1392) come shibushi, il termine si riferiva in origine a un gusto amaro o astringente, come quello di un kaki non maturo. Shibui mantiene ancora questo significato letterale e rimane l’antonimo di amai, che significa “dolce”. Come altri termini estetici giapponesi, quali iki e wabi-sabi, shibui si può applicare a un’ampia varietà di soggetti, non solo all’arte o alla moda. Shibusa include le seguenti qualità essenziali: 1) gli oggetti shibui appaiono un insieme semplice ma includono sottili dettagli, quali la trama, che bilanciano la semplicità con la complessità. 2) Questo equilibrio di semplicità e complessità garantisce il fatto di non stancarsi di un oggetto shibui ma di trovare costantemente nuovi significati e una bellezza arricchita che provoca la crescita del suo valore estetico nel corso degli anni. 3) Shibusa non deve essere confuso con wabi o sabi. Benché molti oggetti wabi o sabi siano shibui, non tutti gli oggetti shibui sono wabi sabi. Gli oggetti wabi o sabi possono essere più severi e talvolta esagerare le imperfezioni intenzionali in una tale misura che possono apparire artificiali. Gli oggetti shibui non sono necessariamente imperfetti o asimmetrici, benché possano includere queste qualità. 4) Shibusa cammina su un filo teso fra concetti estetici contrastanti quali elegante e rozzo o spontaneo e controllato.

 

Iki

Articolo principale, Iki (ideale estetico)

Iki è un ideale estetico tradizionale in Giappone. La base dell’iki si pensa si sia formato fra la classe mercantile urbana (Chōnin) a Edo nel periodo Tokugawa. Iki è un’espressione della semplicità, sofisticatezza, spontaneità e originalità. È effimero, diretto, misurato e inconsapevole. L’iki non è esageratamente raffinato, pretenzioso, complicato. L’iki può significare un tratto personale o un fenomeno artificiale che presenta la volontà o la consapevolezza umana. L’Iki non è utilizzato per descrivere fenomeni naturali ma può essere espresso nell’apprezzamento umano della bellezza naturale o nella natura degli essei umani. L’espressione iki è utilizzata generalmente nella cultura giapponese per descrivere qualità che sono esteticamente attraenti e quando è applicata a una persona, a quello che fa o ha, costituisce un grosso complimento. L’iki non si trova in natura. Mentre analogamente a wabi-sabi in quanto disdegna la perfezione, l’iki è un termine ampio che abbraccia varie caratteristiche relative alla raffinatezza con gusto. Le manifestazioni di gusto della sensualità possono essere iki. Etimologicamente, l’iki ha una radice che significa puro e non edulcorato. Comunque, comunica anche una connotazione di un appetito nei confronti della vita.10)

 

Jo-ha-kyū

Jo-ha-kyū è un concetto di modulazione e movimento applicato a un’ampia varietà di arti tradizionali giapponesi. Approssimativamente tradotto con “inizio, interruzione, rapido”, inferisce un ritmo che parte lentamente, accelera e quindi finisce velocemente. Questo concetto si applica agli elementi della cerimonia del tè giapponese, al kendō, al teatro tradizionale, al Gagaku e alle forme di verso collegato collaborative tradizionali renga e renku (haikai no renga):11)

 

Yūgen

Lo yūgen è un importante concetto nell’estetica tradizionale giapponese. La traduzione esatta della parola dipende dal contesto. Nei testi filosofici cinesi, da cui è stato tratto il termine, lo yūgen significa “tetro”, “profondo” o “misterioso”. Nella critica della poesia waka giapponese, è stato utilizzato per descrivere la sottile profondità delle cose che sono solo vagamente suggerite dalle poesie ed è anche stato il nome di uno stile poetico (uno dei dieci stili ortodossi delineati da Fujiwara no Teika nei suoi trattati).

Lo yūgen suggerisce che al di là di quello che possa dirsi non è un’allusione a un altro mondo.12) Riguarda questo mondo, questa esperienza. Tutti questi sono portali per lo yūgen:

“Guardare il sole immergersi dietro alla collina rivestita di fiori. Camminare in un’immensa foresta senza pensiero di ritorno. Stare in piedi sulla spiaggia e osservare una barca che scompare dietro alle isole in lontananza. Contemplare il volo delle anatre selvatiche viste e perse fra le nuvole. E le sottili ombre del bambù sul bambù.” Zeami Motokiyo

Zeami è stato il creatore della forma d’arte drammatica del teatro Noh e ha scritto il libro classico sulla teoria drammatica (Kadensho). Utilizza immagini della natura come metafora costante. Ad esempio, “la neve in una coppa d’argento” rappresenta il Fiore della Tranquilllità”. Lo yūgen si dice significhi “un senso profondo e misterioso della bellezza dell’universo… e la triste bellezza dell’umana sofferenza”.13)  È utilizzato per riferirsi all’interpretazione di Zeami della “raffinata eleganza” nella performance del Noh.14)

 

Geidō

Il geidō si riferisce alla modalità delle arti giapponesi tradizionali: il Noh (teatro), il kadō (disposizione giapponese dei fiori), lo shodō (calligrafia giapponese), il Sadō (cerimonia del tè giapponese) e lo yakimono (ceramica giapponese). Tutte queste modalità presentano una connotazione etica ed estetica e apprezzano il processo della creazione.9) Per introdurre la disciplina nel training, i guerrieri giapponesi seguivano l’esempio delle arti che sistematizzavano la pratica attraverso forme prescritte chiamate kata – pensate alla cerimonia del tè. L’allenamento nelle tecniche di combattimento incorporava le modalità delle arti (Geidō), la pratica nelle stesse arti e l’instillare i concetti estetici (ad esempio, lo yūgen) e la filosofia delle arti (geido ron). Ciò portò a tecniche di combattimento diventate conosciute come arti marziali (anche oggi, David Lowry dimostra in “La spada e il pennello: lo spirito delle arti marziali”, l’affinità delle arti marziali con le altre arti). Tutte queste arti sono una forma di tacita comunicazione e possiamo rispondere ad esse apprezzando questa tacita dimensione.

 

Ensō

Articolo principale: Ensō

 

Ensō è una parola giapponese che significa “cerchio”. Simbolizza l’Assoluto, l’illuminazione, la forza, l’eleganza, l’Universo e il vuoto; può essere preso anche a simbolo l’estetica stessa giapponese. I calligrafi buddisti Zen possono “credere che il carattere dell’artista sia pienamente esposto nel modo in cui disegna un ensō. Alcuni artisti praticheranno il disegno di un ensō quotidianamente, come una sorta di esercizio spirituale.”15)

 

L’estetica e le identità culturali giapponesi

A causa della sua natura, l’estetica giapponese ha una rilevanza più ampia di quella solitamente accordata all’estetica in Occidente. Nel suo illuminante libro, 16) Eiko Ikegami rivela una storia complessa di via sociale in cui gli ideali estetici diventano centrali per le identità culturali giapponesi. Lei dimostra come le reti nelle arti performanti, la cerimonia del tè e la poesia abbiano forgiato tacite pratiche culturali e come la gentilezza e la politica siano inseparabili. Sostiene che ciò che in Occidente è normalmente disperso, come l’arte e la politica, sono stati e sono nettamente integrate in Giappone..

Dopo l’introduzione delle nozioni occidentali in Giappone, gli ideali dell’estetica wabi sabi sono stati riesaminati con i valori occidentali, sia dai giapponesi che dai non giapponesi. Pertanto, le recenti interpretazioni degli ideali estetici inevitabilmente riflettono le prospettive giudeo-cristiane e la filosofia occidentale.17)

 

Gastronomia

Molti criteri estetici giapponesi tradizionali si manifestano, e sono discussi come parti, dei diversi elementi della cucina giapponese.18)

 

Kawaii

 

Articolo principale: Kawaii

Fenomeno moderno, dagli anni Settanta la graziosità o kawaii, (letteralmente amabile, grazioso o adorabile) è diventato un importante criterio estetico della cultura popolare giapponese, dell’intrattenimento, della moda, del cibo, dei giocattoli, dell’aspetto personale, del comportamento e del manierismo.19)

Come fenomeno culturale, la graziosità è sempre più accettata in Giappone come parte della cultura giapponese e dell’identità nazionale. Tomoyuki Sugiyama, autore di “Cool Japan” ritiene che la “graziosità” sia radicata nella cultura giapponese che ama l’armonia e Nobuyoshi Kurita, professore di sociologia alla Musashi University a Tokyo, ha dichiarato che “carino” è un “termine magico” che abbraccia tutto ciò quello che è accettabile e desiderabile in Giappone.20)

 

Traduzione di Mariella Minna