Intervista a Kunihiro Hagimoto. Di Edoardo Miotti

In occasione dell’uscita della collana monografica “Le ricette di Eataly”, nata dalla collaborazione tra il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport con Eataly, incontriamo uno degli chef coinvolti nel progetto: Kunihiro Hagimoto (Osaka, 1983), chef del ristorante del pesce di Eataly Milano Smeraldo, che per ognuno dei volumi ha ideato una speciale ricetta, una personale interpretazione fusion delle cucine italiana e giapponese. Ogni volume tematico presenta una selezione di ricette gourmet create dai diversi chef della catena, caratterizzate da una particolare attenzione alla stagionalità, alla conoscenza delle diverse varietà dei prodotti, ai loro luoghi di provenienza. Per ognuna, oltre agli ingredienti e alla spiegazione di tutti i passaggi, ci sono consigli, commenti e varianti per la preparazione.

Raccontaci della tua formazione e di come ti sei avvicinato, e appassionato, alla cucina… Ho iniziato ad appassionarmi alla cucina quando avevo circa 13-14 anni. Cucinavo a casa piatti della tradizione giapponese o cinese. Non ero tanto bravo e mi piaceva soltanto far saltare i cibi in padella, come il riso alla cantonese. Poi dopo un po’ ho notato che mi piaceva anche preparare da mangiare per gli altri e mi faceva piacere ricevere complimenti per come cucinavo! Così mi è venuta voglia di imparare meglio, diventare cuoco e farne una professione. Così sono andato alla scuola alberghiera di Osaka, per due anni. Dopodiché mi sono trasferito a Tokyo e ho fatto esperienza in diversi ristoranti rinomati. Il primo anno ho fatto il cameriere e il secondo anno ho iniziato a fare l’assistente cuoco. Preparavo il pane, i dolci, gli antipasti…

Come hai scoperto la cucina italiana? Ho iniziato a lavorare fin da subito in ristoranti italiani a Tokyo. Ho scelto la cucina italiana perché quando andavo alla scuola alberghiera ci insegnavano tutte le cucine del mondo, francese, spagnola, giapponese, cinese, italiana. Quella che preferivo era la cucina italiana. Per essere più preciso, mentre frequentavo la scuola, c’era un programma televisivo che si chiamava “Ryōri no Tetsujin” (in inglese “Iron Chef”) in cui si sfidano due chef che hanno un’ora di tempo per creare una ricetta e cucinare con degli ingredienti che scopriranno solo in quel momento. Guardavo sempre questo programma e mi ha colpito uno chef che cucinava piatti italiani. Così quando sono andato a Tokyo ho scelto subito di lavorare in un ristorante italiano. E dopo, sempre a Tokyo, sono andato a lavorare proprio nel ristorante dello chef che vedevo in TV, che a quei tempi era il ristorante più rinomato del Giappone. Inoltre questa è stata anche la mia prima esperienza di vera alta cucina.

E quando sei arrivato in Italia? Ho cominciato a lavorare a vent’anni e ho sempre lavorato in ristoranti di cucina italiana in Giappone. Un giorno arriva una cliente che mi consiglia un ristorante di Kobe dove andare a mangiare vera cucina italiana tradizionale. Sono quindi andato in quel ristorante dove erano tutti italiani, sia il proprietario che i cuochi. Ho mangiato benissimo e ho scoperto che quella che facevo io era un tipo di cucina italiana ma un po’ rivisitata. Quella era quindi la prima volta che ho davvero mangiato cucina italiana tradizionale. Mi è piaciuta! E mi sono divertito tantissimo anche a passare il tempo insieme ai gestori. In seguito ho lavorato da loro e poi mi è venuta voglia di andare in Italia per approfondire la mia conoscenza della cucina italiana. Quindi ho iniziato a studiare italiano mentre lavoravo e dopo due anni, nel 2009, ho preso il biglietto e sono venuto in Italia. La prima città in cui sono stato è Bologna. Qui sono stato molto fortunato perché ho iniziato a lavorare subito in una trattoria consigliatami da un amico che lavorava con me in Giappone. A me sarebbe andato bene un qualsiasi ristorante, bastava che fosse in Italia, invece mi sono ritrovato Da Amerigo, molto importante sia a livello nazionale che internazionale con tre gamberi del Gambero Rosso e una Stella Michelin. Ho fatto un anno lì come cuoco e mi sono occupato a rotazione di tutto, dagli antipasti, ai primi, dai secondi ai dolci. Ho imparato moltissime cose sia sulla cucina che su come funziona un ristorante. Era davvero tutto curato nel dettaglio, con ingredienti sempre a Km 0 e prodotti della zona. Dopo Bologna, ho deciso di andare in Puglia in un albergo 4 stelle che aveva un ristorante, La Fontanina Relais. Lì, complice la nonna dello chef, ho imparato a fare specialità pugliesi come orecchiette e strascinati. In seguito il livello si è alzato e sono andato da Moreno Cedroni ad Ancona. Da lui ho imparato tante cose nuove, come la cottura del pesce, le temperature, i tempi… All’inizio mi sembrava tutto molto strano, però dopo ho capito quanto sia importante creare un piatto bilanciato, bello. Dopo Ancona ho deciso di prendermi un po’ di tempo per girare l’Italia, non per lavorare. Sono stato a Napoli per cinque mesi, poi a Torino. Sono passato anche da Firenze.

Hai contatti/amicizie con la comunità giapponese a Milano? Sì, poche ma ci sono. La mia hair stylist, un amico designer e un altro che lavora come impiegato presso un’importante azienda giapponese. Siccome mi piace mangiare la cucina giapponese, che mi manca abbastanza da quando sono in Italia, vado spesso nei ristoranti giapponesi. E così ho fatto amicizia con vari ristoratori.

I tuoi posti del cuore a Milano… C’è una gelateria a conduzione familiare che si chiama Rita in via Solferino. Fanno un gelato buonissimo, fresco e fatto proprio da loro. E in più sono molto simpatici. Poi, fra i ristoranti di cucina giapponese dove vado spesso, c’è Sumire, in via Varese. Altri luoghi in città dove amo andare sono il parco Sempione e il parco Indro Montanelli. Trovo molto rilassante andare al parco. Non pensavo di trovare così tanto verde in una città come Milano.

E quelli in Giappone… Sicuramente Osaka, dove sono nato, perché è una città come Napoli, se volessimo fare un parallelo: la gente è molto aperta, c’è casino, i cibi sono molto buoni e anche economici. La gente è molto divertente e allegra. Poi Kobe, dove sono stato per 3/4 anni. Ho molti amici lì, per me è come se fosse la mia seconda città natale. E il manzo di Kobe mi piace tantissimo! E ancora, Tokyo e Kyoto. Se dovessi pensare a dei luoghi del cuore in queste quattro città direi che per quanto riguarda Tokyo le discoteche (ride). Non sono un tipo da discoteca, però quando avevo 22 anni sono andato per la prima volta nella mia vita in discoteca con i miei colleghi. Non ci volevo andare ma i miei colleghi mi ci hanno trascinato e dopo quella volta ci sono andato tutte le sere. Tokyo ha discoteche fantastiche, la musica, le luci: è tutto bellissimo. Di Kyoto invece mi piace molto il mercato perché le verdure lì sono molto buone, si possono mangiare semplicemente sotto aceto o sotto sale. Poi la città è rimasta molto tradizionale, le case… Kyoto da visitare è molto bella. Di Osaka invece mi piace il centro perché ci sono tante cose, negozi, ristoranti, karaoke, c’è un sacco di gente che si diverte… Quando non hai niente da fare vai a Osaka e trovi qualsiasi cosa che voglia fare!

Il tuo piatto preferito e quello che preferisci cucinare (sia giapponese che italiano)? Il mio piatto preferito italiano sono le tagliatelle alla bolognese … La prima volta che le ho mangiate a Bologna ho pensato che fossero la cosa più buona del mondo, mi hanno colpito tantissimo. Invece sono indeciso sul piatto giapponese. È difficile perché in Italia si mangiano solo certi piatti giapponesi, come tempura, sashimi, sushi, che in realtà costituiscono il 20% dei piatti tradizionali giapponesi. Mi piace ovviamente il sushi, ma anche il ramen, il tendon (una ciotola di riso con tempura e uovo cotto). Mi piacciono anche lo yakiniku e lo okonomiyaki (piatto della tradizione di Osaka, una specie di frittata simile nella forma alla pizza). Per quanto riguarda il piatto italiano che preferisco cucinare devo dire che piace cucinare tutto: do la stessa importanza a tutti i piatti. Se proprio devo sceglierne uno, forse perché attualmente lavoro al ristorante del pesce di Eataly, mi piace cucinare i piatti di pesce. Mentre i piatti giapponesi che preferisco preparare sono il riso al curry, lo okonomiyaki e il sushi.

Le tue passioni e interessi nel tempo libero… Nel tempo libero mi piace guardare video e fare ricerche su Youtube perché a casa non ho la televisione (ride). Ad esempio mi piace la break dance e allora guardo i video su Youtube. E ancora ascolto musica, seguo l’hip hop, i video di Michael Jackson, cose così… uso Youtube anche per lo studio della lingua italiana… Faccio tutto su Youtube! Mi piace anche stare con gli amici, e condividere con loro l’esperienza del mangiare bene andando in diversi ristoranti, ma al tempo stesso amo anche prendermi i miei spazi e rilassarmi da solo a casa. Mi piace inoltre anche il nuoto, per questo appena ho un po’ di tempo vado in piscina a farmi delle belle nuotate!

Raccontaci del progetto «Le ricette di Eataly», nato dalla collaborazione tra il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport con Eataly, e che ti vede fra gli chef coinvolti… È un progetto molto bello perché sono tanti gli chef che hanno collaborato e hanno ideato le ricette. Ognuno di loro ha messo il suo tocco personale e la sua esperienza. È molto bello anche come si presenta: sono venti volumi che escono settimanalmente ogni martedì in edicola con il Corriere della Sera o la Gazzetta dello Sport. Ogni volume è tematico, ad esempio il primo volume è dedicato alle verdure primavera-estate, poi ci saranno volumi dedicati ai formaggi, al pesce, alla carne. Non sono dei semplici ricettari, ma vi si trovano anche approfondimenti relativi alle materie prime e agli alimenti. Per quanto riguarda la mia parte, ho ideato una ricetta per ogni volume, in totale venti ricette, basate sul concetto di fusion tra la cucina italiana e quella giapponese.
È stato molto difficile e faticoso creare una ricetta per ogni tema. L’ho fatto in tanti modi, o applicando la tecnica giapponese a ingredienti italiani, oppure usando una ricetta italiana ma con ingredienti giapponesi. O ancora, il piatto all’apparenza sembra italiano ma in realtà all’assaggio i sapori sono quelli della cucina giapponese. Ho provato diverse combinazioni e in più, consapevole del fatto che questi libri sono per chi deve provare a replicare la ricetta a casa e godersi il piatto, ho pensato anche ai gusti che potevano piacere agli italiani e a come combinarli con gusti giapponesi. Anche gli ingredienti sono stati scelti in modo che non sia troppo difficile reperirli. Per esempio, per semplificare invece di usare il mirin, che è il sake dolce utilizzato in Giappone, uso miele italiano. Da gennaio, mese in cui il progetto ha iniziato a prendere vita, ho pensato tutti i giorni, quasi senza dormire, a quali ricette creare. Si tratta di un progetto importante per me, sono le mie ricette e credo alla fine di essere riuscito bene nell’intento. Spero che chi le leggerà le trovi interessanti e abbia voglia di provare a rifarle a casa.

I tuoi progetti futuri? Sono un tipo che fa del suo meglio nell’immediato. Non penso spesso al futuro. A 25 anni volevo avere un mio ristorante e sognavo molto. Ora lo stare in Italia mi fa stare bene, mi fa fare del mio meglio e pensare giorno per giorno. Non ti so quindi dire i miei progetti futuri (ride). So solo che quello che desidero ora, e nel prossimo futuro, è trasmettere i miei sentimenti, a quante più persone possibili, attraverso i miei piatti.

Per concludere, hai una ricetta semplice e veloce da suggerire ai nostri lettori? Sì, il pesce alla griglia alla teriyaki. Si cuoce sulla griglia il pesce (può essere salmone, branzino, orata, ricciola). Nel mentre si prepara una salsa miscelando miele, salsa di soia e un goccio d’acqua da cuocere fino a farla caramellare. Una volta unita la salsa al pesce, si può servire con un po’ di insalata e ci sta molto bene anche la maionese. È un piatto semplice e molto buono. Accompagnato a un riso in bianco per me è perfetto.

Di Edoardo Miotti

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