Un’estate in Giappone. Diario di viaggio – Settima tappa: l’Osorezan e l’incontro con le anime

Esiste un luogo, nel nord della prefettura di Aomori, dove spazio e tempo si modificano sensibilmente, e dove le barriere del nostro mondo cedono al potere degli spiriti. È un luogo carico di Potenza e di malinconia, dove si sperimenta l’incontro con coloro che non ci sono più, dove i vivi e I morti possono incontrarsi ancora una volta. Questo luogo è l’Osorezan il cui nome è solitamente tradotto con Monte della Paura, una montagna che si innalza al centro della penisola di Shimokita; abbandonato ai confine settentrionali dell’Honshi, questo monte è ad oggi il simbolo di un sentire antico, di un Giappone tradizionale a volte dimenticato, lontano dalla modernità e dalle luci delle città del sud.

Il Monte della Paura è un luogo dal fascino innegabile. La sua origine vulcanica affiora appena si arriva nella zona; l’inconfondibile odore di zolfo, il colore grigio-giallo della superficie rocciosa, un lago dall’azzurro trasparente a lambire le sue pendici, dove nessuna forma di vita riesce a sopravvivere. Non è solo il monte della Paura, è la montagna degli inferni, dove le credenze buddhiste prendono forma sotto gli occhi di chi si avventura tra rocce e i vapori sulfurei. È il luogo dove i morti conitnuano a vivere in un’esistenza parallela, e dove è ancora possibile sperimentare un ultimo incontro con loro.

Entrando nel tempio zen alla base della montagna (il Bodaiji), si varca la soglia di un’altra dimensione, e si intraprende un cammino attraverso i diversi inferni buddhisti, tra innumerevoli statue del bodisatthva Jizō, protettore delle anime nell’aldilà, e coloratissime girandole lasciate in segno di amore e di omaggio per i propri cari.

 

L’Osorezan è un luogo della memoria. È una terra dove si cammina nella speranza di sentire il bisbiglio di chi non è più con noi, e dove si cerca di mantenere il ricordo e il legame con chi è dall’altra parte. E proprio questo legame è desiderato quando si arriva sulla riva del lago azzurro, mentre si guarda la verde montagna di fronte che rappresenta il paradiso, e mentre si grida il nome dei propri cari con tutto l’amore che si ha in corpo. E lo stesso legame è simboleggiato nelle innumerevoli offerte che si spargono lungo tutta la spiaggia, tra fiori, caramelle, lattine di birra e giocattoli, mentre il vento fa fischiare le girandole colorate. Ed è lo stesso legame che si cerca con tenacia e pazienza mentre si attende il proprio turno in coda per parlare con un’itako, una delle famose sciamane cieche che si radunano in questo luogo durante il matsuri locale a fine luglio; sono le sciamane che invocano i defunti, e permettono un ultimo incontro con la propria famiglia dei vivi. Un ultimo abbraccio prima della separazione definitiva.

L’Osorezan è una dimensione che entra nell’anima, un luogo distante, spirituale e profondamente intimo, che permette la riscoperta di qualcosa di estremamente radicato nell’anima giapponese, ma anche di estremamente universale. È un luogo di confine, un mondo a metà che porta su di sé la potenza del mondo dell’aldilà, e la magia di un Giappone antico che a volte si ha la sensazione di perdere in mezzo ai suoi e alle giravolte della contemporaneità.

Marianna Zanetta
Articolo originale: http://www.mariannazanetta.com/2017/08/24/where-the-spirits-dwell-the-osorezan/