Tsubo-niwa: uno scorcio di verde

Gli tsubo-niwa iniziarono ad essere costruiti nel periodo Heian (794-1185), all’interno degli edifici e palazzi aristocratici. Essi ebbero un suo sviluppo anche nel periodo Edo (ad esempio nelle machiya), per arrivare fino ai giorni nostri in differenti forme e collocazioni. Oggi infatti è possibile molto spesso trovarne nei ryokan (alberghi tradizionali giapponesi), ristoranti, ma anche edifici pubblici e privati di diverso genere. Questo tipo di giardino è uno scorcio di verde nel bel mezzo delle città, un luogo nascosto, che invita alla tranquillità e meditazione, a prendersi una pausa da quello che c’è fuori ma allo stesso tempo metterlo in relazione con l’interno. Interno che porta il visitatore in un contesto naturale. Va sempre considerato, infatti, come l’architettura dei giardini si esprima in un interpretare la bellezza della natura, nello scoprirla in diversi modi così per com’è.

Per comprendere il significato del termine “tsubo-niwa” è interessante fare riferimento al volume di Marc Peter Keane Japanese Garden Design. L’architetto spiega come la parola indichi innanzitutto un’unità di misura: lo tsubo 坪 corrisponde alla misura di due tatami (di solito la misura di uno si aggira intorno ai 1800 x 900 mm), niwa 庭 significa invece “giardino”.  Gli tsubo-niwa dunque possono essere giardini di modestissime dimensioni, ne esistono di diversi, e vanno dai più piccoli aventi la misura di base dello tsubo fino a multipli della stessa. La parola tsubo però, spiega l’autore, può avere molteplici significati. Può fare riferimento al ki 気 (ovvero il soffio, l’energia) e al suo equilibrio: il giardino interno regola il flusso di energia dell’edificio. A questo proposito Keane ricorda anche il significato di tsubo che si riferisce al vuoto: nell’ambito di taoismo e buddhismo zen, l’individuo deve conoscere se stesso come vuoto attraverso il pensiero del sé come un contenitore cavo, un vaso: tsubo 壺. Così il giardino è uno spazio di meditazione, cavo rispetto all’edificio, invito ad abbandonare la propria individualità per conoscere ciò che al fondo siamo: vuoto, come la natura e tutte le cose. 

Ha solitamente una struttura semplice: formato da alcune piante e alberi, piccoli specchi d’acqua, pietre e pochi altri elementi (lanterne, piccoli ponti, sentieri). A volte è possibile trovarvi un temizu, una vasca contenente acqua dove è possibile purificarsi. La vegetazione riceve la luce dall’estero, in misura differente a seconda della struttura dell’edificio che la ospita. Il giardino è nascosto, si trova nella parte interna dell’architettura, ma allo stesso tempo cerca la luce, le piante si protendono verso l’esterno. Invita alla meditazione ma non dimentica cosa esiste al di fuori.

Lo tsubo-niwa permette di scoprire un luogo altro all’interno del tessuto urbano, un luogo dove potersi rifugiare in tranquillità, a contatto con la natura. L’edificio vive in simbiosi con il giardino stesso, che in un certo senso amplia i suoi spazi attraverso l’immersione dello spettatore in un luogo diverso, verde. Esso è concepito sia per essere visitato, ma molto spesso (soprattutto nel caso degli tsuboniwa di piccole dimensioni) anche solo guardato dall’interno della struttura. Infine, è possibile percepirvi quel legame che gli interni hanno con gli esterni, che l’architettura ha con il paesaggio circostante.

 

 

Susanna Legnani