Le stagioni nel Kabuki. Il cartellone annuale a Edo.

Tradizionalmente, l’anno del kabuki seguiva la scansione stagionale perchè “solo tale periodizzazione ha il carattere cerimoniale dei riti annuali”, secondo quanto afferma lo studioso di teatro Kawatake Toshio.     

Essendo prassi comune che l’ingaggio degli attori e delle compagnie presso i vari teatri avesse la durata di un anno, il primo appuntamento della stagione era dato da un programma di presentazione delle compagnie al pubblico, il cosiddetto kaomise, in cui appunto gli attori “mostravano il volto” al pubblico e ne chiedevano la cortese benevolenza. Il programma del kaomise si teneva agli inizi dell’undicesimo mese del calendario lunare (mese che andava dal 20 novembre al 20 dicembre secondo il calendario gregoriano) e costituiva l’inizio della stagione , oltre che un vero e proprio evento cittadino caratterizzato da un clima di fervida attesa in tutti gli appassionati. Data l’importanza vitale che l’appuntamento rivestiva per il buon andamento della stagione che stava per iniziare, il programma era scelto con cura, allo scopo di esaltare le caratteristiche interpretative della compagnia. Gli attori davano il meglio di sé per stupire e affascinare il pubblico, e il tutto era immerso in un’atmosfera di sfarzo e splendore come la solennità dell’occasione richiedeva. E proprio a causa della solennità dell’appuntamento, generalmente venivano scelti drammi jidaimono, ovvero drammi d’epoca ispirati ad episodi storici, oppure, a Edo, drammi in stile aragoto, in cui potevano dispiegarsi al meglio le doti interpretative della troupe in un’ampia gamma di ruoli. 

Al kaomise facevano seguito periodi di rappresentazione a scadenza bimensile legati al ciclo delle feste stagionali, segno evidente dello stretto legame che un’arte popolare come il kabuki manteneva con le stagioni e le feste e i riti che le caratterizzavano. Il ciclo delle rappresentazioni accompagnava così i giorni di festa che si susseguivano nel corso dell’anno, sia sul piano cronologico come su quello della consonanza tematica. Il calendario, dunque, determinava date e scelta del repertorio.

Nel primo mese Shōgatsu, il Capodanno, portava le rappresentazioni di inizio primavera chiamate hatsuharu kyōgen, e per l’occasione venivano scelti drammi beneauguranti. Era questa l’occasione in cui venivano pubblicati gli yakusha hyōbanki, libretti contenenti critiche agli yakusha (attori) e che davano anche conto dei kaomise appena tenutisi. Dal sesto mese la lunga estate calda e umida del Giappone favoriva la chiusura dei teatri (che spesso approfittavano del periodo per gli indispensabili lavori di manutenzione) ed il riposo degli attori più celebri, ma le rappresentazioni non erano dovunque sospese. Spesso una programmazione estiva (natsu kyōgen), affidata ad attori giovani o di secondo piano e per la quale i biglietti erano proposti a prezzo ridotto, cercava di portare refrigerio al pubblico con la scelta di sewamono (drammi familiari) e di drammi che prevedevano scenografie con presenza di acqua, per comunicare al pubblico una sensazione di frescura. Inoltre molte storie di fantasmi e di spiriti venivano proposte all’approssimarsi del bon, quando il ricordo andava ai defunti. Nel nono mese l’inizio dell’autunno segnava la fine della stagione annuale del kabuki, si sceglieva allora di rappresentare drammi poderosi in cui i protagonisti si dibattevano in conflitti fra giri ninjō, fra dovere e sentimento, fra obblighi sociali e passione e in cui spesso ritorna il tema della separazione: era questa, infatti, l’epoca in cui alcuni attori si congedavano dal proprio pubblico per andare presso altri teatri e compagnie e in questo modo si alludeva a questo distacco. 

Nella scelta dei drammi da inserire in cartellone era indubbia la preoccupazione circa gli effetti che il susseguirsi delle stagioni e il clima avevano sull’attenzione e i sentimenti del pubblico, ed era cura costante di zamoto (proprietari e amministratori dei teatri) e zagashira (attori capi di compagnia) di armonizzare il cartellone con le stagioni.  Una preoccupazione di consonanza con il ritmo della natura che permea ancor oggi, come una corrente sotterranea, la vita in Giappone.

Rossella Marangoni

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