La musica del periodo Kofun e la preparazione per il nuovo stato giapponese

Successivo al periodo Yayoi si colloca il periodo Kofun che prende il nome dalle sepolture megalitiche tipiche dell’area soprattutto del Kansai (fig.1) ed è compreso tra gli anni  250 D.C. al 552 D.C., inizio del periodo Asuka.
Questa fu l’epoca in cui tutte le importanti innovazioni dei precedenti periodi, tra cui soprattutto quelle in ambito agricolo e militare, contribuirono a far nascere una nuova idea di unità nazionale dando il via a quell’unificazione, la prima della storia giapponese, che si sarebbe concentrata soprattutto attorno ad un piccolo gruppo di individui che si staccarono sempre più significativamente dalle popolazioni agricole, andando a fondare un nuovo stato che oggi generalmente identifichiamo con il termine Yamato, situato oggi nell’area del Kansai.

Le teorie su come avvenne questa formazione, tralasciando il mito narrato negli annali giapponesi, sono molte e varie, quella che viene oggi comunemente accettata ci deriva dal testo cinese Wei-Chih che farebbe risalire ad una principessa-sacerdotessa di nome Himiko, o Pimiko, la creazione del primo grande clan che attraverso un sistema di alleanze riuscì a creare un primo stato di nome Yamatai, identificato, anche se con molte riserve, proprio con lo stato Yamato (alcuni storici, pur confermando la validità di tali eventi, contestano che Yamatai potrebbe essere un’antica regione situata nel Kyūshū).
Inoltre in ambito religioso apparirono per la prima volta gli uji gami, Dei degli uji, antichi guerrieri o personalità di rilievo che nel tempo, venerati di generazione in generazione, si trasformarono in divinità locali.

Se precedentemente si era ravvisato negli strumenti la maggiore fonte di conoscenza del mondo sonoro dell’antico Giappone, l’oggetto di maggiore interesse di questo periodo risiede in una serie non molto amplia di piccole statue chiamate haniwa, statue di terracotta facenti parte del corredo funerario degli imperatori e dei dignitari di corte, poste vicino ai Kofun, che solo nella fase di mezzo iniziarono a essere prodotte con fattezze umane (ancora molto rudimentali in verità) abbandonando l’abitudine iniziale di riprodurre templi e case, conservate oggi in vari musei del Giappone (Tōkyō e Kyōto National Museum, Fukushima ed Aikawa Museum Castello di Hikone,) ed esteri (Metropolitan Museum of Art di New York).

Nonostante la loro qualità storica sorpassi nettamente la qualità artistica, soprattutto se messa in raffronto alla coeva tecnica cinese di modellazione della terra cotta, di queste statue sono sopravvissute sino ai giorni nostri un centinaio di guerrieri, che rappresentano sicuramente la categoria più cospicua ed un numero esiguo di suonatori e danzatori.

Alcuni esempi tra i più significativi sono le statue raffiguranti delle Miko, sacerdotesse, nell’atto della danza, come quella rinvenuta a Kokai, Oizumi-machi, prefettura di Gunma, risalente al VI secolo D.C. che fa ancora riferimento ad un passato sciamanico perfettamente rappresentato dalla danza della Dea Ame no Uzume no Mikoto nel mito della Caverna di Amaterasu (narrata da Kojiki e Nihon Shoki) o la coppia di statue chiamate Odoru-danjo (rinvenuti a Nohara, Konan-machi, prefettura di Saitama) (Fig.2) che mostrano un tipo di danza che usava accompagnarsi col canto e con l’utilizzo del proprio corpo quale strumento musicale.

Tra queste statue rappresentanti figure di sacerdotesse vi sono anche alcuni esempi di  rappresentazioni di strumenti musicali quali un danzatore seduto nell’atto di suonare un wagon (rinvenuto a Mōka-shi, prefettura di Tochigi) (Fig.3), tra le prime testimonianze visive pervenuteci di questo strumento ed un’altra sacerdotessa che regge un frammento di strumento a percussione, waritake, costituito da due aste di bambù percosse l’una sull’altra diffuso ancora oggi in alcune zone di campagna dell’arcipelago giapponese.

Gli Haniwa descritti sopra offrono non solo una panoramica di un mondo perduto ma permettono alcune ulteriori riflessioni sul ruolo della musica all’interno del rito religioso qual’era la sepoltura, dove la mondanità, rappresentata dagli strumenti a fiato, di gran lunga più diffusi in questo periodo, era completamente bandita, infatti, in nessun caso è stata rinvenuta una statua raffigurante un suonatore di un qualsivoglia tipo di flauto, tranne in un caso particolare di dubbia identificazione.
Successivamente al contato con il continente asiatico e soprattutto con lo stato cinese, tutto in Giappone subirà una modifica radicale che ne muterà per sempre le sorti sia politiche che musicali.

Edmondo Filippini da Pagine Zen N. 78