GLI AINU DEL GIAPPONE – III. APPUNTI DI UN INCONTRO PER CASO

Secondo le stime, il numero degli Ainu esistenti in Hokkaidō si aggirerebbe intorno alle 24.000 persone o 13.000 secondo un censimento del 2018. Uso il condizionale poiché ricercare un numero preciso non è cosa di poco conto.

Durante le interessanti conversazioni con Sachiko, ella mi raccontava a più riprese, della lunga storia degli Ainu, delle vicende legate ai primi contatti con i giapponesi e a come le vicissitudini si siano evolute col fine di trovare un accordo comune, per una pacifica convivenza. Storie che vi narrerò in questo e nel prossimo racconto.

Di come nel corso del tempo, per sfuggire alle discriminazioni, gli Ainu abbiano persino negato la propria origine e attraverso i matrimoni misti creato una via di fuga, ma ciò non è bastato. Come in ogni incontro che si rispetti, ciascuna delle due parti in causa porta con se il suo bagaglio culturale e fino a che non venga raggiunto un dialogo, un punto di incontro, non si può parlare di contesto armonioso.

Durante i periodi Tokugawa (1603-1868) e Meiji (1868-1912), i giapponesi imposero riforme e assimilazione alle comunità Ainu. I tentativi di assorbire gli Ainu e le loro terre, ebbero inizio almeno dalla seconda metà del VII sec. dopo la costituzione del “ritsu-ryō” (lo stato basato su codici penali ed amministrativi modellati sull’impero cinese dei Tang). Durante il periodo Heian (794-1192), il governo centrale cominciò a sgretolarsi, Ezo (il nome antico dell’Hokkaidō) rimase nelle mani della famiglia Abe, che  sospese i tributi a Kyōto. Negli anni successivi, carestie e pericoli nell’Honshū, spinsero  un  consistente  numero di immigrati a trasferirsi sull’isola. Altra ondata migratoria si verificò in seguito alle campagne fra le famiglie imperiali e militari che si estesero fino alla regione di Ōu (nell’Honshū). Continue guerre fra famiglie costituirono i presupposti per le migrazioni verso un nuovo mondo.

Agli inizi del periodo Kamakura (1192-1333), il commercio andò sviluppandosi e i giapponesi presero a commerciare con gli Ainu. Durante il periodo Muromachi (1338-1573) i traffici vennero gestiti dagli Ashikaga e il commercio riguardava prodotti come sakè, riso e altri in cambio di salmone, alghe, pelli di animali, piume d’aquila.

Quando il numero degli immigrati aumentò notevolmente, cominciarono i problemi legati a richieste di zone di pesca più ampie. Tale richiesta urtò il lavoro dei nativi, dando luogo ad episodi spiacevoli, come quello del 1456, quando un fabbro di Kajimura (oggi Hakodate) venne ucciso da un capo clan. I nativi per ribellarsi massacrarono gli immigrati. L’anno seguente il capo clan Kosamaynu, tentò l’assalto a Fukuyama, e colonia dopo colonia cadde nelle mani dei nativi, mentre i rifugiati trovarono riparo presso Matsumae e Kaminokuni.

 

Ezo era abbandonato a se stesso tra mercanti e rivolte dovute a falsificazione di pesi e misure, del divieto per gli Ainu di conoscere la lingua e la cultura giapponese. Il malcontento si diffuse presto culminando nel 1644, quando il capo Henauke, incitò una rivolta presto sedata.

 

Statua del capo Shakushain, Shizunai. Foto dell’autrice.

 

La più importante ribellione Ezo vi fu nel 1669, quando Shakushain  capo degli Ezo stanziati ad est dell’isola presso il fiume Shibuchari, uccise Onibishi, capo degli Ainu stanziati ad ovest di Ezo, presso il fiume Saru, a seguito di una disputa su alcuni territori di caccia e pesca.

Shakushain cercò un compromesso con i giapponesi, ma perse la vita in questa occasione.

A Nosyappu, è stato innalzato un monumento ai caduti giapponesi in questa battaglia, mentre la statua di Shakushain si trova a Shizunai.

 

Shakushain Memorial Museum, Shizunai. Foto di Flavio Risi.

 

Il governo Tokugawa nel 1806, inviò truppe sull’isola di Ezo, sulle isole Curili e Sachalin occupando con le sue guarnigioni i territori settentrionali. Nel 1855 il governo era impegnato in una politica di controllo su tutta l’area e di assimilazione dei nativi. Seguiva la Restaurazione Meiji del 1868, ed era tempestivamente avviata la colonizzazione dell’Hokkaidō (“Circuito del mare del nord”), il nuovo nome dell’Ezo datogli dal 1868. A Tokyō, il nuovo nome di Edo dal 1868, sorse il Kaitakushi (“Ufficio per lo sviluppo del territorio”), la principale istituzione amministrativa della conquista dell’Hokkaidō.

 

L’intero Hokkaidō fu mappato, suddiviso in appezzamenti, ridenominati in giapponese e trascritti in kanji. Sapporo (dalla lingua ainu Sat-poro-pet “grande fiume secco”), fu scelto come capoluogo amministrativo e si diede inizio a lavori di deforestazione e di costruzione di vie di comunicazione.        

Si assistette ad una politica di assimilazione. Dichiararsi Ainu voleva dire sentirsi attribuire aggettivi come “inferiore”, “ignorante”, “sudicio”. Paradossalmente, gli Ainu soffrivano la discriminazione razziale, mentre la loro esistenza veniva negata, sotto la convinzione che in Giappone tutto formava parte di un unico popolo.

L’impegno degli Ainu della successiva generazione, fu all’insegna di una ripresa dell’autocoscienza Ainu di essere culturalmente differenti e del recupero della dignità come condizione indispensabile della lotta contro l’emarginazione tanto materiale quanto morale.

 

                                                                                                                            Sabrina Battipaglia