Tadao Ando Guest Editor per il periodico Domus nel 2021

La rivista italiana di architettura e design Domus ha annunciato che sarà Tadao Ando, architetto giapponese, il nuovo Guest Editor per l’anno 2021.

Il periodico aveva inaugurato nell’anno 2018 una nuova formula editoriale, chiamata Domus 10x10x10. Questa si basa sulla volontà di invitare figure eminenti della scena architettonica e del design contemporaneo a essere guide per la rivista: 10 architetti che si occuperanno di 10 numeri ciascuno, orientandone le tematiche e le scelte editoriali, tutto ciò in 10 anni (nel 2028 ricorrerà il centesimo anniversario del periodico). Scopo è proprio quello di arricchire i contenuti della rivista filtrandoli attraverso le visioni dei più importanti architetti del nostro tempo. 

La redazione di Domus ha comunicato che il manifesto di Tadao Ando per il 2021 sarà “Eternità”. L’architetto giapponese spiega come questo tema – che sarà il filo rosso dei prossimi numeri del periodico – non sia di scontata interpretazione, e in questo esplicita anche la poetica che lo accompagna nelle sue opere.

L’architettura è qualcosa che da sempre ha avuto a che fare con la volontà di permanenza e, in un certo senso, proprio di eternità: nel contesto italiano questo è comprensibilissimo, basti solo pensare alle innumerevoli strutture che ancora risalgono all’antica Roma e che è possibile tutt’oggi visitare.

Ando, però, spiega come il tipo di eternità a cui vuole prestare attenzione sia differente: essa non è un’eternità materiale, o la volontà di lasciare segni indelebili del nostro passaggio sulla terra. Questa eternità è qualcosa di invisibile: corrisponde a tutte le idee, ricordi, emozioni suscitate dalle cose, che sebbene non visibili permangono nella memoria singolare e collettiva. È dunque espressione della cultura di un luogo, è promozione della stessa. In linea con la sua poetica, Ando vuole trasmettere l’idea che – in un mondo in continuo cambiamento – anche ciò che vi è di più solido e statico (come alcune strutture architettoniche) deve divenire leggero e aperto alla trasformazione, fulcro materiale intorno a cui ruota un universo invisibile. La struttura architettonica deve suscitare ed essere veicolo di idee, pensieri, ricordi, emozioni, ed è in ciò che essa sarà eterna: nell’invisibile più che nel concreto e materiale. 

In mezzo alle nuove sfide e cambiamenti che lo spazio architettonico deve affrontare, anche e soprattutto in questo periodo particolare di emergenza sanitaria, Tadao Ando però mantiene un punto fermo: il rapporto dell’uomo con l’elemento naturale.

Se ci si sofferma a osservare un’architettura dell’artista non può infatti passare inosservata la relazione che la struttura intrattiene col paesaggio circostante. Ando reinterpreta e porta con sé tutta la tradizione giapponese (anche se non in maniera esplicita e pedissequa) che trova le sue radici nella relazione di questo popolo con l’elemento naturale. Si pensi a opere famose come la Chiesa della Luce a Osaka o il museo Langen Foundation a Neuss, in Germania: si comprende come egli creda che l’attenzione al territorio sia essenziale, e attraverso quelle astratte forme in cemento che utilizza nei suoi progetti si scorge la volontà di non dimenticare mai le caratteristiche del luogo specifico in cui la struttura viene realizzata. Così, tra i differenti scorci prospettici e la strutturazione degli edifici su differenti livelli, tra il cemento e l’acciaio, nella semplicità di una forma geometrica anche la luce penetra, e l’acqua vi si insinua. La natura in un certo senso pervade l’insediamento umano, e anche materiali come il cemento divengono leggeri, svuotati della loro pesantezza.

Vi è dunque la volontà di comprendere il cambiamento, di adattare le strutture architettoniche alla fluidità del tempo che scorre, ma allo stesso tempo dei punti fermi permangono: l’attenzione al luogo e tutto ciò che ne deriva. L’attenzione alla cultura del luogo, alla sua struttura, alle persone che vi abitano, al rapporto di questo con l’elemento naturale da cui anche noi proveniamo. Nelle architetture di Ando questo emerge nel rapporto tra un certo tipo di astrazione e concretezza: le forme in cemento, quasi modelli immutabili nel tempo, si lasciano trasformare dallo stesso tempo e luogo che le accoglie.

Come scrive lo stesso Tadao Ando in un suo saggio, architettura è «scoprire l’edificio che il luogo attende». Architettura è dunque entrare in punta di piedi nel sito che la natura ci ha offerto e non esserne indifferenti. Piuttosto, comprendere e cercare di percepire tutti quegli elementi – visibili e invisibili, materiali e culturali – che fanno parte di quel luogo. In ciò la progettazione architettonica diviene una «scoperta».

 

 

Fonti, Manifesto di Tadao Ando per Domus

https://www.domusweb.it/it/speciali/guest-editor/tadao-ando/2020/12/03/tadao-ando-eternit.html

Foto: “Tadao Ando” by krss.

 

 

a cura di Susanna Legnani