Penne del Sol Levante - Battle Royale di Koushun Takami

Bentornati alla rubrica letteraria del fine settimana! Oggi parliamo di un bestseller, un caso letterario più unico che raro. In Giappone pare che sia il libro più letto di sempre, vi presento Battle Royale di Koushun Takami.
La Repubblica della Grande Asia dell’Est ogni anno indice un Programma, organizzato dall’Esercito e dal Governo interno. Vengono estratte a sorte varie classi di terza media e gli studenti prescelti sono destinati a una fine orribile. Nel nostro caso i ragazzi, usciti per quella che sembrava una banale gita scolastica, si risvegliano in un’aula sconosciuta, su un’isola deserta; al collo portano tutti un collare-radio elettronico. Qui un uomo spiega loro che sono stati scelti per partecipare al Programma e fa chiarezza sulle pochissime regole che dovranno rispettare. In realtà ce ne sarà una soltanto, molto semplice: uccidersi l’un l’altro finché non ne rimarrà uno solo. Il fortunato è destinato a vincere un vitalizio in denaro e un foglio autografato dal Grande Dittatore.
Agli studenti viene consegnata una borsa con cibo, acqua e un’arma a caso, da quel momento sono obbligati a uscire dall’edifico e la battaglia ha inizio, senza esclusione di colpi.


Con una scrittura affilata, cruda, sintetica Takami è riuscito a stravolgere il modo di guardare al durissimo sistema scolastico giapponese, alle estenuanti sessioni di studio, agli esami massacranti, alle alte prestazioni richieste anche a livello sociale. In molti hanno voluto vedere nel libro una forte disapprovazione verso questo metodo d’insegnamento, è stata una delle interpretazioni maggior mente condivise sul significato intrinseco della storia.
L’opera di Takami, osannata o fortemente biasimata, ha diviso l’opinione pubblica in Giappone e si è trasformata in un fenomeno di culto. Lo stesso autore ne ha poi tratto un manga, disegnato da Masayuki Taguchi e sono state prodotte serie televisive e film.
Se le mie parole vi hanno incuriosito, ecco a voi la recensione completa di Battle Royale su Penne d’Oriente. Alla prossima settimana e buona lettura!


Umiltà per conoscere, umiltà per insegnare

Riprendendo in parte quanto già affrontato in questo blog sul rapporto Sempai-Kohai, mi piacerebbe focalizzare ora l’attenzione su un’ulteriore relazione molto importante per la cultura e il pensiero giapponesi, ovvero quella tra maestro e allievo. Le motivazioni per soffermarsi su tale aspetto sono innumerevoli. In Asia ogni corrente di pensiero influenza e viene influenzata dalle altre: l’arte trova ispirazione e al contempo si relaziona al pensiero etico-civile e religioso, a principi estetici che formano e regolano la vita quotidiana. Maestro significa guida spirituale, di conoscenza di sé, ma anche di vita, oltre ad essere insegnante della disciplina conosciuta. Diverse culture asiatiche condividono l’idea che, per far entrare dentro di sé la conoscenza, sia indispensabile aprire la propria mente, ripulirla da ogni pregiudizio o convizione personale e saper accettare insegnamenti, critiche, ordini dai propri superiori. Riconoscere la propria ignoranza e umilmente iniziare ad ascoltare e osservare.

Ciò significa che lungo il percorso di insegnamento-apprendimento si stabiliscono precisi ruoli, compiti, posizioni gerarchiche da mantenere e rispettare con totale dedizione.

Recenti studi mi hanno portata ad analizzare nel profondo questa realtà.Leggere di più


Le differenze di genere nel processo di formazione dei valori

Quanto contano le differenze di genere nella formazione dei valori dell’individuo? E soprattutto, quanto conta essere giapponesi o statunitensi nel processo di sviluppo dei valori?

Uno studio comparato sull’argomento – che purtroppo si avvale di dati non recentissimi[1] –  è stato condotto dalle sociologhe americane Tania Levey e Catherine B. Silver, le quali si prefiggono l’obiettivo di indagare le differenze nella formazione del sistema dei valori (la dedizione alla famiglia, l’impegno politico, la suddivisione dei compiti domestici, la cura dei figli, l’istruzione – per citarne solo qualcuno) tra uomini e donne nei contesti culturali di Giappone e Stati Uniti. L’attenzione del loro operato verte quindi sulle identità sociali di genere in questi due Paesi. E’ doveroso specificare preliminarmente che un’identità sociale si caratterizza per il fatto di essere interiorizzata dagli individui in vari ambiti (famiglia, scuola, lavoro, politica, comunità, ecc.) e un’identità di genere si caratterizza per essere l’incontro di coordinate interconnesse quali la cultura, la rappresentazione e le aspettative normative degli altri membri della comunità (in senso lato), che proiettano reciprocamente su se stessi un certo tipo di comportamenti auspicati e auspicabili.Leggere di più


"Yes, we Kan"?

Il Giappone ha il suo quinto Primo Ministro in quattro anni.

Yukio Hatoyama il 2 giugno scorso ha annunciato le sue dimissioni.

Le cause sono relative agli scandali di finanziamenti occulti riguardanti il potentissimo “shogun-ombra” Ichiro Ozawa, ex Segretario Generale del Partito Democratico, dimissionario coatto insieme ad Hatoyama. La pesantissima perdita di popolarità dell'ex Primo Ministro – dal 70% in sede di elezione al 17% degli ultimi giorni – è tuttavia legata alla promessa, non onorata, dello spostamento della base militare statunitense Futenma, in Okinawa.Leggere di più


Dì solo "hai"

cerimonia_del_te2Quando sono andata in Giappone, mi sono trovata piuttosto in difficoltà ad adeguarmi alla cultura giapponese. Dico alle persone che non ho vissuto in Giappone solo un anno, ho vissuto nel Giappone del XVIII secolo. Dovevo indossare il kimono ogni giorno e la stanza in cui vivevo era di quattro tatami e mezzo – circa 3 metri quadrati. Non capivo molto la lingua giapponese così le persone mi urlavano tutto il tempo perché pensavano che non le stessi ascoltando.

Alla fine, il mio sempai (studente senior) mi prese da parte e mi disse che era meglio che smettessi quello che stavo facendo e dicessi solo “hai” (che significa sì, anche se a volte è tradotto come no e talvolta solo come un riconoscimento). Molte volte cercavo di spiegarmi o di offrire una scusa quando mi dicevano che stavo facendo qualcosa di sbagliato, ma uno sguardo del mio sempai e io risposi solo “hai”. Pensai spesso che questa sottomissione nel concordare con la persona che mi stava riprendendo senza offrire qualcosa a mia difesa fosse avvilente e ingiusta.Leggere di più


L’uomo e la donna nella società giapponese contemporanea attraverso l’amae.

simboli_di_genere“L’era della donna” (onna no jidai), così si sente spesso dire di questi tempi in  Giappone, perché in effetti la donna sembra abbia raggiunto in larga parte una condizione di parità che la vede protagonista o comunque partecipe di ruoli sociali piuttosto elevati, come l’ingresso in politica, con la possibilità di scegliere liberamente tra una buona varietà di opzioni nel pieno raggiungimento di uno stile di vita adeguato alle proprie esigenze.

Ma si tratta effettivamente di emancipazione? Le donne sono realmente libere di muoversi come reputano senza conseguenze che vadano ad intaccare la loro libertà effettiva? Ciò che è interessante è soprattutto chiedersi come le donne stesse si autoritraggano all’interno del sistema e come considerino il proprio stato attuale. E questa è una cosa davvero difficile da evincere in una società come quella giapponese, soprattutto se si pensa che la percezione individuale varia comunque a seconda dell’età, dello status socio-economico, del background educativo e del livello di consapevolezza circa i problemi relativi alla condizione della donna. Leggere di più