Tendenze del cinema giovane nipponico

A giudicare dal barometro dei festival internazionali, sembra che stia venendo alla luce una nuova leva del cinema giapponese, giovani filmaker di belle speranze, con risultati incoraggianti. Segno di un rinnovamento di quella che è una delle più antiche e importanti cinematografie mondiali? Il regista ventitreenne Hirohara Satoru ha vinto il ‘Dragons & Tigers Award for Young Cinema’ all’ultimo Festival di Vancouver, con la sua opera d’esordio Sekai Good Morning!!Good Morning to the World!!. Si tratta del romanzo di formazione di un adolescente introverso, la cui vita cambia a seguito del suicidio di un compagno e della morte di un homeless che incontrava nel tragitto per la scuola. Questi eventi traumatici lo portano a intraprendere un lungo viaggio nel mondo circostante, con ogni mezzo possibile. Il film aveva già vinto un premio speciale della giuria al Pia Film Festival di Tokyo e ora viene presentato anche alla Berlinale.

Miete successi anche Fukada Koji, trentenne, con già all’attivo due lungometraggi, il primo è una versione della pièce teatrale Human Comedy in Tokyo, e una serie TV. La sua seconda opera per il grande schermo, KantaiHospitalité, ha trionfato nella sezione Japanese Eyes dell’ultimo Festival di Tokyo – festival dove peraltro è stato premiato anche il novantonovenne Shindō Kaneto con la sua uktima opera, ed è poi stato presentato a Rotterdam. Si tratta del racconto di come una famiglia semplice, della downtown di Tokyo, possa essere sconvolta dall’arrivo di uno straniero. Un tema che nel cinema nipponico può vantare l’illustre precedente di Visitor Q di Miike Takeshi, a sua volta ispirato a Teorema di Pasolini. Ma il film di Fukada scorre su binari molto diversi. Tutto scorre ordinario nella vita dei Kobayashi, titolari di una tipografia in un edificio che, ai piani superiori, è anche la loro abitazione. La fuga del loro pappagallo sembra essere la cosa più traumatica che possa succedere loro. Improvvisamente si presenta un vecchio compagno di scuola del capofamiglia, chiedendo ospitalità in cambio di aiuto nel lavoro della tipografia. I Kobayashi pur riluttanti accettano senza immaginare che, ben presto, l’angusto spazio del loro appartamento diventerà un viavai di un’infinità di personaggi bizzarri, quasi tutti gaijin delle nazionalità più disparate, parenti e amici del nuovo ospite. La vita ordinaria e tranquilla della famiglia viene sconvolta, ma i nuovi coinquilini portano una ventata di freschezza e allegria nella loro grigia esistenza.

Hospitalité è un piccolo film indipendente, tutto girato in location reali, una tipografia-appartamento nel quartiere di Sumida, dove può succedere che l’attrice protagonista, la giovane Sugino Kiki, sia anche la produttrice. Ispirato a una famosissima scena di Una notte all’opera dei Fratelli Marx, quella dove la cabina di un transatlantico si affolla progressivamente di persone fino a scoppiare, il film è una metafora sociale della xenofobia, della diffidenza per il diverso, della situazione dei senza tetto, che il regista reputa essere particolarmente diffuse proprio in quel Giappone dei sobborghi metropolitani dove il film è stato girato, così come in ogni paese ricco del mondo.

Giampiero Raganelli