Design con una mente giapponese – una conversazione con Takeshi Wakabayashi

Mi chiamo Takeshi Wakabayashi. Devo molto alla natura di Kyoto. Quando ho bisogno di stare solo, faccio spesso una passeggiata a Tadasu no Mori, “la foresta della verità”. Sono felice e in pace con me stesso in questa foresta. È naturale, non potata né piantata dagli esseri umani. Mi piace anche la brezza del tardo pomeriggio in primavera. Un tipo di brezza è esattamente quello che descriveva l’eccentrico monaco e poeta buddista Zen Ikky Sojun (1394-1481): “Aprite a forza un ciliegio e non ci sono fiori ma la brezza primaverile trasporta miriadi di fioriture”. La brezza porta via i torti del mio giorno e mi mette a mio agio.

Dai tempi antichi fino al presente, i giapponesi hanno celebrato la bellezza della natura e la pregnanza del ritmo stagionale della luna, delle fioriture di ciliegio, dei fiumi e della foresta. Ispirati dagli impulsi naturali, hanno creato meditazioni sulle fuggevoli stagioni della vita e, attraverso di esse, espresso verità essenziali sulla natura dell’esperienza umana.

L’iki, l’ideale estetico giapponese

I modelli dell’esperienza umana formano la cultura, e la riflessione critica sulla cultura, l’arte e sulla natura dà forma all’estetica. Lo Zen è stato formalizzato in China. Chan, come è conosciuto in Cina, si è radicato in Giappone nel XIII secolo. L’enfasi del buddismo Zen sulla semplicità, il vuoto e l’impermanenza del mondo naturale hanno generato un’estetica giapponese particolare. Pertanto, l’apprezzamento della natura è stato fondamentale per molti ideali estetici, espressioni artistiche e altri elementi culturali giapponesi.

Ma l’altamente raffinata sensibilità estetica giapponese non riguarda soltanto l’attrattiva sensuale degli elementi del mondo naturale ma anche le emozioni umane di cui le infonde. Il tema principale dell’estetica giapponese è che gli oggetti sono vivi e dovrebbero esere in armonia. L’Iki, un ideale estetico tradizionale in Giappone, illustra questo valore dell’estetica giapponese.

L’iki non è semplicemente “cose giapponesi”. Può essere utilizzato per quasi tutto ma soprattutto per le persone. L’iki non si trova nella natura ma si può trovare nell’atto umano di apprezzare la bellezza della natura. L’iki è associato con una cosa o una situazione che è semplice, improvvisata, diritta, frenata, temporanea, romantica effimera, originale, raffinata, non vistosa ecc.; può essere anche in relazione con una persona che è audace, chic, impertinente, implicita, irrispettosa, inconsapevole, calma, indifferente, inintenzionalmente civettuola, dalla mentalità aperta e limitata.

Satou Toshi-san, proprietaria del Tawaraya Ryokan a Kyoto, per me è l’esempio perfetto di iki. Non sono impressionato soltanto dal suo stile personale ma anche influenzato dal suo senso della moda, dell’architettura, del gusto e dell’ospitalità. È realmente una pioniera nel creare un nuovo stile ispirato dalla tradizione di Kyoto.

Il design con una mente giapponese

Quando avevo vent’anni, ero solito essere chiamato “il ragazzo americano”, data la mia ossessione con la collezione di Ralph Lauren. Ma subito dopo aver compiuto trent’anni, ho iniziato a mettere in dubbio il mio rincorrere la moda occidentale in quanto designer giapponese. Inoltre, qual è lo stile giapponese “moderno”? Esattamente come te, Della-san. Perché sei educata in America, con radici in Asia, non ti vedo guardare l’arte e la letteratura solo con occhi occidentali, vero?

Il sistema estetico del Giappone è significativamente diverso da quello occidentale. Ad esempio: contrariamente ai valori geometrici precisi nel mondo occidentale, i giapponesi utilizzano il diagonale, piuttosto che una linea orizzontale o verticale posta al centro quando dividono un rettangolo simmetricamente.

In Occidente, la qualità pittorica si basa sulla realtà; in contrasto, i giapponesi caratterizzano gli elementi tratti dal mondo naturale in forma astratta.

L’Occidente adora una bellezza permanente e un contesto complesso; i giapponesi apprezzano la bellezza della natura e la sua armoniosa semplicità.

In quanto designer, sono aperto a qualsiasi cosa. Ma le cose che assorbono una piena concentrazione e un eccessivo training mi attraggono al massimo, quali la calligrafia, la cerimonia del tè e l’artigianato tradizionale. Pertanto, ispirato come sono dalla sublime estetica giapponese, non vedo necessità di adottare ideali occidentali. E come sostenitore della necessità di riscoprire e apprezzare i valori tradizionali giapponesi, seppure in guisa apparentemente rivoluzionaria, ho stabilito il marchio “Made in Japan” Sou Sou.

Sou Sou, pronunciato come il so so in inglese, esprime l’ultima dichiarazione dello stile di vita giapponese. È un modo tipicamente giapponese dire la parola quando non facciamo un cenno per mantenere un’atmosfera amichevole e armoniosa durante una conversazione. benché la parola non convogli il significato di “sì”, implica “sono d’accordo con te” e “ti capisco”.

Sou Sou ha già raggiunto l’obiettivo: scoprire e interpretare l’arte d’avanguardia in Giappone e le radici che la collegano ai valori culturali ed estetici della propria tradizione culturale. Non importa se il design è per jika-Tabi (scarpe con l’alluce staccato) o un tessuto; tutte le opere di Sou Sou derivano il proprio merito estetico dal fatto che non possono essere ottenute senza una perfetta esecuzione.

La tradizione è presente

Mentre passeggiavo nel cortile di Shimogamo Jinjia, ho visto il luccichio del tramonto approfondirsi e appendersi al cancello torii. Anche se Kyoto è una città moderna di oltre un milione di abitanti, il peso della storia e la forza della tradizione hanno dato alle strade della città un’atmosfera indubitabilmente unificata e armoniosa, al di là delle celeberrime immagini dei templi e delle geisha.

La tradizione vive nel presente ed è la nostra chiave per il passato.

Tradotto da Mariella Minna dal blog Nomadic Design