L’aikidō: conclusioni

Uno degli aspetti che permettono di assimilare l’aikidō a una pratica religiosa, si può individuare analizzando il rapporto fra l’allievo e il maestro. Per l’allievo è fondamentale la costante presenza del maestro che viene considerato come il depositario e dispensatore di una conoscenza; a lui è dovuta una completa obbedienza e sottomissione. Queste sono le condizioni da rispettare per progredire lungo la strada segnata in primis dal fondatore.

Nella pratica del budō. il periodo di apprendistato è dedicato principalmente all’acquisizione della tecnica, solo quando questa e già perfezionata, nei primi gradi dan si inizia a parlare di via: l’allievo comincia a sperimentare direttamente l’esistenza di un insegnamento di vita che trascende il livello fisico atletico. Il faticoso e lungo cammino ha portato il maestro ad essere molto di più che un semplice tecnico: egli sa che la tecnica e solo un veicolo per comprendere la vera essenza dell’aiki e i discepoli per compiere il medesimo percorso devono abbandonarsi a lui.

Questo tipo di rapporto allievo-maestro è analogo al rapporto fedele-sacerdote. Il rischio di un’eccessiva subordinazione dell’allievo rispetto al maestro è avvertito esplicitamente da Saotome Mitsugi, che afferma:

Se accettate l’idea che il budō sia uno studio che può conglobare qualsiasi aspetto della vita dovete evitare un tranello: esso sta nella tentazione di trasformare gli insegnamenti della vostra arte in una dottrina, e il vostro maestro in un idolo.

Abbiamo tutti conoscenza di casi in cui le religioni sono diventati culti, in cui i loro adepti sono diventati cosi rigidi nell’interpretare i principi da non lasciare più spazio al pensiero o alla carità nella pratica della loro religione. Abbiamo anche visto persone riuscire a dominare un gruppo di seguaci e condurli a praticare azioni violente e distruttive. La storia ci offre numerosi casi in cui un insegnamento fondamentalmente buono è saggio e stato distorto e usato per fini malvagi. Il budō pur non essendo una religione, è soggetto agli stessi rischio

e ancora:

L’insegnante è una guida, non un santone. C’è una profonda differenza tra rispetto e adorazione. In definitiva, siete voi responsabili del vostro allenamento e della vostra vita. L’insegnante può aiutarvi e suggerirvi, consigliarvi, ma non può modificare la vostra vita. Questo e un compito che spetta solo a voi. Il vostro maestro non può essere perfetto. Come essere umano possiede anche lui dei difetti. Il vostro dovere di studenti è quello di assimilare ciò che vi e di buono in lui, per migliorarvi.

Non mancano quindi gli elementi per affermare che l’aikidō si presta a essere identificato e vissuto come religione, anche se inconsapevolmente, perche può diventare un’esperienza di fede, come l’esperienza religiosa.

Il viatico conferito a Ueshiba da parte di Deguchi rappresenta un legame con l’omotokyō che non si e mai sciolto.

L’omotokyō in quanto religione universalista, individua nelle diverse arti i mezzi per diffondere i propri valori. L’aikidō diventa una di queste arti e Ueshiba durante tutta la sua vita, non mancò mai di spronare i suoi allievi alla preghiera.

In Occidente la notevole diffusione che hanno avuto le arti marziali, a partire dal secondo dopoguerra, è stata sicuramente favorita dall’alone di misticismo e spiritualità che ha accompagnato, a volte anche a sproposito, la loro divulgazione.

Questo fenomeno spiega la forte aspettativa in senso spirituale caratteristica di molte delle persone che si avvicinano alle arti marziali, cosi come succede per le molteplici e variegate Nuove Religioni e andrebbe messo probabilmente in relazione con la contemporanea crisi dei valori nelle culture occidentali.

Chiara Bottelli, nipponista, si occupa di turismo responsabile e artigianato