Il contesto religioso giapponese sembra essere alquanto differente dal nostro, ma nonostante questo il concetto di religione “occidentale” fu introdotto in Giappone nel periodo moderno. Quali sono le religioni in Giappone? Ma soprattutto, che rapporto hanno i giapponesi con la religione? Scopriamolo insieme!

Chiunque abbia avuto la fortuna di visitare il Giappone si sarà accorto di come i giapponesi si impegnino spesso in varie attività religiose. All’interno del paese è possibile trovare un tempio buddhista o un santuario shintoista a poca distanza l’uno dall’altro. Mentre gli scaffali di una qualsiasi libreria sono spesso pieni di libri riguardanti tematiche spirituali o appartenenti alle cosiddette “nuove religioni”. Per molti, inoltre, è normale impegnarsi in varie attività religiose. Ad esempio, il 1° di gennaio molti giapponesi si recano nel tempio vicino casa per celebrare l’arrivo del nuovo anno, in una pratica chiamata Hatsumōde. Negli ultimi anni, poi, sono aumentati i matrimoni di tipo cristiano, favoriti spesso su quelli shintoisti per la loro atmosfera romantica. Come vediamo, quindi, il panorama delle religioni in Giappone si distingue per la sua natura sincretica, per via delle varie religioni presenti nel paese.

Storia del termine “religione”

Il termine religione (shūkyō宗教) fu introdotto per la prima volta in Giappone con l’ingresso dei dizionari buddhisti dalla Cina. Tuttavia, il senso attribuito a questo termine oggi ha la sua origine nella parola inglese di “religione”, diventando quindi la traduzione di un concetto occidentale. In particolare, il termine fu un prodotto di origine moderna, adottato in seguito all’apertura del paese al resto del mondo intorno al 1870. Durante i primi anni, però, la parola fu utilizzata quasi esclusivamente dagli intellettuali e dagli ufficiali di governo.

Successivamente, l’entrata delle teorie scientifiche (in particolare quelle di Darwin) spinse la religione a far parte della sfera privata e non scientifica. In questo, però, il governo giapponese escluse da questa categoria lo Shintō e lo rese una religione di stato, per i suoi collegamenti con l’imperatore. Fu solo dopo la Seconda guerra mondiale, infatti, che venne inclusa anch’essa nella categoria e staccata definitivamente dagli organi di stato.

Le religioni in Giappone

Come abbiamo detto, il panorama religioso giapponese si caratterizza per il suo sincretismo. Sicuramente le religioni tradizionali hanno ancora il loro peso all’interno della società, non tanto in termini di affiliazioni ma di diffusione delle pratiche. Infatti, oltre alle varie festività che si celebrano in santuari e templi, lo shintoismo da una parte offre ancora vari servizi come ad esempio la benedizione dei terreni. Il buddhismo, invece, ha ancora il suo peso nelle pratiche funerarie anche se negli ultimi anni ne sono nate di nuove non religiose. Esistono, però, ancora due tipologie di religioni, ossia le cosiddette “nuove religioni” e “nuove nuove religioni”. Le prime sono nate verso la fine dell’800 e prendono molti elementi dalle religioni tradizionali. Ugualmente le seconde si rifanno alle altre religioni, ma riprendono elementi anche dal movimento New Age di origine statunitense e sono nate verso la fine del ‘900.

I giapponesi sono religiosi?

Per rispondere a questa domanda occorre prima di tutto chiarire cosa si intende per religioni in Giappone. Sia ora che in antichità la fede religiosa è stata sempre staccata dall’attività. Quindi, partecipare ad una cerimonia, comprare un amuleto o leggere un libro sulla spiritualità non significa necessariamente essere credenti. Oggi, complici anche i vari cambiamenti socioeconomici, una cospicua percentuale di giapponesi risponderebbe che non è credente di nessuna religione. Secondo una statistica del giornale Yomiuri, infatti, il numero di credenti in una qualsiasi religione calò dal 56% nel 1965 al 22,9% nel 2005.

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