Ten Guardiano celeste

Scultura in legno scolpito e laccato in policromia

Inizio del periodo Edo (1615-1867)
XVII secolo
Altezza: 48 cm inclusa la base
La divinità è raffigurata in piedi, con un'espressione feroce, vestita in armatura di tipo cinese, con la mano destra alzata, il palmo rivolto in fuori, mentre la sinistra impugna un vajra, simbolo del fulmine e della natura stessa dell'illuminazione buddista.
Gli occhi sono intarsiati in vetro dipinto e tutta la superficie della scultura è laccata in policromia con colori sgargianti e bordi d'oro. Un ornamento in metallo dorato è posto sulla fronte del guardiano. La base su cui poggia, più tarda rispetto alla figura, è intagliata a forma di nuvola e porta la firma dello scultore Tanaka Munesuke di Kyoto assieme alla data novembre Meiji 26 (1893).
I gruppi di guardiani buddisti sono numerosi. Abbigliati sempre in modo simile, quasi sempre con un'armatura di tipo cinese, sono talvolta riconoscibili da qualche attributo quale il colore della pelle o il legame ad un animale dello zodiaco. Vengono spesso chiamati "guardiani" per il loro ruolo di protettori ma in realtà sono vere divinità celesti: Ten letteralmente sarebbe il cielo, il paradiso, ed è la traduzione del sanscrito Deva, che indica esseri celesti mortali. Tra questi si possono ricordare i 12 guardiani delle direzioni e il gruppo dei 4 protettori del buddismo (shitenno). Simili come iconografia e ruolo sono poi altri "non-umani", come i 12 generali di Yakushi Nyorai o i membri delle otto legioni a guardia del buddismo.
Giuseppe Piva
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Antiquariato giapponese

Hon-kozane nimai-dō gusoku
Importante armatura da samurai

Myochin Muneakira

Kabuto bachi, XIV secolo - Armatura, inizio del XVIII secolo

Provenienza:

Kyoto, Kōzu FoundationMatsunosuke Onoe (1875 - 1926) .

Eccezionale armatura da samurai di tipo tachi-dō interamente realizzata in hon-kozane di ferro e pelle laccata in nero; interni in lacca d'oro. Legatura di tipo kebiki odoshi in seta verde chiaro.

L'armatura porta un kamon di tipo “mutsu karakan ni juni kiku

Il kabuto incorpora un importante suji-bachi semisferico a 32 piastre. Le lussuose montature sono in rame dorato e shakudō. Come spesso accade per le armature di committenti importanti, è ipotizzabile che il proprietario di questa armatura abbia voluto utilizzare un elmo di tradizione famigliare. L'interno dello shikoro, curiosamente, è l'unica parte laccata in rosso anziché in oro.

Lo stile della decorazione di questo kabuto può essere confrontato con altri lavori di Myochin Munesuke e Muneakira attorno al 1720-30.

Adottato dal maestro Myūchin Munesuke, Muneakira è considerato il miglior armaiolo giapponese del XVIII secolo.  Maestro ineguagliato nella tecnica dell'uchidashi (ferro a sbalzo), ha creato maschere, kote e corazze con decori in rilievo dai disegni molto complessi. La forma di questa maschera è un tipico esempio della qualità che riuscì a raggiungere, con tagli netti nelle rughe, il tipico naso rotondo e le orecchie morbide, che sono tratti caratteristici dell'artista.

Un lavoro ancora più ricco è visibile sui kote (protezioni per le braccia) di questa armatura.  L'avambraccio, in stile sanbon-tsutsu, è difatti lavorato con peonie a sbalzo sulle tre piastre e l'abilità di Muneakira produce un disegno tridimensionale più che un semplice bassorilievo. Lo stesso si può dire della parte superiore, dove è realizzata una stupenda testa di shikami. Un simile shikami è sbalzato su un kote della Mene Collection a Parigi.

I suneate (schinieri) sono tipici e si ritrovano identici e firmati in un'altra armatura della Fondazione Kozu (cfr R. Burawoy, Armures du Japon, Fundation Kozu, pagg. 40-41).

La corazza è realizzata in due parti con un hon-kozane regolare addobbato con kanamono dorati di elevato livello. Nel nodowa invece troviamo un hon-kozane irregolare che indica un'origine probabilmente più antica databile al periodo Muromachi (1336-1573) rilaccato e riallacciato per questa armatura.

Lo haidate è inusuale ed è realizzato come una hakama, a gonna-pantalone. Per questo motivo non è stata utilizzata una seta da fodera ma un materiale con una diversa decorazione. Rimangono invece identici i bordi e le sofisticate decorazioni.

La fondazione Kozu (Kozu Kobunka Kaikan) è stato il più importante museo privato di armature giapponesi. La collezione includeva cinque opere Jōyō bunkazai (Propretà culturali importanti). Il fondatore, Takatsu Yoshiie (1902 - 2000), iniziò come antiquario nel 1920 comperando i tesori dalle ricche famigli che subirono la crisi economica degli anni '20.. Lavorò poi col grande regista Shōzō Makino (1878 - 1929) al quale procurava le opere da utilizzare in scena. Shōzō Makino fu lo scopritore di Matsunosuke Onoe (1875 - 1926), la prima star del cinema giapponese, dalla cui collezioni proviene questa armatura.

Giuseppe Piva

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Antiquariato giapponese

Seinyû
XIII Raku Kichizaemon

(1887-1944)
Lepre
Ceramica invetriata, 18 x 22 x 12 cm
Datata all'interno: Inverno dell'anno Taisho 9 (1920)
Firma e sigilli dell'artista. Scatola originale con firma dell'artista e sigillo di Komozawa Risai, autore della scatola
Rara figura di lepre, quarto segno zodiacale dell'oroscopo cinese, realizzata in ceramica invetriata.
Probabilmente eseguita su commissione, questa straordinaria scultura non rientra nel repertorio tradizionale dei ceramisti della famiglia Raku, produttori di tazze per la cerimonia del tè. Gli esemplari di figure tridimensionali conosciuti si contano difatti sulle dita di una mano, il più  famoso senza dubbio il karashishi eseguito dal primo maestro, Chōjirō, e spesso non raggiungono il livello qualitativo di quest'opera.
Seinyû, tredicesimo maestro della dinastia Raku, fu un severo continuatore della tradizione familiare, specializzandosi in particolar modo sulla ricerca di effetti cromatici dell'invetriatura.
Komazawa Risai fu sashimonoshi (falegname) per la cerimonia del tè, appartenente, come i Raku, al ristretto gruppo Senke jushoku, le dieci famiglie di artigiani per utensili del tè legati "ufficialmente" alla scuola del tè Sen.
Giuseppe Piva
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Antiquariato giapponese

Unsho Harukyu
Scuola di Kyoto, XIX secolo
Tigre con cucciolo
Firmato entro riserva irregolare: Harukyu
Lunghezza: 3,8
Potente netsuke raffigurante una tigre che protegge il proprio cucciolo. Raffigurata seduta mentre ruota la testa verso sinistra con una espressione feroce di avvertimento, le spalle arcuate, pronta ad attaccare. Il pelo è finemente lavorato e gli occhi sono intarsiati in madreperla con le pupille scure.
La tigre è il terzo segno dello zodiaco cinese; era anche simbolo di coraggio e durante il XVIII secolo fu uno dei soggetti preferiti dai pittori. tuttavia in Giappone la tigre non era conosciuta e gli artisti dovevano ispirarsi a dipinti precedenti e studiare le pelli che venivano importate a Kyoto dalla Cina. Harukyu potè senza dubbio osservare bene queste pelli, poichè i suoi netsuke mostrano sempre correttamente artigli di grandi dimensioni, piccole orecchie e un pelo accurato.
Questa tigre appare potente, dominando la situazione mentre ruota con espressione minacciosa a bocca aperta, ma al contempo sensibile e protettiva verso il proprio piccolo, al quale fa scudo con la propria zampa.
Ci sono almeno tre generazioni di netsukeshi che firmarono Harukyu o Unsho Harukyu, con le prime due di alta qualità e le successive meno interessanti. Il secondo Harukyu mostra differenze ben evidenti rispetto alla prima generazione: uso dell'avorio anzichè del legno, occhi in madreperla e non in corno e una testa ben definita, con il naso verso l'alto, invece di una a forma un po' umanoide. Anche l'assenza di himotoshi suggerisce un periodo un po' più avanti e compatibile con la seconda generazione. Si può poi individuare una terza generazione con la stessa firma, ma i netsuke sono più crudi, le linee e le finiture approssimative e i materiali sono di bassa qualità.
Giuseppe Piva
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Itomaki tachi koshirae

Montatura per tachi

Metà del periodo Edo (1615 - 1867)

XVIII secolo

Lunghezza totale: 99 cm.

Origami:
Questo koshirae è stato giudicato hozon tosogu dalla NBTHK nel maggio 2008.

Montature di questo stile, in lacca nashiji decorata con kamon in maki-e e fornimenti in shakudo bordati di ottone dorato, sono le più tradizionali e raffinate. Sebbene i primi esemplari risalgono al periodo Muromachi (1336-1573), la produzione di itomaki koshirae rimase pressoché  invariata fino alla fine del periodo Edo e oltre.Leggere di più


Antiquariato giapponese

Farfalle e peonie

Tomizo Saratani

(1949 - )

Pannello in lacca, 31,5 x 40,5 cm

Takamaki-e con inserti in oro e madreperla (raden).

Firma: Tomizo

Tomizo Saratani è originario di Kyoto e fin da giovanissimo si è dedicato allo studio della lacca tradizionale giapponese (urushi). Dopo aver studiato sotto diversi maestri, nel 1975 si è trasferito a Vienna, dove ha lavorato per otto anni come istruttore e restauratore presso il MAK, il Museo Austriaco per le Arti Applicate, per i mobili laccati delle collezioni viennesi. Negli anni seguenti Tomizo ha continuato l’attività di restauratore tra Londra, Chicago e la sua residenza in Hokkaido ed è solo dal 2003 che ha deciso di dedicarsi completamente ai suoi lavori originali.

Il pannello è realizzato con numerose tecniche di laccatura. Il disegno principale è eseguito in bassorilievo di lacca (takamaki-e) e gli inserti sono in oro, fiocchi d'oro e madreperla (raden), con uso di lacca rossa per la farfalla di destra.

I soggetti che Tomizo preferisce sono gli animali di piccole dimensioni, che egli riesce a riprodurre con un realismo straordinario.

Giuseppe Piva

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Sukashi tsuba

TSURU NO ONGAESHI

Seconda metà del periodo Edo (1603 - 1867)

Ferro traforato; bordi traforati.

Diametro: 7,8 cm

Spessore: 8 mm

Firma: MasatsuneLeggere di più


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Rarissimo esemplare di ebira con ricche decorazioni in lacca maki-e.

Utilizzata fin dal periodo medievale, questo tipo di faretra lasciava le frecce completamente a vista, legate assieme e con le punte infilate nell’alloggiamento inferiore protette da appositi divisori.

Questo esemplare è di altissima qualità e porta sul fronte ben evidente un grande kamon di tipo janome (occhio di serpente), mentre sul retro sono poste due farfalle e la decorazione è arricchita con kamon di tipo fuji. La provenienza potrebbe quindi essere quella del clan Katô.

Le decorazioni sono realizzate in lacca takamaki-e (a leggero rilievo) con oro e argento su fondo nero.

Giuseppe Piva

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Ressei Sômen

MASCHERA DA ARMATURA A VOLTO INTERO

Scuola Myochin

Metà del periodo Edo (1603 - 1867)

Provenienza:

Kyoto, Arashiyama Bijutsukan

Letteratura:

Kyoto Arashiyama Bijutsukan, catalogo, pag. 28

Iida Kazuo, Katchû-men (Tokyo, 1991), cat. 141Leggere di più


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Yukinoshita tosei gusoku

Armatura in stile Sendai

Kabuto: Firmato Myochin Ujiie saku

e datato agosto 1527

Gusoku: metà del periodo Edo (1615-1867), XVIII secolo

Il kabuto incorpora un coppo (bachi) più antico. Si tratta infatti di un elmo firmato da Myochin Ujiie, indicato dalle genealogie ufficiali della famiglia Myochin come secondo figlio e allievo del celebre Nobuie. Tra le caratteristiche di questo fabbro si evidenziano una larga visiera (mabizashi) e una forma leggermente spiovente.

Il  costruito secondo lo stile della provincia di Sendai, inventato durante il XVII secolo da un armaiolo di nome Yukinoshita: la corazza  realizzata in cinque parti incernierate e legate senza l'utilizzo dei tradizionali nastri di seta, per essere più resistente ai colpi degli archibugi. Questo esemplare, costruito in epoca più tarda e quindi con più attenzione verso i dettami estetici, presenta invece una piastra frontale con la parte superiore (munaita) staccata da quella centrale e legata in kebiki odoshi. Il fronte  decorato in lacca con un drago arrotolato, mentre su tutta l'armatura sono presenti applicazioni metalliche (kanamono) di alto livello, realizzate a traforo  in oro e shakudo.

Altri elementi costruttivi degni di nota sono i sode di grandi dimensioni sulle spalle e le protezioni per braccia a stinchi (kote e suneate) di tipo tsutsu, a larghe piastre avvolgenti.

Giuseppe Piva

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