Il fondatore dell’Aikidō: Ueshiba Morihei (1883-1969)
Ueshiba Morihei nacque il 14 dicembre 1883 a Tanabe nella regione di Kii, da una famiglia di facoltosi agricoltori. Tanabe si trova nell’attuale prefettura di Wakayama, nel famoso distretto di Kumano, un’area associata alle più antiche tradizioni del misticismo giapponese e che si diceva fosse la porta verso il divino: i santuari di queste montagne erano considerati come i luoghi più sacri del Paese.
Numerosi jinja sparsi nella campagna custodivano la grande divinità della montagna di Kumano; nel corso dei secoli centinaia di asceti (hijiri) si erano purificati sotto le sacre cascate di Nachi, casa degli onnipotenti Re Dragoni; la mitologica figura di En no Gyoja, patriarca degli asceti della montagna (yamabushi), praticava in quei luoghi; inoltre si credeva che Kōbō Daishi, maestro del buddhismo tantrico e fondatore della scuola Shingon fosse ancora vivo e predicasse sul picco del mandala del Monte Kōya, aspettando l’alba di una nuova era con l’arrivo del Buddha Miroku, il Buddha Illuminato del futuro. Morihei fu cosi immerso fin dalla nascita in un’atmosfera nella quale il soprannaturale, il misterioso,il divino erano presenti e palpabili.Leggere di più
Il movimento dell’Ōmotokyō
L’Ōmotokyō è una delle prime nuove religioni (shinshūkyō) del Giappone. Il termine shinshūkyō si contrappone a “religioni istituzionalizzate” e indica delle formazioni nate a partire dalla fine del XIX secolo. Sincretiche sia nella dottrina che nella pratica, queste nuove religioni contengono elementi del Buddhismo, del Cristianesimo e delle tradizioni popolari. Rispetto a queste religioni presentano elementi innovativi più nel tessuto organizzativo che negli aspetti dottrinali: i fondatori e le fondatrici articolano nuove visioni della realtà e creano nuove forme di associazione di gruppo e pratiche rituali.
Oggi, l’Ōmotokyō è un’organizzazione religiosa relativamente piccola, ma stabile e consta di circa 165mila aderenti ufficiali. Il gruppo ha un grande centro amministrativo e sede di culto ad Ayabe e Kameoka. Reverendi laici amministrano le necessità dei membri tramite riti legati al culto degli antenati, cerimonie di purificazione e guarigione, preghiere di gruppo e meditazione. Ogni anno ad Ayabe si tengono parecchi festival che attirano migliaia di seguaci da tutto il Giappone. Il gruppo pone molta enfasi sul praticare e preservare le arti giapponesi come la cerimonia del tè, il teatro nō, la calligrafia, la ceramica e l’aikidō. Diversamente da altre nuove religioni, l’Ōmotokyō non fa proseliti e partecipa ad attività pacifiste nel mondo tramite la partecipazione attiva a movimenti ecumenici internazionali.Leggere di più
Le opere: Ofudesaki e Reikai monogatari
I due testi di Nao e Onisaburō legittimano e giustificano “la possessione” e le pratiche ascetiche dei due fondatori.
L’Ofudesaki è considerato un testo ispirato che Nao, analfabeta e illetterata redige in hiragana sotto il controllo della divinità. Per facilitarne la comprensione, Onisaburō, unica persona autorizzata da Nao, completerà il testo con l’aggiunta dei caratteri cinesi. La redazione del testo avviene fra il 1893 e l’anno della morte di Nao, 1918.
Non tutti i passi che costituiscono il libro sono dettati dalla divinità. Alcuni si riferiscono ad annotazioni personali di Nao. Il messaggio centrale dell’Ofudesaki che coincide con la missione di Nao è quello di diffondere l’annuncio di Ushitora no Konjin relativo alla prossima venuta di un mondo nuovo e cioè : il cambiamento e la ricostruzione del mondo (yo no tatekae tatenaoshi,) si realizzeranno grazie alla venuta in terra di un messia, il buddha Miroku.Leggere di più
Deguchi Onisaburō (1873-1948)
Tutte le biografie di Deguchi Onisaburō, come anche quelle dedicate a Ueshiba, reperibili nella letteratura hanno un taglio marcatamente agiografico. Abbondano di riferimenti a fatti eccezionali e scelte di vita motivate da rivelazioni divine.
Deguchi Onisaburō nacque nel 1873 come Ueda Kisaburō nel villaggio di Anao, presso la città di Kameoka da una famiglia di piccoli agricoltori. Dovette abbandonare le scuole ben presto per aiutare i familiari ma riuscí a continuare gli studi da autodidatta, mostrando fin da giovane straordinarie capacità. Nel 1898 si recò sul monte Takakuma presso Kameoka nel santuario associato al culto di Inari (la divinità dei raccolti) per una settimana di ritiro spirituale e per apprendere i rudimenti delle tecniche sciamaniche yūsai, che permettono di entrare in contatto con lo spirito della divinità. Presto raggiunse un alto grado di padronanza dimostrando doti di guaritore, e divenne pienamente cosciente della sua missione. Il soggiorno in montagna costituisce una sorta di rito di passaggio obbligato per chi vuole sviluppare le proprie doti spirituali. L’influenza dello Shugendō, religione sincretica per eccellenza e basata sul culto della montagna, è senza dubbio un elemento importante nell’apprendistato spirituale di Onisaburō.Leggere di più
Deguchi Nao (1837-1918)
Deguchi Nao nacque nell’inverno 1837 a Kukuchiyama, una vivace cittadina a nordest di Kyoto sul fiume Yura. Rimasta orfana di padre all’età di nove anni fu costretta ad andare a servizio da parenti benestanti per aiutare la madre. Il suo forte senso morale e la sua ubbidienza filiale la convinsero a sposarsi contro la sua volontà con Masagorō, adottato da sua zia Yuri nella famiglia Deguchi. Il marito si rivelò un fannullone e presto dilapidò il patrimonio ereditato. Nel 1872 Nao che aveva già cinque figli, fu costretta a vendere la casa. Il marito non era di grande aiuto e quindi era lei che doveva darsi da fare per mantenere la famiglia.
Nel 1885 Masagorō rimase paralizzato cadendo da un tetto e non poté più lavorare del tutto. Fra il 1856 e i 1882 Nao aveva partorito undici figli, di cui tre non sopravvissero. Yone la prima figlia a 19 anni era scappata dal marito per aprire una macelleria con un altro uomo. Nao scioccata da tale comportamento giudicato immorale rifiutò sempre gli aiuti economici di questa figlia. Successivamente al suo Kamigakari, Nao cercò varie volte di convincere la coppia a pentirsi e nel suo Ofudesaki, Yone e il secondo marito verranno presentati come personificazione del male in un mondo che dà troppa importanza al denaro.Leggere di più
Le fondatrici delle Nuove Religioni
Uno dei punti comuni alle Nuove Religioni giapponesi è la personalità dei loro fondatori. Come in certi movimenti millenaristi, appare una figura centrale, una specie di leader carismatico attorno al quale si organizza un culto nuovo e/o una persona posseduta da una divinità (kamigakari) che spesso, oltre alle sue attività sciamaniche si trova impegnata in un movimento per la “ricostruzione del mondo”.
Tutte le fondatrici delle prime Nuove Religioni giapponesi senza eccezioni, sono state “possedute da un kami”, cioè un kami si è impossessato del loro corpo, come nel caso delle miko (medium) il cui corpo serve da ricettacolo nel corso di una crisi incontrollata, come succede ad esempio a Deguchi Nao; oppure il kami si manifesta grazie a pratiche ascetiche sotto la guida di specialisti del sacro (reigakusha) come nel caso di Onisaburō al quale era stata insegnata la tecnica sciamanica detta chinkon kishin, il metodo per “il riposo dell’anima e l’unione con il kami” .Leggere di più
L'evoluzione della concezione di Kami
Secondo Inoue Nobutaka, mentre lo Shintō viene normalmente classificato come una forma di politeismo, il concetto di kami, che è uno dei suoi concetti cardine, è piuttosto complicato, anche alla comprensione dei giapponesi stessi. Per esempio, i kami che sono stati elencati e classificati sistematicamente nei documenti classici come il Kojiki e il Nihonshoki, sono diversi dalle divinità venerate dalla gente comune nella vita quotidiana.
In altri casi i kami sono stati assimilati a buddha e bodhisattva nel corso della storia giapponese.
La parola giapponese kami viene normalmente tradotta con “Dio”; tuttavia il giapponese kami e l’italiano Dio sono due concetti che si differenziano notevolmente per vari aspetti, dato che si sono sviluppati in culture completamente diverse. La struttura di base dell’idea monoteistica della tradizione giudeo-cristiana è in netto contrasto con l’idea politeistica dello Shintō.Leggere di più
La visualizzazione della lettera A, tutto l'universo in un simbolo esoterico
Il buddhismo giapponese credo sia il culto religioso che più di ogni altro possiede una varietà di scuole e approcci diversi nella pratica e nel fine ultimo di questa che lo rende estremamente interessante e adatto a soddisfare le differenti esigenze religiose di un popolo così sensibile alle sfumature come quello giapponese. La setta che personalmente più mi affascina nelle pratiche rituali e nel pensiero filosofico è lo Shingon, la cui sede storica e ufficiale è situata sul misterioso monte Koya nei pressi di Nara, e tra le sue “mille e una” pratiche rituali quella che più trovo interessante è, oltre al goma (il rituale del fuoco), quello della visualizzazione della sillaba-seme A. Questa pratica riassume totalmente in sé il nucleo della dottrina e dell’esperienza Mikkyo descritte nel Dainichi-kyo (testo filosofico base della scuola) ed è inoltre una delle pratiche meditative più importanti e concise nell’ambito delle centinaia di tecniche esistenti; viene spesso usata come pratica preparatoria per altre più impegnative perché tramite passaggi graduali sviluppa l’abilità nella meditazione e i testi che ne parlano sono molti.Leggere di più
La pagoda: capolavoro di filosofia e proporzioni
Tempio di Kofuku-ji
Un’alta torre che svettante racchiude in sé tutto il mistero della filosofia e della cultura del sol levante… la pagoda.
Le origini di questo tipico simbolo orientale risalgono attorno al I secolo a. C. in India come stũpa, monumento commemorativo di matrice buddhista.
Una breve descrizione delle sue parti costitutive ci aiuterà a comprendere le assonanze metaforiche tra forma e significato che donano a quest’elemento armonia ed equilibrio e lo rendono così affascinante nella sua semplicità: un solido basamento sorregge l’intera struttura costituita dal corpo (anda), un lungo pilastro (yasti) che dalla cima del corpo si erge slanciato verso il cielo, e una serie di anelli concentrici (chattraveli) che si sviluppano attorno ad esso; all’interno sono solitamente poste le ceneri del defunto. Con lo sviluppo e l’evolversi del culto religioso lo stũpa viene in seguito ad identificarsi esclusivamente con la figura specifica dell’Illuminato (il Buddha storico Shakyamuni) e in alcune culture orientali, come quella tibetana, gli stessi elementi architettonici ne rappresentano metaforicamente le parti del corpo, con l’usanza di dipingerne ad esempio gli occhi sinuosi e penetranti sulla parte superiore. Il più antico e completo esempio di primo stũpa buddhista rimasto in sito è lo Stũpa di Sanchi. Leggere di più
Il Giappone e la religione
In Giappone convivono due principali dottrine religiose, affiancate poi da molteplici forme di culto minori e codici morali differenti: Buddismo e Shintoismo. Se la dimensione buddista si preoccupa dell’importanza del culto degli antenati, enfatizzando quindi le relazioni parentali e con esse i concetti di carità, umiltà, accettazione della propria condizione, quella scintoista invece funge da collante nazionale.
La religione scintoista, infatti, è stata sempre considerata una religione politica, in quanto ufficialmente riconosciuta come religione di Stato, che ha conosciuto l’apice della sua diffusione nel periodo Tokugawa (1600-1868). Essa fu per lungo tempo utilizzata come strumento di unione e controllo sul popolo giapponese, specie nelle campagne dove forme di patriottismo locale erano maggiormente radicate che in città. Se prima del conflitto mondiale, in ogni famiglia giapponese era presente un kamidana (piccolo altare presente nelle case private, presso il quale si rivolgevano le proprie preghiere), dal 1946 in poi, come conseguenza del processo di modernizzazione in atto dovuto alla sconfitta militare nipponica, solo il 47% delle famiglie dichiarò di possederne uno e tale attenzione nel conservare la propria tradizione venne giustificata con banali motivi d’abitudine, di rispetto nei confronti delle divinità o dei propri antenati, per ottenere protezione dagli spiriti maligni, o una maggiore produttività agricola, o ancora una migliore condizione di status familiare. Ma la maggior parte delle volte si giustificava tale presenza per onorare gli antenati della famiglia imperiale che diede vita alla Nazione giapponese: dunque il kamidana assumeva la funzione di unificazione con la Nazione, motivo per cui ci si impegnò a costruire alcuni templi nazionali. Il difetto principale che la religione scintoista riconosce di possedere è la mancanza di una spiegazione della sofferenza e della morte umana, parzialmente risolta con la reincarnazione, per cui la condizione della vita attuale è direttamente proporzionale alle attività più o meno “buone e giuste” condotte nella vita precedente.
Elena Ghilardi