Geisha: il tirocinio
All’inizio sarà una Shikomi, un’apprendista Maiko, e per un periodo di circa un anno il suo lavoro somiglierà a quello di una domestica. Dovrà, oltre a frequentare i corsi di musica, danza, canto e fare pratica di cerimonia del tè, attendere il rientro delle Maiko e Geisha dai loro impegni serali, di solito a notte inoltrata, e svegliarsi prima di loro per preparare il necessario per la loro nuova giornata di lavoro e poi recarsi ai corsi, che si tengono al Nyokouba, la scuola dove si apprendono queste antiche arti dalle Iemoto, le Gran Meastre.Leggere di più
Marionette che prendono vita: la magia del jōruri
Il ningyō jōruri 人形浄瑠璃 (o jōruri delle marionette) è forse il più raffinato e suggestivo genere teatrale fra quelli sviluppatisi nel periodo Edo.
Popolare quanto il kabuki, ma profondamente diverso, fu concepito e sviluppato come sofisticato intrattenimento per adulti. Le sue radici possono essere fatte risalire agli inizi del XVI° sec. quando menestrelli ciechi (biwa hōshi), che cantavano l’epopea delle grandi battaglie accompagnandosi con una sorta di liuto chiamato biwa, unirono le proprie forze con quelle di burattinai ambulanti che vendevano nelle fiere dei villaggi anche rimedi della medicina popolare. La biwa venne presto sostituita con lo shamisen, ancor oggi lo strumento che crea la tessitura musicale di uno spettacolo di jōruri.Leggere di più
Antiquariato giapponese
DÔ-MARU GUSOKU
ARMATURA
Periodo Edo (1615-1867)
Kabuto bachi, inizio del XVII secolo
Gusoku, XVIII secolo
Elmo firmato: Jôshû ju Saotome Ietada
Ricche armature ispirate ai modelli medievali divennero popolari tra i samurai di alto rango durante il XVIII secolo. Questa magnifica armatura fu realizzata per un membro della famiglia Matsudaira, il cui mon di tipo meyui - che rappresenta nove occhi - appare sui diversi elementi.
La costruzione è molto complessa, appropriata ad un equipaggiamento di tale livello, ed è realizzata interamente in honkozane, a singole piastrine laccate annodate tra loro. Come usuale per le armature importanti, è incorporato un elmo più antico. Lo straordinario suji bachi è infatti di qualità elevatissima: molto più pesante degli elmi comunemente realizzati durante il periodo Edo, è costituito da 62 piastre convesse e finito con lacca kuro urushi.Leggere di più
Geisha: lo Zashiki
Liza Dalby nel suo libro “La mia vita da Geisha” definisce lo Zashiki un salotto. È una cena, un banchetto dove a mangiare però sono solo gli ospiti. Le Maiko e le Geisha servono il sake, tengono compagnia e, se richiesto, possono intrattenere gli ospiti ballando, esibendosi nelle Kouta (canzoni brevi), Nagauta (canzoni lunghe) o suonando uno strumento musicale.
C’è un altro aspetto che Liza Dalby spiega molto bene nel suo libro, ed è il lato goliardico di queste cene. Quando mi sono avvicinata per la prima volta a questa realtà, immaginavo che i banchetti in questi antichi ristoranti fossero molto austeri, con uomini seriosi che parlano tra di loro mentre giovani donne suonano tristi canzoni del passato. Invece non capita di rado che ci siano giochi infantili come “carta-forbice-sasso”!
Le Geisha devono saper assecondare gli ospiti, senza ovviamente lasciare che la loro voglia di divertirsi degeneri in volgarità. Leggere di più
Il tempo nel gagaku
Nel precedente intervento è stato mostrato come il ritmo interviene all’interno delle danze e delle musiche strumentali del repertorio gagaku. Altrettanto interessante, anche se concettualmente meno complesso, è il tempo, o meglio, la struttura interna dei singoli brani con cui vengono poi catalogati. Essi si dividono in quattro “generi” ben distinti, taikyoku, jundaikyoku, chūkyoku e shōkyoku. Con il termine taikyoku siamo molto vicini a quello che in occidente potremmo definire come suite, cioè un brano composto da più parti musicali, regolati secondo il principio ritmico del jo-ha-kyū, ancora lontano dal raggiungere la perfezione estetica delle successive espressioni artistiche e teatrali, con cui si struttura anche l’ordine di esecuzione dei singoli brani. Non sono molti oggi i titoli completi strutturati secondo questo schema poiché nel tempo le varie parti hanno assunto sempre più indipendenza sino a diventare veri e propri brani separati da essi ed in molti casi non è più possibile nemmeno ricostruire la loro struttura originale, sia per la mancanza di fonti sia perché una delle tre parti è andata ormai perduta. Leggere di più
Shunga: dove si incontrano Arte ed Eros
Nell’epoca Edo il lavoro più importante delle donne giapponesi era cucire i kimono. Perché i kimono devono essere scuciti ogni volta che si lavano e ricuciti dopo essere stati stirati. Il lavoro più complicato è la lavorazione della parte interna; ogni cucitura deve essere nascosta in maniere diverse anche nelle parti interne che non si vedono. È una lavorazione finalizzata al piacere personale di chi lo indossa. Numerosi oggetti giapponesi hanno le decorazioni più raffinate nelle parti nascoste, per esempio le foglie d’oro molte volte sono usate sotto i coperchi, all’interno delle scatole o delle ciotole, forse perché i giapponesi sono troppo timidi per vantarsi e ostentare la bellezza degli oggetti che possiedono. Sono altrettanto timidi nell’erotismo. Gli uomini giapponesi di solito considerano più attraenti le donne quando si intravede solo in parte o si intuisce la loro sensualità. Leggere di più
Il Kô nella vita quotidiana
Fin dai tempi antichi si dice che l’incenso abbia la capacità di calmare la mente e oggi è stato scientificamente dimostrato. Anche se questo potere è stato esplorato e sviluppato approfonditamente attraverso la disciplina spirituale del Kô, l’incenso è stato largamente impiegato, senza particolari intenzioni, in moltissimi usi della vita quotidiana. Cosicché, mentre all’inizio l’arte dell’incenso era semplicemente un passatempo con cui si misuravano solo gli specialisti, in seguito divenne alla portata di tutti.
A partire dal XIII secolo i gusti cambiarono e ai profumi elaborati si preferì l’aroma puro di Kôbôku (albero profumato). Allo stesso tempo ci si orientò verso una nuova arte dell’incenso, detta Kumiko, che consisteva nell’evocare un tema poetico (Waka) o letterario bruciando diverse varietà di legno profumato secondo un rituale codificato.Leggere di più
Zen Shiatsu, incontrare l'altro per incontrare me stessa
La traduzione della parola giapponese Zen, dal sanscrito dhyana, al cinese ch’an, è meditazione.
La parola “Zen” davanti a Shiatsu vuole sottolineare l’aspetto meditativo di questa pratica. Non ci si riferisce alla meditazione immobile dello Za-Zen, ma a quell’identico stato di vuoto raggiungibile con lo Za-Zen, pur essendo in movimento.
Non è uno stato passivo dell’essere ma una disposizione d’animo lucidissima e piena di energia.
Questa condizione che si crea, consente di avere i sensi veramente aperti all’ascolto, senza l’intrusione del pensiero, della volontà.Leggere di più
Antiquariato giapponese
Monju Bosatsu
Nara, periodo Nambokuchô (1336 - 1392), XIV secolo.
Legno intagliato con applicazioni in metallo e pietre dure. Tracce di doratura.
Altezza: 37 cm
Questa straordinaria scultura si presenta in ottimo stato di conservazione. Le fattezze del Buddha sono eleganti e la figura, imperturbabile, comunica serenità e pace.
Monju Bosatsu è il Buddha della saggezza. Discepolo di Siddharta, è considerato il più Saggio dei Bodhisattva ed è quindi indicato come voce della Legge buddista. L’iconografia tradizionale raffigura Monju con il Sutra della Saggezza nella mano sinistra e una spada nella destra, per tagliare le illusioni e disperdere le nuvole dell’ignoranza.Leggere di più
L'iki e la sensibilità estetica giapponese
L’Iki è un modus vivendi tipico dei giapponesi che si esplicita nella figura della geisha. Rappresenta la quintessenza della seduzione finalizzata a se stessa. Si differenzia dagli approcci tradizionali perché rinuncia alla conquista grazie alla forza spirituale. La caratteristica principale è la rottura dell’equilibrio ordinario, che si palesa in tutte le “manifestazioni corporee” dell’Iki. Componendosi di vistosità e modestia, distinzione e volgarità, dolcezza e asprezza, Iki rappresenta il “termine medio”, non sbilanciandosi mai verso l’uno o l’altro estremo.
Per i giapponesi la seduzione si limita ad un cenno allusivo. Mostrare pezzi di vestiti più intimi di sfuggita, mentre si cammina, oppure piccoli lembi di pelle, esprime la dualità della seduzione iki: rompendo l’uniformità del kimono che avvolge completamente la figura femminile, si suggerisce un’apertura all’altro sesso. La bellezza si coglie in piccoli accenni, viene sussurrata dalla peculiarità dell’abbigliamento e dalle posture.Leggere di più