Hisabetsu burakumin
In Giappone vi è sempre stata storicamente la tendenza a ignorare realtà non reputate degne di far parte di quella che viene definita Yamato Minzoku 大和民族, ossia la “razza Yamato”, un’umanità che trae origine dall’ininterrotta discendenza della dea del sole Amaterasu Ōmikami, madre della sacra terra giapponese, da cui proviene la stessa famiglia imperiale. Nonostante l’impegno e la dedizione con cui la leadership giapponese ha sempre cercato di affermare l’unicità e omogeneità del proprio popolo, la diversità e la stratificazione sociale e culturale sembrerebbe essere una caratteristica imprescindibile anche di quest’umanità eletta.
Infatti a dispetto delle numerose teorie, a lungo sostenute e divulgate, sull’incorruttibilità dell’etnia e della razza giapponese (i cosiddetti nihonjinron日本人論), i quattro principali gruppi di minoranze sociali ed etniche, inconfutabilmente presenti in Giappone, ammontano nel complesso alla cifra di circa 5 milioni di persone, ben il 4% dell’intera popolazione giapponese.Leggere di più
I quattro principi del tè
Una delle prime cose che ho imparato studiando la cerimonia del tè giapponese furono i quattro principi del wa, kei, sei, jaku. Questi quattro principi infondono tutto quello che ha a che fare con la cerimonia del tè e formano le fondamenta della spiritualità nel tè.
WA - armonia
Wa è l’armonia completa di tutti gli elementi: gli ospiti, gli utensili, la natura e l’atteggiamento.
KEI – rispetto
Kei è la profonda riverenza verso tutte le cose ed è una caratteristica dell’umiltà.
La visualizzazione della lettera A, tutto l'universo in un simbolo esoterico
Il buddhismo giapponese credo sia il culto religioso che più di ogni altro possiede una varietà di scuole e approcci diversi nella pratica e nel fine ultimo di questa che lo rende estremamente interessante e adatto a soddisfare le differenti esigenze religiose di un popolo così sensibile alle sfumature come quello giapponese. La setta che personalmente più mi affascina nelle pratiche rituali e nel pensiero filosofico è lo Shingon, la cui sede storica e ufficiale è situata sul misterioso monte Koya nei pressi di Nara, e tra le sue “mille e una” pratiche rituali quella che più trovo interessante è, oltre al goma (il rituale del fuoco), quello della visualizzazione della sillaba-seme A. Questa pratica riassume totalmente in sé il nucleo della dottrina e dell’esperienza Mikkyo descritte nel Dainichi-kyo (testo filosofico base della scuola) ed è inoltre una delle pratiche meditative più importanti e concise nell’ambito delle centinaia di tecniche esistenti; viene spesso usata come pratica preparatoria per altre più impegnative perché tramite passaggi graduali sviluppa l’abilità nella meditazione e i testi che ne parlano sono molti.Leggere di più
La pagoda: capolavoro di filosofia e proporzioni
Tempio di Kofuku-ji
Un’alta torre che svettante racchiude in sé tutto il mistero della filosofia e della cultura del sol levante… la pagoda.
Le origini di questo tipico simbolo orientale risalgono attorno al I secolo a. C. in India come stũpa, monumento commemorativo di matrice buddhista.
Una breve descrizione delle sue parti costitutive ci aiuterà a comprendere le assonanze metaforiche tra forma e significato che donano a quest’elemento armonia ed equilibrio e lo rendono così affascinante nella sua semplicità: un solido basamento sorregge l’intera struttura costituita dal corpo (anda), un lungo pilastro (yasti) che dalla cima del corpo si erge slanciato verso il cielo, e una serie di anelli concentrici (chattraveli) che si sviluppano attorno ad esso; all’interno sono solitamente poste le ceneri del defunto. Con lo sviluppo e l’evolversi del culto religioso lo stũpa viene in seguito ad identificarsi esclusivamente con la figura specifica dell’Illuminato (il Buddha storico Shakyamuni) e in alcune culture orientali, come quella tibetana, gli stessi elementi architettonici ne rappresentano metaforicamente le parti del corpo, con l’usanza di dipingerne ad esempio gli occhi sinuosi e penetranti sulla parte superiore. Il più antico e completo esempio di primo stũpa buddhista rimasto in sito è lo Stũpa di Sanchi. Leggere di più
Kabuki, la messa in scena della tradizione
Non avrei mai pensato che quattro ore e mezza di spettacolo teatrale potessero trascorrere così velocemente e piacevolmente… non potevo assolutamente lasciare il suolo nipponico senza aver visto una rappresentazione di kabuki, il teatro tradizionale giapponese.
Specificatamente lo spettacolo a cui mi riferisco si tenne al kabuki-za, un teatro kabuki costruito ispirandosi alle forme tradizionali dell’architettura giapponese che si inserisce con eleganza, ma anche una certa arroganza, tra i palazzoni luccicanti di Ginza a Tokyo.
Sorta come arte popolare il kabuki fonde assieme il dramma, la musica e la danza, integrandole tra loro con grande equilibrio, e si narra abbia avuto origine dalla danza eseguita a Kyoto verso il 1603 dalla sacerdotessa Okuni del tempio scintoista Izumo.Leggere di più
La leggenda dei 47 ronin
Il 14 dicembre si tiene il Gishi-sai no cha che è una cerimonia del tè per onorare la memoria dei 47 Ronin di Akō.
La leggenda racconta il famoso caso che coinvolge il codice d’onore dei samurai, Bushidō. Lealtà, controllo, sacrificio, perseveranza e onore: nella leggenda queste virtù erano impresse per sempre nell’anima dei giapponesi. Il racconto, noto come Chūshingura, è celebrato nelle storie, commedie, libri, stampe con blocchi di legno, statue, film e televisione.
La storia inizia con Asano Naganori di Akō, un signore samurai, che fu convocato al palazzo dello Shogun nella città di Edo, l’attuale Tokyo. Sotto lo sguardo attento del suo tutore, Lord Kira, maestro del protocollo del Palazzo, ad Asano furono date responsabilità di corte. La frizione fra i due uomini era costante. Asano rifiutava di pagare i doni che Kira domandava per i suoi servizi. Kira utilizzava ogni opportunità per umiliare pubblicamente Asano. Dopo due mesi di abusi, la tolleranza di Asano raggiunse il limite. Puntò la propria spada contro Kira all’interno delle mura del palazzo, un’offesa penosa – e tentò di ucciderlo anche se non vi riuscì. La punizione per ciò fu inflessibile: ad Asano fu ordinato di commettere il seppuku, l’atto rituale del suicidio.
Il Giappone e la religione
In Giappone convivono due principali dottrine religiose, affiancate poi da molteplici forme di culto minori e codici morali differenti: Buddismo e Shintoismo. Se la dimensione buddista si preoccupa dell’importanza del culto degli antenati, enfatizzando quindi le relazioni parentali e con esse i concetti di carità, umiltà, accettazione della propria condizione, quella scintoista invece funge da collante nazionale.
La religione scintoista, infatti, è stata sempre considerata una religione politica, in quanto ufficialmente riconosciuta come religione di Stato, che ha conosciuto l’apice della sua diffusione nel periodo Tokugawa (1600-1868). Essa fu per lungo tempo utilizzata come strumento di unione e controllo sul popolo giapponese, specie nelle campagne dove forme di patriottismo locale erano maggiormente radicate che in città. Se prima del conflitto mondiale, in ogni famiglia giapponese era presente un kamidana (piccolo altare presente nelle case private, presso il quale si rivolgevano le proprie preghiere), dal 1946 in poi, come conseguenza del processo di modernizzazione in atto dovuto alla sconfitta militare nipponica, solo il 47% delle famiglie dichiarò di possederne uno e tale attenzione nel conservare la propria tradizione venne giustificata con banali motivi d’abitudine, di rispetto nei confronti delle divinità o dei propri antenati, per ottenere protezione dagli spiriti maligni, o una maggiore produttività agricola, o ancora una migliore condizione di status familiare. Ma la maggior parte delle volte si giustificava tale presenza per onorare gli antenati della famiglia imperiale che diede vita alla Nazione giapponese: dunque il kamidana assumeva la funzione di unificazione con la Nazione, motivo per cui ci si impegnò a costruire alcuni templi nazionali. Il difetto principale che la religione scintoista riconosce di possedere è la mancanza di una spiegazione della sofferenza e della morte umana, parzialmente risolta con la reincarnazione, per cui la condizione della vita attuale è direttamente proporzionale alle attività più o meno “buone e giuste” condotte nella vita precedente.
Elena Ghilardi
Viaggiare nel mondo
Uno degli ultimi eventi relativi al Giappone, risalente al 10 Febbraio 2009 e patrocinato dal comune di Padova, riguarda una conferenza organizzata dal gruppo Viaggi Avventure nel Mondo, un’associazione che dal 1970 si occupa dell’organizzazione di viaggi “Fai da te” senza l’intermediazione del canale del turismo organizzato; obiettivo principale del gruppo è quello di promuovere l’esperienza del viaggio quale innanzitutto esperienza di arricchimento interiore e di conoscenza, quale avventura sorretta però da un continuo aggiornamento e soprattutto dalla trasmissione e divulgazione delle esperienze vissute tramite convegni e conferenze. Questi incontri sono arricchiti da proiezioni e filmati che con le sole immagini riescano a trasmettere il senso e il significato di ogni singola esperienza e del luogo in cui è stata vissuta. Il Giappone risulta appunto essere una delle ultime tappe dell’associazione che, in occasione di questa conferenza, con fotografie e slide ha proposto due filmati estremamente coinvolgenti, accordando ad una musica evocatrice di atmosfere orientali immagini dal forte impatto emotivo; uno dei due filmati, dedicando l’ultima parte della presentazione al dramma di Hiroshima, conclude il tutto con un universale messaggio di pace, la cui interpretazione viene affidata alla foto di una ragazza dal dolce sorriso che porta all’orecchio un appariscente orecchino col simbolo della pace.
Piccoli ritagli di Giappone che cercano di creare nel nostro immaginario un puzzle completo, e il più possibile fedele, di un popolo e di una cultura ai nostri occhi tanto affascinanti quanto misteriosi.
Eleonora Bertin
Il Kyukou come metafora della vita
Ci sono molte stazioni nelle quali il kyukou non passa, tu che nella vita ti sei ritrovato in quelle stazioni te li vedi passare davanti tutti i giorni. Tutti i giorni facce da kyukou ti sfrecciano davanti agli occhi, con le loro mille facce e mille vite da kyukou. Il kyukou ti porta lontano e lo fa nel modo più veloce possibile, e per questo motivo non ferma in tutte le stazioni. Se ci si vuole arrivare bisogna faticare, perché queste stazioni distano parecchio tra loro. Alcune, quelle più vicine, hanno più possibilità di essere raggiunte, ma se sei nato lontano dalle grandi stazioni da kyukou devi faticare più degli altri se vuoi raggiungerle, è così che funziona, é la vita d'altronde, non tutti abbiamo le stesse possibilità.
Sono in tanti a parlarne e ad invidiare i "tipi" da kyukou ma sono altrettanti quelli che non si buttano, non ci provano e preferiscono restare tutta la vita nella stazione dove sono nati, che conoscono a menadito e che li protegge. I più temerari, e tra questi pochi, arrivano a stabilirsi in una di queste prestigiose stazioni, ma arrivati li dopo tanto lavoro scoprono una brutta verità. Arrivarci non basta. Mantenerla é ancora più dura. La competizione al livello di kyukou è alta e tutti vogliono un posto a sedere. La folla preme ogni mattina ed ogni sera, e non c'è pietà per i deboli. Schiacciati ogni giorno negli stessi vagoni, si sente il fiato amaro di quelli che come te dormono, leggono, ascoltano, palpano, riflettono, rilassano e fissano il niente pregno di corpi davanti a loro. Le regole di cortesia che questa società impone spariscono al momento di salire su quel treno che anche oggi ci Deve portare al lavoro. Allora arrivano un momento prima che le porte si chiudano, si girano di spalle, fanno un passo nel vagone e attaccandosi come scimmie al bordo più alto spingono con la schiena e il suo fondo fino a sentirsi dentro abbastanza da far chiudere le porte. All'interno nel frattempo la massa non si oppone, forse loro stessi ieri erano davanti a quella porta, e si muove ondeggiante tra gomiti nella schiena e borse da computer pigiate sullo sterno. Si sente un mugolio di dolore ma nessuna lamentela, le porte tra la pressione si chiudono e tu sei di nuovo dentro, tocchi a malapena terra, ma resisti, chiudi gli occhi accendi l'iPod e ti lasci stritolare.
Barbara Taddeo
Il Samurai e il Maestro del tè
Molto tempo fa viveva un Maestro del Tè. Era un uomo anziano, piccolo di statura e fragile. Era conosciuto in tutta la regione rurale in cui viveva per la sua bella Cerimonia del Tè. Il suo lavoro era così eccellente che un giorno l’Imperatore sentì parlare di lui e lo convocò a Palazzo per realizzare questa speciale cerimonia.
Il tranquillo e piccolo Maestro del Tè ricevette l’invito dall’Imperatore. Impacchettò i suoi averi, se li mise in spalla e iniziò un lungo viaggio a piedi verso il Palazzo.
Dopo molti lunghi giorni, il piccolo uomo arrivò e praticò la cerimonia per l’Imperatore. L’Imperatore ne fu così impressionato! Donò al Maestro del Tè il massimo onore che gli fosse concesso. Gli regalò due spade giapponesi dei Samurai.
Il Maestro del Tè accettò le spade. Si inchinò davanti all’Imperatore, appoggiò le spade sulla schiena, raccolse i suoi oggetti personali e si rimise in viaggio verso casa.
Due giorni più tardi, il piccolo uomo camminava attraverso un piccolo villaggio di campagna quando fu individuato da un Samurai che proteggeva quella zona. Era un grande e potente Samurai. Dapprincipio il Samurai non credette ai propri occhi. Da dove venivano quelle spade? Che cosa se ne faceva quel piccolo e fragile uomo?
Il Samurai affrontò il piccolo uomo. “Come osi prenderti gioco di tutti i Samurai! Non posso sopportare un tale disonore.”
Il Samurai sfidò il Maestro della Cerimonia del Tè a un duello con le spade e disse: “Ci incontreremo qui domani alle quattro del pomeriggio e ci batteremo.”Leggere di più