Giuseppe Piva Arte Giapponese: novità di Febbraio 2017

Questo mese, la Galleria Giuseppe Piva Arte Giapponese ci propone un oggetto molto particolare.

Si tratta di un netsuke (piccola statuina d'avorio, che si usava fissare alla cintura del kimono), raffigurante uno shishi, il leone guardiano dei templi proveniente dalla tradizione cinese. Lo shishi è rappresentato leggermente girato verso destra, con la bocca aperta e una zampa poggiata su una sfera traforata, con al suo interno una seconda sfera mobile. I fori per far scorrere la cintura (himotoshi) sono formati dalle zampe posteriori. La criniera e la coda, finemente intarsiati, sono folte e rigogliose con intrecci contorti volutamente anneriti per accentuarne la tridimensionalità. L'artista che lo ha realizzato è Yamaguchi Okatomo, uno dei migliori scultori attivi a Kyoto nella seconda metà del XVII secolo.

La particolarità di questo pezzo è che risale a un periodo (la fine del XVII secolo) in cui i netsuke stavano iniziando a perdere la loro funzione pratica di oggetti da legare alla cintura e stavano diventando espressione artistica indipendente. Una trasformazione che portò a un innalzamento generale della qualità scultorea di questi pezzi, come si può vedere chiaramente nell'esempio proposto.

Caratteristiche tecniche

 

Yamaguchi Okatomo
Scuola di Kyoto, fine XVIII secolo
Netsuke katabori in avorio, occhi intarsiati in corno scuro
Firmato in una riserva rettangole: Okatomo.
Larghezza: 4,7 cm

Provenienza
Collezione W. W. Winkworth
Collezione Von Schluben
Collezione J. and A. Katchen

Bibliografia:
George Lazarnick (ed.), MCI: The Meinertzhagen Card Index on Netsuke in the Archives of the British
Museum
, New York (Alan R. Liss Inc.: 1986), p. 620.
A. Katchen, Netsuke 7, vol.1, Paris (K. R. Publishers, 2010), p.85, no.K430.

 


Giuseppe Piva Arte Giapponese: novità di dicembre 2016

Ecco, anche per il mese di dicembre 2016, tutte le novità riguardo le ultime acquisizioni della Galleria Giuseppe Piva Arte Giapponese.

Netsuke in legno con un polpo che indossa un kimono

Firmato: Miwa Scuola di Edo, inizio XIX secolo

Legno con occhi intarsiati in corno scuro

Altezza: 6,8 cm

Provenienza: Collezione Arlette Katchen

Polpo raffigurato con indosso un haori in piedi su quattro tentacoli con i quali trattiene una piccola scimmia che tenta di divincolarsi. La composizione trae spunto da un racconto in cui Ryujin, il Drago Re del Mare, si ammala e il suo medico, un polpo, gli propone come unico rimedio quello di cibarsi del fegato di una scimmia viva.

Numerosi artisti, tutti originari di Edo, utilizzarono il nome Miwa. Il primo è registrato nel Soken Kisho del 1781 e le generazioni successive, fin dall’inizio del XIX secolo, predilessero il legno come materiale e i soggetti tratti dalle leggende o dalla vita di tutti i giorni.

Mentre gli artisti Miwa normalmente utilizzavano un kaō a chiusura della firma, anche tutte le altre varianti conosciute di questo modello sono firmate con solamente due caratteri; questi comprendono l'esemplare pubblicato nel Meinertzhagen Index Card (p. 563), quello della Baur Collection (no. C916) e quello già Barry Davies, Selected Netsuke, 2002 (no. N01562).

 


Seijin no Hi – Festa della Maggiore Età 成人の日

Il secondo lunedì del mese di gennaio in Giappone viene considerato giorno di festa: si celebra infatti quell’evento conosciuto da tutti i giapponesi come Seijin no Hi (成人の日). Il Seijin no Hi è un giorno importante perché si celebrano e festeggiano tutti i ragazzi e ragazze che dal 2 aprile dell’anno precedente sino al 1 aprile del nuovo anno compiono 20 anni, raggiungendo quindi la maggiore età.

Si tratta di un traguardo importante per un giapponese in quanto si acquistano maggiori diritti ma soprattutto doveri e responsabilità. I “nuovi adulti” partecipano a delle cerimonie (dette 成人式 seijin-shiki) tenute dalle autorità locali e prefetturali in cui, di fatto, la comunità si “congratula” con loro per l’ingresso nell’età adulta.

Ma quali sono le origini di questa tradizione? Il Seijin no Hi deriva dalla cerimonia del 元服 genpuku (per gli uomini) e del 裳着 mogi (per le donne). La prima di queste viene fatta risalire tradizionalmente al 714 d.C., quando un principe, per segnare il cambiamento da giovane adolescente ad adulto cambiò il modo di vestire e la propria acconciatura. Questa era quasi tutta la sostanza del genpuku (lett.: “vestiti dell’inizio”), ma a differenza della seijin-shiki, questa cerimonia era più religiosa: un ragazzo veniva “presentato” al tempio quando aveva tra gli 11 e i 17 anni; l’idea di base è quella del nostro “antico” battesimo, anche se ufficialmente si veniva presentati all’ 氏神 ujigami, il kami protettore della zona

I ragazzi ricevevano nuove vesti da cui il nome della cerimonia: nella parola 元服 genpuku infatti, 服 fuku significa “veste”, mentre 元 gen “sostituisce” 首 collo, testa. La nuova veste si indossava infatti  “calandola dalla testa”. La corrispondente cerimonia “femminile”, il mogi, riguardava le ragazze tra i 12 e i 14 anni, che iniziavano invece a vestire (着る, kiru, da cui il “gi” di mogi) il 裳 mo, un’antica “gonna”.

Ad ogni modo, il genpuku “prese piede” lentamente. Fino all’epoca Heian riguardava ancora soltanto i nobili. E’ solo dall’epoca Muromachi che si diffuse anche nelle classi inferiori. In realtà però, radice antica o meno, il Seijin no Hi divenne festa nazionale ufficiale solo nel 1948, come evento volto a celebrare tutti i nuovi maggiorenni. Fino a poco tempo fa si era soliti festeggiare questo evento il 15 gennaio ma recentemente si è scelto di celebrarlo il secondo lunedì di gennaio. Per la precisione il cambio è avvenuto nel 2000, quando è stato introdotto l’Happy Monday System, una riforma del calendario lavorativo volta a far cadere le feste nazionali di lunedì in modo da creare dei ponti di tre giorni nell’anno giapponese, “storicamente povero di vacanze”.

Quest'anno la festa si è svolta lunedì 9 gennaio 2017.


Libro: L’arcipelago deserto. Il cinema sperimentale giapponese

Sebbene in Giappone la nascita del cinema sperimentale e dell’Underground non sia recente – essa risale a un film assurdo e singolare come Kurutta ippêji (1926) di Teinosuke Kinugasa – soltanto nei primi anni Sessanta si chiarisce il percorso di una vocazione che, dopo un lungo travaglio teorico interiore, diviene consapevole dei propri mezzi espressivi e del significato insito nei suoi archetipi concettuali. Sono gli anni della nouvelle vague nipponica e molti registi, indipendenti e non, seguono la via della sperimentazione e della ricerca formale dando vita a una vera e propria rivoluzione estetica. I registi d’avanguardia oltrepassano la logica diegetica per giungere a una concezione strutturale del cinema come sistema di relazioni semantiche, testando il libero uso dei materiali e spingendo la ricerca verso la realizzazione di un formalismo puro – caratterizzato dalla disposizione iconica del materiale espressivo – che veicola la loro critica sociale. Da Takahiko Iimura, precursore dello sperimentalismo, al cinema politico di Motoharu Jōnouchi; da Yoji Kuri, simbolo della controcultura, al talento visionario di Nobuhiko Obayashi; dal cinema multimediale di Yoko Ono al maestro del surrealismo Katsu Kanai; dal controverso Kazuo Hara a un inedito Donald Richie, attraverso il cinema radicale di Toshio Matsumoto e Shūji Terayama fino al patriottismo suicida di Yukio Mishima. Questo libro racconta una storia lunga mezzo secolo, dove il cinema diventa occasione di rinnovamento culturale, per svincolarsi da una tradizione incapace di parlare alle nuove generazioni.

Beniamino Biondi è nato e risiede ad Agrigento. Ha compiuto studi classici e si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Palermo. Scrittore e saggista, si occupa di poesia e di cinema. Collabora con riviste di letteratura e critica cinematografica, cura rassegne di cinema d’autore e ed è direttore di collana per alcuni editori. Ha curato l’edizione delle poesie complete del filosofo Aldo Braibanti ed ha pubblicato numerose opere di letteratura e di saggistica critica e teorica. È membro del Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici

Beniamino Biondi
L’arcipelago deserto. Il cinema sperimentale giapponese
Edizioni Orthotes


IL CONSOLE LOMBARDI INAUGURA LA MOSTRA DI ALBERTO MORO .- Osaka

GEMELLAGGIO MILANO – OSAKA: IL CONSOLE LOMBARDI INAUGURA LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI ALBERTO MORO

OSAKA\ aise\ - Nell’ambito delle celebrazioni per i 35 anni di gemellaggio tra Milano ed Osaka, il Console Generale Marco Lombardi, ha inaugurato il 1°settembre la mostra fotografica di Alberto Moro “Osaka e Milano viste da un milanese”.
La mostra, che presenta tutta una serie di scatti che mettono in evidenza le similitudini tra le due città, sarà ospitata nell’atrio d’onore del Comune di Osaka sino al 9 settembre.
Presenti alla inaugurazione, Alberto Moro, gli organizzatori dell’Associazione Culturale tra Giappone e Italia ed il Vice Presidente della Camera di Commercio di Osaka Shiga. Di fronte ad un folto pubblico di rappresentanti dei media, Lombardi ha presentato Milano e le importanti opportunità offerte dal capoluogo meneghino.
La mostra è stata realizzata grazie alla collaborazione con l'Associazione Culturale tra Giappone e Italia e  il Comune di Osaka come uno dei festeggiamenti per le celebrazioni dei 35 anni di gemellaggio con Milano e ha visto la partecipazione di Alfa Romeo che, nell'occasione, ha realizzato una sfilata di Giulietta davanti al Comune di Osaka. Le celebrazioni per i 35 anni di gemellaggio tra Milano ed Osaka sono continuate anche il 5 settembre con un seminario sull'offerta immobiliare milanese presso la Camera di Commercio di Osaka.

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“Milano-Osaka”: mostra fotografica di Alberto Moro – Osaka

In occasione del 35° anniversario del gemellaggio fra la città di Milano e quella di Osaka l’Associazione Culturale Giappone in Italia ha l’onore di omaggiare questo evento con la mostra fotografica del presidente Alberto Moro e verrà ospitata presso la prestigiosa sede del Municipio di Osaka.

In mostra saranno esposte 20 foto dedicate alle due città, alle loro differenze e ai loro punti in comune, al loro fascino e alla loro bellezza, alla loro tradizione e alla loro modernità, tutto colto da un personalissimo sguardo italiano.

L’Inaugurazione sarà il 1° settembre dalle ore 15:00 alle ore 15:40. La mostra, aperta al pubblico, sarà visitabile fino al giorno 9 settembre (ingresso libero) dalle ore 9:00 alle ore 17:30, non sarà invece visitabile sabato e domenica.
La mostra è patrocinata dal Comune di Milano e verrà presentata anche a Milano entro l’anno (sede e date da definirsi).
Luogo: Osaka City Central Public Hall, 1-1-27 Nakanoshima, Osaka Kita-ku, Osaka, Giappone
Data e ora: dal 1° al 9 settembre, dalle 9.00 alle 17.30 (sabato e domenica chiusa)
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Kanjuro Kiritake III e il Teatro Bunraku

di Cristina Solano

L'amore di Tokubei il mercante e Ohatsu la cortigiana è più forte di ogni altra cosa, niente e nessuno potrà mai dividerli. Ormai i due giovani hanno preso una decisione, infine la morte e l'unica soluzione al loro amore.
Avvolti dalla fusciacca di Tokubei, il giovane amante pugnala la sua amata, e poi, allo stesso modo la segue nella morte, uniti nello stesso destino. Legati in un abbraccio si lasciano andare l'uno sull'altra e così, uno dei drammi più popolari del teatro Bunraku, il Sonezaki Shinju (Doppio Suicidio d'Amore a Sonezaki), si conclude.
Il Bunraku è uno dei teatri tradizionali più importanti della cultura giapponese, e il suo fascino sta proprio negli attori che calcano la scena. Sì perchè gli attori non sono altro che burattini, ciascuno dei quali manipolato da ben tre burattinai, ognuno con un ruolo ben preciso. Il tutto reso ancora più accattivante dal suono dello shamisen, che crea il sottofondo, e dalla voce del tayu (narratore), che permette ai burattini di parlare.
E' grazie alla cooperazione di tutti questi elementi che i burattini si muovono con una tale naturalezza, quasi avessero vita propria, ed esprimono emozioni, quasi fossero umani.

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L'omuzukai, il burattinaio principale, si occupa del movimento della testa, della faccia e della mano destra, inoltre ha anche ruolo di guida per i suoi compagni. L' hidarizukai manipola il braccio sinistro, mentre il terzo, l' ashizukai, si occupa di gestire le gambe del burattino. Ed è proprio il ruolo dell'ashizukai a essere fondamentale per la comprensione del Bunrako, perchè il Bunraku, in fondo, è uno stile di vita.
Lo sa bene Kanjuro Kiritake III, uno dei maestri di Bunraku più importanti del Giappone, che fin da quando ha iniziato a studiare come burattinaio ha dato anima e corpo al Bunraku.

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Il maestro nasce a Osaka nel 1953, suo padre, Kanjuro Kiritake II, era un omuzukai così il giovane
Kanjuro frequentava spesso il teatro e ciò che lo attraeva di più erano proprio i burattini. Il loro aspetto ben curato, i vestiti e il meccanismo che permetteva loro di muoversi e di cambiare le espressioni lo affascinavano moltissimo. Ma la sua vera vocazione venne fuori un giorno, che suo padre lo portò con sè, sul palco a muovere uno di quei pupazzi tanto affascinanti. Così suo padre decise di mandarlo a studiare sotto la guida del grande maestro Minosuke Yoshida III.
Come apprendista, Kanjuro, iniziò la sua lunga gavetta diventando ashizukai, un ruolo che richiede dieci anni di preparazione per imparare a gestirlo, ed è proprio in quegli anni che capisce cosa significa essere un burattinaio.
Il burattinaio non deve solo saper far muovere il burattino, ma deve saper trasmettere le emozioni, i sentimenti al pupazzo per renderlo vivo. Deve essere in grado di capire qualsiasi ruolo, dal vecchio burbero alla giovane ragazza innamorata, esserne totalmente immerso e consapevole in modo da dare al burattino un'identità. Così il burattinaio apparirà invisibile al pubblico e tutta l'attenzione sarà solo per i veri protagonisti del Bunraku: i Burattini.

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Kanjuro spiega proprio che i primi dieci anni come ashizukai servono a capire questi concetti che non sono così immediati. L'ashizukai è un ruolo complicato, perché è difficile e scomodo, e fare quello giorno dopo giorno molto spesso demoralizza. Lui stesso ci è passato e ne ha sofferto ma gradualmente ne ha compreso l'importanza.
In quegli anni è stato fondamentale il rapporto con il suo maestro, il quale, quando Kanjuro sbagliava, gli mostrava solo il suo fastidio senza dirgli niente, cosa che destabilizzava molto il giovane. Con il tempo Kanjuro capisce che il maestro Minosuke era solito dargli dei consigli indirettamente, quando durante i festeggiamenti post performance il maestro gli raccontava delle storie così a indurlo a riflettere sui suoi errori.
E' grazie al costante impegno e dedizione che Kanjuro Kiritake III è diventato uno dei migliori omuzukai, senza mai perdere il suo amore e la sua passione per il teatro Bunraku, bene intangibile del Giappone e designato dall'Unesco come Patrimonio Immateriale dell'Umanità.


Mostra: "Giappone - Kyoto: i giovani e l'artigianato"

Dal 22 al 28 di marzo, la Triennale di Milano presenta, alla Villa Reale di Monza, una splendida mostra dedicata al raffinato artigianato giapponese.

In esposizione 30 oggetti, di manifattura superiore, che mostrano alcune delle migliori tecniche di lavorazione tradizionali giapponesi: lavorazione urushi (lacca giapponese), ceramica, legno, metallo, lavorazione del Buddha e carta.

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I manufatti sono il frutto della passione e della dedizione dei giovani allievi del TASK, il Traditional Arts Super College of Kyoto, la più importante scuola di artigianato in Giappone. I giovani studenti, sotto l’attenta guida dei maestri artigiani giapponesi, si impegnano per diventare creatori esperti e promotori dell'ampliamento del settore artigianale.

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La mostra nasce nell'ambito di un accordo tra TASK e APA Confartigianato, finalizzato all'interscambio socio-culturale e alla preservazione e promozione dell'artigianato di alta qualità. Il risultato è la produzione di oggetti d'eccellenza, riproposti in chiave innovativa, e una mostra dedicata alla salvaguardia delle tradizione millenarie, dei saperi e delle botteghe che vanno protetti dai processi di globalizzazione.

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Tutte le foto sono di Alberto Moro


Teatro Kamishibai

di Cristina Solano

Quando nei villaggi si sentiva risuonare il suono di due bacchette di legno che battevano l'una contro l'altra, immediatamente si creava una folla di bambini raccolti intorno alla figura di un uomo che trasportava sul retro della sua bicicletta un piccolo teatrino. Per i bambini, quello rappresentava un momento di festa perché era finalmente arrivato il Gaito Kamishibaiya, che con le sue hyoshigi annunciava l'inizio di una nuova e fantastica storia.

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Il Teatro Kamishibai (纸 芝 居), letteralmente "dramma di carta", è una forma narrativa ben radicata nella tradizione giapponese. Questo tipo di narrazione ha origine nel XII secolo, quando i monaci buddisti raccontavano stori, d'amore, di battaglia, di concetti religiosi, soprannaturali o popolari, a un pubblico prettamente analfabeta, per dare loro degli insegnamenti morali. Le storie venivano raccontate con l'aiuto di rotoli di carta illustrati orizzontalmente, gli emakimono. Splendide opere dipinte o stampate, che proponevano le azioni dei personaggi in forma narrativa, come se fossero dei fumetti letti da destra verso sinistra, come nel verso in cui si legge la scrittura giapponese: si può dire che rappresentino l'origine del manga.

È tra gli anni venti e cinquanta del '900, tuttavia, che il teatro Kamishibai vede il suo massimo successo e definisce la sua forma tradizionale. L'avvento del cinema sonoro, infatti, determina la scomparsa del narratore Benshi, cioè la figura che dava la voce al cinema muto. Così molti di questi vedevano nel Kamishibai la possibilità di guadagnare piccole somme di denaro.

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Il Gaito kamishibaiya si spostava di villaggio in villaggio, trasportando sulla sua bicicletta una struttura a forma di piccolo teatro, nel quale veniva esposto un set di tavolette di legno illustrate. Quando il pubblico era formato, il Gaito kamishibaiya cominciava a raccontare le storie, stimolando la fantasia dei bambini con l'aiuto delle tavolette illustrate messe in sequenza narrativa.

Il declino del teatro Kamishibai ha inizio con l'arrivo in Giappone della televisione, durante gli anni cinquanta. Anche se il Gaito kamishibaiya e il suo teatro sono ormai scomparsi da molto tempo, dalla quotidianità, il loro ricordo e la loro tradizione continuano a restare vivi, tutelati e tramandati.

 


ANA lancia il Museo Virtuale di Arte Giapponese

La compagnia aerea giapponese ANA (All Nippon Airways) ha lanciato da qualche tempo la piattaforma online "Is Japan Cool?" (ICJ), con l'obiettivo di promuovere il Paese del Sol Levante e offrire ai visitatori la possibilità di approfondire alcuni aspetti della vita e della cultura del Giappone, ancora prima di mettere piede sull'aereo.

Tale piattaforma si arricchisce oggi di una nuova sezione, l'ICJ Museum, una galleria d'arte virtuale che consentirà al visitatore di scoprire il mondo dell'arte contemporanea nipponica, attraverso la raccolta di alcune delle migliori opere di sette dei principali artisti giapponesi contemporanei: Yayoi Kusama, Tenmyouya Hisashi, Nerhol, Tabaimo, Taku Obata, Kohei Nawa e Manabu Ikeda. Le opere esposte includono lavori in tre dimensioni esposti per la prima volta e altre installazioni viste raramente, difficili da ricreare altrove, e ammirabili da una prospettiva completamente nuova e impossibile da avere in un ambiente più tradizionale.

Un'esperienza museale innovativa: sul sito, ogni dettaglio è reso con un altissimo livello di realismo e, grazie alle tecnologie della realtà virtuale, è possibile inoltre visualizzare le installazioni a 360 gradi e camminare tra le opere d’arte. La maggior parte delle opere è ricreata tramite tecnologie di scansione tridimensionale che creano repliche virtuali quasi identiche alle controparti reali.

L'IJC Museum è stato realizzato da ANA in risposta a uno studio condotto dall'Ente pubblico del turismo giapponese sulle tendenze di spesa dei turisti internazionali nell'ultimo anno, al fine di incrementare le visite alle destinazioni artistiche, e il suo progetto è in linea con il concetto di "museum in the cloud", un'idea che coniuga la tecnologia della realtà virtuale con l’esperienza reale di visualizzare le opere all'interno di una galleria.

Qui di seguito, vi proponiamo inoltre una serie di brevi video, sempre realizzati da ANA per la campagna "Is Japan Cool?", dedicati ad alcuni delle località e delle attività per cui il Giappone è famoso al mondo. Buona visione!