PERIODO YAYOI – IL SEME DEL GIAPPONE E' PIANTATO

Circa nel IV a.C. il Periodo Yayoi vede il proprio inizio, il seme del Giappone è piantato. Letteralmente.

In un veloce passo indietro all'articolo precente di questa serie, troviamo il Periodo Jōmon e una società di cacciatori - raccoglitori seminomadi ormai in declino. Dopo millenni di incontrastato dominio sull'arcipelago, la difficoltà di reperire risorse naturali ed adattarsi ai mutamenti ambientali li ha indeboliti sempre di più. Quand'ecco che in una provvidenziale migrazione dal continente, videro arrivare delle nuve popolazioni, con nuove tecniche e soluzioni per trasformare le terre di quei luoghi.

Secondo la maggioranza degli storici, la convivenza durò quanto bastava perchè gli Jōmon fossero assimilati nella società dei nuovi arrivati, senza particolari scontri. I segni inequivocabili di questo cambiamento vennero ritrovati nel quartieri Yayoi di Tokyo. Furono, senza molte sorprese, un nuovo tipo di ceramica, meno elaborata ma di qualità e durevolezza maggiori. Per quanto inferiore in termini temporali, questa Era vide una rapida evoluzione verso un Giappone maggiormente definito, e gettarono le basi per i suoi aspetti più significativi.

Primo fra tutti, per importanza e processione causale, la risicoltura.

Il popolo Yayoi portò in Giappone la risicoltura, insieme ad un'agricoltura complessa e organizzata. La divisione delle zone coltivabili portò alla separazione dei territori, mentre la diversificazione del lavoro portò alla formazione delle classi sociali. Il piccolo chicco di riso, che portò la prosperità economica e al conseguente boom demografico, aveva ironicamente condotto anche la violenza delle battaglie. I reperti archeologici comprendono palizzate, fossati e torri di guardia, e molti scheletri inumati presentano ferite mortali. Se il periodo precedente non aveva visto morti violente, il Periodo Yayoi fu un Sengoku ante litteram, con una costellazione di piccoli paesi, cento stando alle cronache cinesi, in costante lotta fra loro.

La letteratura cinese di questo periodo è la nostra unica fonte scritta della società Yayoi, le prime autoctone compariranno in Giappone soltanto con il buddhismo. Due sono i testi che ci danno maggior materiale a riguardo, soprattutto della fitta rete di rapporti commerciali tra i due popoli: le Memorie degli Han posteriori e gli Annali del regno di Wei. Il primo fu redatto nel v secolo, il secondo alla fine del III. Le diverse spedizioni diplomatiche che dal paese di Wa (il Giappone) ragginsero la Cina portavano doni in onore dell'imperatore chiedendo il riconoscimento della loro autorità governante come loro vassalli. A prova di questo rapporto, venivano offerti simboli di potere ai re Yayoi, come specchi di bronzo e sigilli. Uno di questi, il Sigillo d'Oro del Re di Na, scoperto nel 1784 da un contadino nell'isola di Shiga, è considerato uno dei Tesori Nazionali del Giappone.

 

Questo tipo di subordinazione era in una forma di legittimazione decisiva tra i diversi regni del Periodo Yayoi.

Insieme al territorio più fertile e adatto alla crescita del riso, il clan dominante era quello che più facilmente intratteneva contatti con la corte cinese. Per questo le principali coalizioni e spinte unificatrici giunsero dal Kansai e dallo Yamato. Non Yamato invece, ma Yamatai è protagonista della più significativa esperienza di accentramento del potere Yayoi: negli Annali del regno di Wei compare il primo nome di un individuo Giapponese, la regina Himiko. A capo di un grande numero di tribù, la regina del Yamatai si fece riconoscere dall'imperatore cinese come autorità dominante in tutto Wa.

Circondata unicamente da figure femminili, ne vengono numerate mille, e protetta da un esercito di uomini, la regina seguiva una vita spirituale totalizzante come sacerdotessa del kami protettore degli Yamatai, mentre suo fratello era messaggero del suo potere all'esterno. Fu una sua parente, Iyo, che a tredici anni le succedette come ultima regnate storicamente nota, eppure sulla sua eredità si passa dalla storia al mito.

Un dibattito vede infatti la regina Himiko, il cui nome secondo una tradizione significherebbe “figlia del sole”, antenata del clan Yamato, discendenti a loro volta secondo la leggenda da Amaterasu, il kami del sole. Che a Yamatai il sole fosse oggetto di un culto particolare è comprovato dalla presenza di numerosi specchi di bronzo. Tuttavia la storiografia principale non collocherebbe questo regno nelle future zone di Nara, bensì a Fukuoka, mettendo in dubbio di fatto questa ipotesi.

Nel Periodo Yayoi i kami discesero dal cielo, emersero dalla terra e affiorarono dalle acque. Il chicco di riso portò in Giappone il seme dello shintō.

La religione shintō è infatti, legata indissolubilmente all'agricoltura. La trascendentalità dei kami, tradotti più correttamente con il termine spiriti che con il termine divinità, è un parto della trasformazione culturale avvenuta nel Periodo Yayoi, attraverso l'intensificarsi della sedentarietà dei popoli. Il territorio nel quale una famiglia dominante si insedia, le montagne e i fiumi di cui “prende possesso” sono kami presenti nel luogo. Ogni famiglia ha un suo kami protettore, e le battaglie che comportavano la conquista di altri clan si riflettevano nella costruzione di una piramide spirituale. Yamatai portò ad esempio alla diffusione e all'innalzamento del kami del sole ad un'importanza primaria.

Questo tipo di rapporto con il mondo spirituale era talmente intrinseco con l'organizzazione sociale che il re era soprattutto la guida sacerdotale della comunità. I rituali sempre più elaborati portarono gli abitanti del Periodo Yayoi a migliorare notevolmente la fusione dei metalli. Il bronzo è l'indiscusso protagonista di questa fase della storia del Giappone : abbiamo già parlato degli specchi, tanto inutili per la toeletta quanto pregni di valore simbolico, ma altrettanto importanti furono le dōtaku. Si tratta di campane di bronzo di diverse dimensioni, spesso decorate con scene legate all'agricoltura o varie attività umane, prive di batacchio. Secondo alcune fonti si usavano anche per scopi militari, sulle torrette di vedetta per avvertire di un imminente attacco.

Periodo Yayoi

Il bronzo portò chiaramente anche alla creazione delle armi, di cui ricchissimo corredo si adornano i siti archeologici Yayoi.

Come sopradetto, il miglioramento della vita ha avuto uno scotto da pagare, ciò nondimeno, accanto ad esso il progresso è evidente. Troviamo un sistema di imposte, fiere e mercati di ampio respiro, economia e istruzione sviluppata dovuta ad un comprovato scambio di corrispondenze con il continente. Sembrerebbero pure presenti indizi dell'utilizzo di ideogrammi cinesi nel Giappone dell'epoca.

Queste ultime righe presentano in sintesi la società così come nuovo punto di partenza per tutto il prossimo periodo, il Periodo Kofun, o delle tombe a tumulo. Saranno espressione della società uji-kabane, dove le grandi famiglie aumenteranno la loro cerchia di influenza fino alla supremazia di una su tutte: quella imperiale.

 

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Tutti i titoli giapponesi su Netflix

Per tutti coloro appassionati di cultura giapponese o che semplicemente hanno voglia di spezzare la noia estiva, abbiamo creato una nuova rubrica in cui vi proporremo i titoli giapponesi più interessanti presenti sulle diverse piattaforme di streaming.

 

Rorouni Kenshin

Partiamo oggi dal catalogo Netflix: se siete appassionati di saghe cinematografiche hollywoodiane, c’è un titolo tutto giapponese che potrebbe fare al caso vostro, stiamo parlando di Rorouni Kenshin.

Si tratta di una serie di live action adattati dal manga Kenshin - Samurai vagabondo di Nobuhiro Watsuki e dal relativo anime.

La saga conta ad oggi ben 5 film, di cui il primo è uscito nel 2012 e l’ultimo, recentemente, nel 2021.

Ambientato nell’epoca Meiji, il film racconta la storia di Kenshin Himura, interpretato da Takeru Satou, un giovane ex-samurai reduce delle rivolte che dieci anni prima segnarono l'inizio della nuova epoca moderna.

Conosciuto per la sua straordinaria forza e ferocia con il nome di Battousai, è ora uno spadaccino errante che ha vietato a se stesso di uccidere ancora. Come promemoria del suo voto, porta con sé una katana a lama invertita, con cui difende i propri compagni dai nemici e dagli oppressori che di volta in volta si troverà ad affrontare.

La prima pellicola ripropone una storia alternativa dei primi capitoli del manga. La seconda e la terza sono uscite a distanza di qualche mese nel 2014 e narrano la saga di Kyoto. La quarta e la quinta sono uscite entrambe nel 2021. La prima rappresenta l’arco finale della saga, mentre la seconda è un prequel che parla del passato del protagonista.

L’uscita di ogni film è accompagnata da una nuova canzone degli One Ok Rock, una band giapponese molto famosa anche in Occidente, ormai titolare di tutte le ending. Per questo scopo sono infatti uscite canzoni che probabilmente conoscerete come The Beginning, Mighty long Fall, Heartache, Renegades e Broken Heart of Gold.

 

Yasuke

Il secondo titolo che vi consigliamo è un anime storico.  Si chiama Yasuke e si tratta di una serie giappo-americana che rilasciata su Netflix nel 2021. Creata da LeSean Thomas e animata dallo studio MAPPA (un nome una garanzia) e basata sulla figura di Yasuke, un guerriero africano che servì il daimyo Oda Nobunaga nel XVI secolo in Giappone.

In aggiunta alle clamorose animazioni, possiede una notevole colonna sonora composta da Flying Lotus, musicista e rapper statunitense che ha raggruppato elementi hip-hip con percussioni giapponesi e africane.

Inoltre, si tratta di uno dei pochi anime, non basato su un manga, ma da cui è nato un adattamento a fumetti, pubblicato su Monthly Big Comic Spirits a partire da Luglio del 2021.

 

Alice in Borderland

Con il terzo titolo, andiamo invece nell’epoca moderna, anzi distopica.

Parliamo, infatti, di Alice in Borderland, una serie televisiva di genere fantascientifico e drammatico basata sull’omonimo di Haro Aso.

Arisu, il protagonista, interpretato da Kento Yamazaki, è un giovane disoccupato che passa le sue giornate a giocare ai videogiochi con i suoi migliori amici, con cui un giorno si ritrova in una Tokyo abbandonata.

Quando iniziano la loro ricerca di civiltà, il trio scopre di essere intrappolato in una città in cui sono costretti a partecipare a dei game molto pericolosi per sopravvivere.

Dopo aver lanciato la prima stagione nel 2020, la serie è stata subito rinnovata per una seconda che dovrebbe arrivare a dicembre del 2021, covid permettendo.

La colonna sonora è stata composta interamente da Yutaka Yamada, che aveva precedentemente lavorato nei live action di Bleach del 2018 e Kingdom del 2019.

 

 

Amanda De Luca


Sen Factory - La tradizione giapponese nella moda italiana

La tradizione giapponese si unisce alla moda italiana nella creazione di un progetto unico nel suo genere.

C’è un posto a Milano che combina la qualità del made in Italy al fascino del Giappone e si chiama Sen Factory.

È nato nel 2015 dalla voglia di Chikako e Laura di creare un laboratorio di scambi e tradizioni tra la cultura italiana e il design giapponese. 

"Ci sono incontri improbabili che fanno nascere storie incredibili.
A noi è successo così.
Giappone e Italia, curioso mix."

Il progetto parte dall’utilizzo di kimono vintage per creare altri prodotti, che spaziano dai classici accessori, come bracciali e cinture ad articoli più utili e pensati, come agende, guinzagli per animali, stringhe per le scarpe e porta occhiali.

Si tratta di un’arte e una cultura millenaria, che riprende vita in oggetti pensati per oggi e per domani ed è tutto rigorosamente hand made.

Dalla minuziosa ricerca dei tessuti, alla cura maniacale dei dettagli, gli oggetti realizzati sono dotati di ricercatezza ed eleganza. Allo stesso tempo, però, denotano semplicità, perché come piace ricordare alle ragazze "simplicity is the ultimate sophistication".

A questo proposito, troviamo, ad esempio, la linea fukuro, che propone una serie di cartellette in tessuto di diverse dimensioni con chiusura a calamita, per riporre con cura documenti, appunti e disegni senza rinunciare allo stile. Oppure la linea yume, agendine di diversi colori e fantasie da portare sempre con sé, in tutte le occasioni.

Molto interessante è anche la linea oby, che trasforma la cintura da kimono in una versatile cintura adattabile e double face, da portare in vita, infilata nei pantaloni, o appoggiata sui fianchi.

Nell'ultimo anno Sen Factory si è, inoltre, dedicata alla realizzazione di mascherine, divenute ormai un accessorio inevitabile nel nostro quotidiano. Per uomo, donna, bambino, le loro mascherine non rinunciano alla qualità e soprattutto alla fantasia.

La loro sede principale si trova a Crema (CR), ma sono diverse le sedi sul territorio milanese che ospitano la vendita dei loro prodotti, tra cui troviamo:

Fondazione La Triennale di Milano  
(bookshop)
Viale Emilio Alemagna, 6

Rigadritto
(cancelleria)
Via Brera, 6

Ottica San Maurilio
Via San Maurilio, 14
Milano

Corraini in Piccolo – PICCOLO TEATRO Grassi   
(bookshop)
Via Rovello, 2

PASI’ Milano   
(abbigliamento donna)
Piazza Risorgimento, 10

Stamberga   
(galleria d’arte/design stationary/tea boutique)
Via Melzo, 3

PalermoUno   
(concept store)
Via Santa Maria alla Porta, 5

ATELIER VM
(gioielli)
Via Cesare Correnti, 26

Potrete trovare Sen Factory anche a Firenze nel bookshop di Bottega Strozzi.

Se, però, non vivete né in Lombardia né in Toscana, niente paura perché Sen Factory è provvisto di uno shop online dove potrete soddisfare tutti i vostri sfizi.

https://www.sen-factory.it/

 

Amanda De Luca


Non solo Murakami: dalla Kaikai Kiki Gallery agli artisti emergenti dell’arte pop giapponese

Tutti vogliono Takashi Murakami.

Se pensate di non sapere di chi si stia parlando o di non essere mai inciampati nelle sue opere, probabilmente vi sbagliate di grosso. La usa icona più popolare, fiori colorati dai piccoli occhi e l’enorme sorriso, inquietante e irriverente, alla stregua di quello dello Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie, sono riconoscibili e stampati sui prodotti più diversi.

Se siete appassionati di moda, ricorderete sicuramente le diverse collaborazioni dell’artista con Lois Vuitton, Vans, Supreme, Uniqlo e molti altri. Se invece siete appassionati di musica, i mostri del video di You should see me in a crown di Billie Eilish dovrebbero avervi riportato nello straordinario immaginario delle creature di Murakami. E se invece i toni dark-pop della Eilish non sono proprio il vostro genere, l’album Colores del cantante colombiano J Balvin del 2020 venne completamente customizzato dall’artista.

Insomma, anche per chi non conosce direttamente l’arte di Takashi Murakami, non essersi mai imbattuti in una sua opera o logo è cosa ormai impossibile. Artista riconosciuto a livello mondiale, pittore, sculture, grafico, regista, mangaka, è veramente difficile trovare un’etichetta che identifichi quest’artista poliedrico, da cui origina la corrente chiamata “Superflat”.

 

Tutti vogliono Takashi Murakami. Non tutti, però, conoscono la realtà sempre più espansiva e creativa dell’arte contemporanea pop giapponese, che mette radici anche nella produzione di questo famoso artista.

 

Dalla Kaikai Kiki Gallery, aperta al pubblico in nuova sede nel 2008, l’idea è quella di “create and establish an operation that will imbue art itself with a new social value”. La galleria ha esposizioni permanenti e temporanee e non solo di artisti giapponesi. Quest’arte, di valore sociale, affine ai gusti del pubblico, in continua evoluzione e fortemente legata alla contemporaneità travalica i confini anche di questa galleria, attraverso artisti che emergenti che – sebbene siano ancora legati al contesto artistico giapponese - attirano sempre più l’attenzione anche del panorama internazionale.

 

 

Chiho Aoshima 

Grafica, pittrice e scultrice, Aoshima si distingue per le sue opere dall’atmosfera magica e misteriosa, con protagonisti yokai e spiriti di un altro mondo. I personaggi delle sue opere sembrano creature a metà tra il mondo di cui abbiamo esperienza ogni giorno e la sua evoluzione fantastica, luoghi ponte con mondi diversi.

Il tratto delicato contrasta sinergicamente con i temi, che paiono provenire dai limiti del nostro inconscio, a tratti deliberatamente inquietanti.

 

https://www.instagram.com/p/CE_LiKMF9Ma/

 

https://www.instagram.com/p/CE6ZLSdFEUg/

 

https://www.instagram.com/p/CEVHKPXFRqK/

 

Presenze dagli occhi vuoti, che sottilmente manifestano la loro presenza nelle cose, nella natura, fanno scoprire un mondo allo spettatore che – forse – era solo invisibile a chi non sapeva ben osservare.

 

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Aya Takano

Aya Takano, pittrice, illustratrice, mangaka, immagina il suo intricato mondo con la delicatezza di chi conosce il peso di ogni cosa. Soggetti principali delle sue opere sono giovani donne dai corpi esili, dai grandi occhi e dalla sessualità a volte esplicita ma allo stesso tempo velata. I corpi di questi personaggi si intrecciano tra di loro, ma soprattutto con gli ambienti dei disegni della Takano, che spazia da riproduzioni di contesti tradizionali e stampe antiche (ovviamente in chiave rivisitata) e scene metropolitane nella vivacità di Tokyo.

 

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https://www.instagram.com/p/CJ0PmcrFQen/

 

Curiosità interessante, la sua passione per i tarocchi: spesso in edizioni limitate, tutti illustrati dall’artista stessa che ne produce versioni con soggetti differenti.

 

https://www.instagram.com/p/B80IvB_lD-O/

 

Il mondo artistico di Aya Takano è un universo in continua evoluzione: più lo si guarda e più se ne notano i particolari, e più se ne notano i dettagli più ci si immerge nei mondi inesplorati che la nostra immaginazione tesse, sguardo dopo sguardo.

 

 

Emi Kuraya

Emi Kuraya, giovanissima artista alla Kaikai Kiki Gallery, la sua carriera comincia solamente intorno al 2017 e si focalizza maggiormente sulla pittura (spesso a olio), il disegno, l’illustrazione.

La sua produzione ricorda molto i disegni che è possibile trovare in diversi manga e racconti nella cultura pop giapponese contemporanea. Lo stile di Kuraya, però, non si riduce unicamente al racconto, ma piuttosto all’istantanea: i suoi personaggi, prevalentemente femminili, sembrano osservare lo spettatore in un momento ben preciso.

Uno stile quasi impressionista, sia nell’idea dei soggetti che nello stile utilizzato: pulito, ma allo stesso tempo volutamente grezzo, dai tratti netti e bordi sfumati.

Lo sguardo puntato allo spettatore è interrogante, ma allo stesso tempo chiede, domanda, e racconta una storia.

 

https://www.instagram.com/p/B6uFceCjawO/

 

https://www.instagram.com/p/B31b4IcDO3i/

 

https://www.instagram.com/p/BvtkV1nDyuY/

 

 

Otani Workshop

L’artista è principalmente scultore e pittore, lavora con materiali come legno, ferro e ceramica. L’aspetto delle statue appare grezzo, il materiale non levigato. La dolcezza dei visi dei personaggi, spesso animali, ricorda quella di piccoli bambini, con occhi pronti ad esplorare il mondo, curiosi, aperti ad esplorare e comprendere.

 

https://www.instagram.com/p/COWlU4KF5p9/

 

https://www.instagram.com/p/CN3k2pzl9_r/

 

 

Ob

Ob è prevalentemente pittrice e illustratrice, ci fa osservare il suo mondo attraverso delicati personaggi femminili. L’atmosfera è quella di un mondo di pace, attraversato da filtri che tendono alle tonalità del blu, come a collocare lo spettatore in una boccia d’acqua. L’elemento dell’acqua è fortemente presente, gli spazi sono vaghi e indefiniti mentre l’attenzione è concentrata prevalentemente sugli enormi occhi del soggetto femminile. Il quale ci rivela e nasconde un mondo proprio.

 

https://www.instagram.com/p/CMrUcxvpy_Y/

 

https://www.instagram.com/p/CK51wF5JLAb/

 

 

Shoko Nakazawa 

Designer, pittore e scultore, Shoko Nakazawa diverte tutte le età con le sue piccole e grandi sculture ritraenti simpatici mostri che, se esistessero davvero, saremmo quasi disposti ad adottare. Dopo un passato prevalentemente come grafico comincia a ideare i suoi proprio personaggi, in particolare un simil-draghetto che prende forma nei colori più disparati nelle sue sculture in vinile. Tutt’altro che spaventoso, da dettagli curati, fluorescente o grezzo, è l’animale domestico che ognuno di noi desidererebbe, uscito direttamente dalle nostre fantasie.

 

https://www.instagram.com/p/CRSebhLhDCV/

 

https://www.instagram.com/p/CRhAF2GBD-B/

 

https://www.instagram.com/p/CPA85ciBLSD/

 

 

L’arte contemporanea pop giapponese è ancora un mondo inesplorato, in continua evoluzione e rinnovamento. Il poliedrico Murakami è un magnifico tassello di un mondo da indagare. Se questo è evidentemente un assaggio, il resto da scoprire sta al curioso!

 

 

Fonti e link utili:

https://www.perrotin.com/

http://en.gallery-kaikaikiki.com/about/

https://www.koraters.com

 

 

A cura di Susanna Legnani


Il 22 luglio è il One Piece Day!

Si festeggia oggi, 22 luglio, il One Piece Day: un’intera giornata dedicata alla grande opera di Eichiro Oda.

Ad annunciarlo è stata la Japan Anniversary Association come riconoscimento dell’incredibile lavoro dell’autore che va avanti da più di vent’anni. Un successo, quello di One Piece che non si è mai arrestato.

Il manga di Eichiro Oda ha iniziato il suo percorso sulla rivista Weekly Shōnen Jump di Shūeisha dal 22 luglio 1997 e continua tutt’ora con oltre 490 milioni di copie in circolazione al 2021, accaparrandosi il titolo di manga più venduto al mondo.

Dal 2015 è, inoltre, nel Guinness dei primati come serie a fumetti disegnata da un singolo autore con il maggior numero di copie pubblicate (oltre 320 milioni).

Le avventure di Monkey D. Rufy, aspirante Re dei Pirati e la sua ciurma, hanno ispirato film, OVA, cortometraggi in 3D, videogiochi e, si sussurra, una serie live-action Netflix.

Una bellissima notizia, quindi, per tutti i fan più sfegatati che oggi potranno godersi il loro manga preferito un po’ di più.

 

Amanda De Luca


Il Crespi Bonsai Museum compie 30 anni

Un angolo d’Oriente alle porte di Milano, unico al mondo, questo è Crespi Bonsai Museum che quest’anno festeggia il 30esimo anniversario dall’apertura.

L’attività del museo si affianca a quella di Crespi Bonsai, attività commerciale leader nel settore in Italia, fondata nel 1979.
Aperto il 26 maggio 1991, il Crespi Bonsai Museum è stato il primo museo permanente di bonsai al mondo. Nato dalla volontà di Luigi Crespi di offrire a tutti gli appassionati e curiosi la possibilità di ammirare una preziosa collezione di piante secolari, educate dai più famosi maestri giapponesi.

Il museo ospita oltre centomila bonsai da interno ed esterno, a rotazione secondo il momento stagionale. Ogni specie ha, infatti, un momento migliore per essere esposta. 

Tutte le piante sono attentamente selezionate e importate dall’Oriente.

Il pezzo più significativo della collezione è senz’altro il millenario Ficus retusa Linn, collocato al centro di una pagoda.

Ma oltre ai bonsai, un posto di rilievo lo occupano la ricostruzione del "toko-no-ma", l’angolo che nella casa giapponese tradizionale viene adibito all’esposizione di oggetti con alto contenuto spirituale e completata da preziosi complementi di arrendo, e il giardino zen creato con materiali originali importati dal Giappone.

Crespi Bonsai è un vero e proprio punto di riferimento per tutti gli appassionati, grazie anche alle molteplici iniziative che propone allo scopo di diffondere l’arte del bonsai, come il Raduno Internazionale del Bonsai & Suiseki e l’Università del Bonsai, di cui responsabile e docente è il maestro Nobuyuki Kajiwara.

Inoltre, dal 2011 il Crespi Bonsai Museum fa parte del prestigioso circuito dei Grandi Giardini Italiani.

 

Amanda De Luca


I luoghi del Gion matsuri: Yasaka jinja

Il Gion Matsuri

Il Gion Matsuri è un famoso evento religioso che si tiene nella città di Kyoto durante il mese di luglio. Partendo dal santuario di Yasaka, il matsuri comprende diversi tipi di festeggiamenti nel corso del mese. La celebrazione risale a tempi molto antichi: si dice che questi festeggiamenti si ripetano ogni anno da più di 1100 anni, dal primo all’ultimo giorno del mese di luglio. La prime testimonianze risalgono al 869, a meno di un secolo dalla fondazione della nuova capitale, tempi in cui una pestilenza imperversava in tutto il Giappone.

Kyoto, infatti, venne fondata dall’imperatore Kammu nel 794, il quale le diede il nome di “Heian-kyō” “capitale di pace e serenità”. La superficie di questa antica città non corrisponde esattamente a quella dell’attuale Kyoto moderna, molti cambiamenti sopraggiungerso nel tempo, e anche il santuario di Yasaka non fu sempre quello che è possibile vedere ai giorni nostri passeggiando per il quartiere di Gion.

La tradizione scavalca i cambiamenti e attraversa i secoli per arrivare sino ad oggi. Al tempo, si pensò che il disastro della pandemia fu provocato dalla maledizione di Gozu-Tennou: divinità legata alla malattia e guarigione. La città pregò allora il kami di Gion al fine di placarlo. Vennero costruite 66 hokos (un tipo di lancia) a Shinsen-en (un ampio giardino a Heian-kyō), e fu trasportato tra le strade della città un santuario. A quel tempo il Gion matsuri era chiamato “Goryo-e”, celebrazione atta a placare i kami avversi.

Il Gion matsuri diviene un evento annuale circa a partire dal 975. Dura un mese, dal 1 al 31 luglio, inizia con la cerimonia di Kippu-iri e finisce con l’Eki Jinja Nagoshi Matsuri. Durante questo mese si svolgono numerose feste religiosi, parate ed eventi.

La cerimonia di apertura si è tenuta quest'anno il primo di luglio nel santuario di Yasaka a Kyoto, in scala ridotta a causa della diffusione del Covid-19 in Giappone.

 

 

Breve storia del santuario

Si pensa che la fondazione del santuario di Yasaka risalga al 656, dunque ancor prima della fondazione della città di Heian-kyō come nuova capitale del Giappone. Con lo sviluppo della città, il culto di questo santuario si diffuse in tutta l’isola, stimando oggi ad avere 3000 santuari satellite in diverse parti del paese.

La struttura originale si data essere stata eretta intorno all’876: questo non deve sorprendere in quanto in origine i santuari shintoisti potevano essere nient’altro che strutture temporanee, costruite in occasione dei riti. La struttura attuale che è possibile vedere a Kyoto data 1654. Il fatto di poter difficilmente ammirare strutture originali è un altro dettaglio comune nella storia dei santuari shinto. Con le loro strutture prevalentemente in legno, spesso i santuari finivano distrutti a causa di devastazioni, terremoti o incendi. Il legno è un materiale naturale ed elastico. A volte resistente alle scosse di terremoto, ma fragile rispetto a incendi o altre calamità.

La divinità principale di questo santuario è Susanoo no Mitoko, con la sua sposa e otto bambini. In verità, in origine il kami del luogo era riconosciuto nella divinità sincretica Gozu-Tennou, a metà tra il culto buddhista e shintoista. Durante la restaurazione Meiji le forme religiose sincretiche vennero meno, in favore di una netta divisione tra culto autoctono e importato. Da quel momento in poi, dunque, il kami di Susanoo si sovrappose a quello di Gozu-Tennou, mantenendone alcune caratteristiche. Anche il santuario cambiò il suo nome, che da “Gion-sha” divenne “Yasaka-jinja”.

 

 

Struttura del santuario 

Yasaka jinja si trova nel quartiere di Gion a Kyoto, zona famosa per il suo antico fascino legato anche alla cultura delle geiko e maiko. Percorrendo la strada di Shijo fino alla fine, ai piedi delle colline di Higashiyama, è possibile incontrare una scalinata con cui accedere alle porte del santuario. Salendo queste scale si può vedere molto bene il quartiere da una posizione rialzata, fino all’altro capo della strada principale. Il santuario è un vero e proprio microcosmo, corredato da molti altari secondari e inserito in un contesto naturale, nonostante la collocazione nel centro della città.

L’entrata dalla strada di Shijo è chiamata nishi-romon (letteralmente "porta ovest"), a due piani e tre campate, di un acceso rosso vermiglio. Seduti ai due lati di questa porta, due guardiani arcieri shintoisti. Nonostante l’imponenza di questa entrata, quella principale è però quella a sud, che si affaccia direttamente sulla struttura dell’honden, vicina a un grosso torii di pietra, posto proprio all'ingresso. L'honden è considerata l'area più sacra del complesso, dove risiede e si manifesta il kami.

Considerata l’origine sincretica dei culti professati a Yasaka jinja (o meglio, Gion-sha al tempo), la struttura e l’honden mantengono caratteristiche dell’architettura buddhista. In particolare, l’honden è costruito nello stile yasaka-zukuri o gion-zukuri: honden e haiden sono combinati in un’unica struttura, al modo da somigliare alla sala principale di un tempio buddhista. Solitamente nei santuari shinto honden e haiden sono due edifici divisi: l’haiden è una struttura di avvicinamento al luogo sacro, il goshintai (oggetto o luogo in cui risiede il kami) è custodito invece nell’honden, struttura impenetrabile. Si pensa che inizialmente fossero divisi e giustapposti anche nel santuario di Yasaka. Tuttavia, probabilmente in seguito a ricostruzioni divennero combinati in una sola struttura, sebbene gli spazi interni rimangano diversi. Gli interni sono in legno, mentre l’esterno è anch’esso dipinto come il romon.

Di fronte all’honden è collocata una struttura molto particolare e appariscente, che spesso cattura l’attenzione anche più dell’altare principale, con tutte le sue lanterne: il palco per le danze shinto e le cerimonie, detto buden. Durante le ore serali, questa è la costruzione che maggiormente colpisce di tutto il complesso: tre file di lanterne di carta splendono nel buio, creando un’atmosfera magica e misteriosa. Come per i torii del Fushimi Inari Taisha, le lanterne portano i nomi dei donatori: questo sistema è molto diffuso nei santuari shinto, ed è un modo sia per il santuario di arricchirsi, sia per le persone che fanno donazioni di onorare i kami.

Il sito di Yasaka jinja è, come capita con strutture di grandi dimensioni, attorniato da moltissimi santuari satellite più piccoli. Soprattutto la notte, c'è un’atmosfera silenziosa e sacra: in un labirinto di strade, tra altari in pietra e legno e elementi naturali, la sensazione è quella si trovarsi immersi nella realtà delle divinità del Giappone, i kami che abitano i luoghi più diversi.
I santuari secondari di questo complesso rappresentano alcuni dei maggiori del Giappone in versione ridotta, come l’Ise Jinju e l’Izumo Taisha.

Curiosando tra gli scorci di questo complesso si può giungere al parco Maruyama. Luogo in cui ogni anno è possibile godersi un bellissimo spettacolo di ciliegi in fiore. Anche nelle altre stagioni è un posto molto tranquillo dove poter sostare. È il più antico parco di Kyoto, copre un’area di 8600 metri quadrati. Contiene anche alcuni stand e luoghi dove mangiare, panchine, un piccolo laghetto con un ponte per esplorare ancor più i dintorni.

 

 

 

Fonti e link utili:

http://www.yasaka-jinja.or.jp/en/

https://kyoto.travel/en/other_attractions/110.html

Guida ai santuari shintoisti: Cali, Joseph; Dougill, John. Shinto Shrines: A Guide to the Sacred Sites of Japan's Ancient Religion

 

 

a cura di Susanna Legnani


Culture Gate to Japan: l’arte negli aeroporti

Culture Gate to Japan: Connect people and culture through art

Dal sito https://culture-gate.jp/

L’Agenzia degli Affari Culturali del Giappone lancia un progetto di promozione culturale chiamato “Culture Gate to Japan”, collocato negli aeroporti del paese e in altre strutture. L’intento è quello di diffondere l’arte contemporanea del Giappone, nella rappresentazione delle sue diverse varietà territoriali. Gli artisti interpellati rientrano nel campo delle Media Arts (arti, intrattenimento, animazione, manga), che attraverso opere moderne esplorano anche aspetti della cultura tradizionale dell’isola. 

I luoghi prescelti, prevalentemente aeroporti, sono proprio spazi di passaggio e connessione tra paesi e culture: ogni parte del Giappone ha un diverso panorama culturale da esplorare, che in questo progetto viene presentato in mostre temporanee a tema. 

Ovviamente, a causa della pandemia è impensabile credere che un progetto simile possa veramente sortire gli effetti desiderati, per cui il sito web si è tramutato esso stesso in una mostra online di tutte le installazioni presenti nelle diverse strutture in giro per il Giappone. L’augurio è quello di non rinunciare a interagire con altre culture, tramite le persone e anche l’arte, ma di conservare la meraviglia e la curiosità per il giorno in cui si tornerà a incontrarsi come prima. Nel frattempo, https://culture-gate.jp ci offre la possibilità di fare un salto tra le opere pensate proprio per alimentare l’interesse verso la cultura e arte giapponese. 

Il nome “Culture Gate to Japan” è dunque più che azzeccato che mai: un portale online dedicato alla promozione della cultura nipponica, allo stesso tempo collocato in luoghi di passaggio e incontro di persone e culture dove, dunque, il “gate” è proprio quello dell’aeroporto. 

 

L'arte delle nuove tecnologie

Le strutture coinvolte sono sei aeroporti e un terminal crociere: l’aeroporto di Shin-Chitose, l’aeroporto Internazionale di Chūbu-Centrair, l’aeroporto di Fukuoka, di Naha, di Haneda e Narita, l’aeroporto internazionale del Kansai e il Terminal crociere internazionale di Tokyo. 

Ogni luogo identifica un tema legato alla cultura tradizionale del Giappone, che viene presentato attraverso forme d’arte contemporanea. 

 

Shin-Chitose

L’aeroporto di Shin-Chitose, nella regione di Hokkaido, si concentra sulla cultura Ainu (nativi di quel territorio). Il tema è “INVISIBLE”: l’azienda creativa NAKED, INC. proietta questi temi in uno spazio interattivo. L’installazione si chiama “Imagine Ainu” (イマジンアイヌ) e si focalizza sulla tradizione orale e musicale di questo popolo. 

https://www.youtube.com/watch?v=7RSkzjduP64&list=TLGG27A9ObchUP0zMDA2MjAyMQ

 

Chūbu-Centrair

L’aeroporto Internazionale di Chūbu-Centrair prende in considerazione la tradizione di samurai e ninja, il cui tema è “MOTION”. La zona fu teatro di battaglie, tra cui quella di Sekigahara, e ospita numerosi castelli e strutture legate al periodo degli Stati Combattenti.
Il gruppo creativo EUPHRATES si occupa della cultura dei ninja, con un’installazione di luci in movimento nel buio: visione e nascondimento. L’artista Shigeta Yusuke invece propone un’installazione-video che ricorda i paraventi pieghevoli tradizionali che ritrae la battaglia di Sekigahara in movimento. 

https://www.youtube.com/watch?v=ElLNTJ8n8Tw&list=TLGG3MYYlDY5PoczMDA2MjAyMQ

 

Fukuoka

A Fukuoka si celebra l’artigianato del Kyushu, il cui tema è “PATTERN”. L’artista Mizue Mirai propone l’animazione di motivi trovati su prodotti di artigianato locale.

https://www.youtube.com/watch?v=y5OzhExRQh0&list=TLGGwggv7glFhWEzMDA2MjAyMQ

 

Naha

L’aeroporto di Naha, nella zona di Okianawa, ospita la narrazione della storia regno delle isole Ryukyu, a tema “Memory”. Higa Satoru realizza una video-installazione in cui è possibile riscoprire il castello di Shurijo, simbolo di quel regno, bruciato ormai nel 2019. 

https://www.youtube.com/watch?v=RtzWLIg8umM&list=TLGGUoeXuHfiHkczMDA2MjAyMQ

 

Haneda e Narita

I famosi aeroporti di Haneda e Narita a Tokyo ospitano un’installazione sonora (di Suzuki Yuri e Hosoi Miyu) e una serie di video, da cui il tema “VISION GATE”. L’idea quella di catapultare il visitatore nell’eclettica cultura nipponica, ancora prima di approdare in Giappone, dove tutto sembra molto diverso da casa e meno familiare. Sei video di sei artisti accompagnano il viaggiatore dal gate alle uscite e a vari luoghi dei terminal. 

https://www.youtube.com/watch?v=CJOR4nftwOo&list=TLGGUVm0YYxGe2UzMDA2MjAyMQ

 

Kansai

L’aeroporto Internazionale del Kansai si concentra sul tema della coesistenza con la natura, tipico della cultura del Giappone tradizionale. Il tema è “LIFE”, ed è articolato in pannelli di disegni/manga realizzati da otto artisti per otto aree diverse del Kansai. 

 

Back TOKYO Forth

Infine, il terminale internazionale crociere di Tokyo ospita la mostra “Back TOKYO Forth”.  Le protagoniste sono sempre le “Media Arts”, attraverso le quali si vuole rappresentare le dinamiche di una Tokyo “in the middle” tra passato (back) e futuro (forth). Le opere sono disponibili alla visione sul sito web dedicato

 

 

Date uno sguardo a tutte queste opere su https://culture-gate.jp, per immergervi nella cultura tradizionale e regionale del Giappone, ma anche per conoscere nuovi artisti che attraverso moderne tecnologiche rendono vivi anche oggi i costumi di un tempo. 

 

 

a cura di Susanna Legnani


INVISIBILE: Chiharu Shiota e Memory of Water

Il sesto e ultimo articolo della serie “La percezione dello spazio nella visione degli artisti giapponesi contemporanei” prende in considerazione un’installazione molto suggestiva: Memory of Water di Chiharu Shiota. 

Memory of Water è un’installazione permanente per il Towada Art Center, ad Aomori in Giappone. L’opera è stata resa visibile al pubblico in aprile 2021, in occasione del decimo anniversario del progetto “Arts Towada”. Questa è un'iniziativa legata al contesto urbano circostante, si snoda per la città attraverso differenti proposte artistiche. 

Chiharu Shiota è un’artista che sviluppa la sua carriera tra oriente e occidente, nata ad Osaka ha lavorato per molti anni nel contesto berlinese. Le sue opere spaziano da installazioni e performances a sculture e disegno. Esposte ormai in tutto il mondo, i temi prevalenti sono quelli della memoria, il corpo, l’identità, la vita e la morte, le relazioni e il ricordo. Un’indagine dell’esistenza umana che passa da semplici oggetti e dalle loro relazioni con gli spazi. Nel 2019 il Mori Art Museum of Tokyo ospita anche una retrospettiva dei 25 anni della sua ricerca artistica “Chiharu Shiota: The Soul Trembles”, in cui sono presenti sei famose installazioni con fili intrecciati. 

In particolare, le installazioni di Chiharu Shiota sono costituite da scenari immersivi. Tra questi, vecchi oggetti di uso comune che attraverso intrecci di fili si relazionano con lo spazio, creando una fitta trama narrativa. Entrare a contatto con queste opere è un’esperienza che trascina lo spettatore nell’invisibile della vita di ogni giorno. Migliaia e migliaia di fili toccano e intersecano gli oggetti scelti, diramandosi per tutta la stanza. In questo modo, è come se lo stesso oggetto potesse silenziosamente parlare e raccontare una storia, estrinsecare il suo mondo. Un mondo presente, ma anche passato, fatto di memoria e ricordo. 

Vecchie sedie, tavoli, pianoforti, ma anche letti d’ospedale, indumenti, barche, chiavi. Oggetti che raccontano l’esperienza della vita, ma anche la malattia e la morte, la memoria di momenti passati. I fili sono l’intersecarsi sempre più sottile e complesso di tutto quel mondo che le cose raccontano ma noi non vediamo, l’invisibile reso sottilmente visibile. 

 

L’invisibile visibile

Memory of water è un’installazione che Chiharu Shiota pensa per un sito specifico, il Towada Art Center. L’ispirazione le deriva dal lago della città: il lago Towada. La tradizione narra che esso venne a formarsi 220.000 anni fa da attività vulcaniche, e nel tempo i dintorni furono costruiti bonificando la zona. Ciò, anche attraverso il sistema di canali ricavato dalla fonte d’acqua. L’opera, il cui oggetto centrale è quello della barca, intrattiene una relazione forte con la storia di questa città, ne racconta la storia e ne mette in evidenza il suo rapporto con l’elemento del lago. La barca stessa fu ritrovata sulle sue rive, oggetto che riesce dunque a rappresentare un passato, una memoria. Il filo rosso che avvolge l’imbarcazione e permea la stanza è la narrazione di questo ricordo, nei suoi diversi intrecci e relazioni, si allunga nello spazio e raggiunge lo spettatore. 

Le barche nelle installazioni di Chiharu Shiota sono mezzi che possono condurre a luoghi noti o sconosciuti, creano collegamenti, portano con loro storie di viaggi, suscitano emozioni diverse. Il tema ricorrente di vita e morte nelle opere dell’artista suggerisce che queste imbarcazioni possano essere ponte tra mondo della vita e della morte. Il filo rosso è un estrinsecarsi di significati da questi oggetti, allo stesso tempo ne rappresenta i legami. 

I fili delle opere di Shiota si intrecciano in modo indistinguibile, sottili e numerosi, il loro percorso diviene invisibile. Denotano allora uno spazio ambiguo, un agglomerato dai confini vaghi, che si estende nello spazio e la cui trama non è chiara e distinta ai nostri occhi. Se si volesse seguire con lo sguardo le tracce di questi fili, si percepirebbe da subito l’impossibilità di individuare una via. È una storia la cui trama ci sfugge, nelle sue mille sfaccettature e deviazioni non è completamente chiara al nostro sguardo. Le installazioni di Chiharu Shiota mostrano, attraverso gli intrecci delle trame, la storia invisibile di oggetti di vita quotidiana. Raccontano ciò che la cosa non mostra, ma di cui riempie l’atmosfera. È come se l’aria si facesse più densa, come se lo spazio si riempisse di ciò che non si vede: questo torna alla vista attraverso i fili rossi.

 

 

Link utili e fonti:

 

https://towadaartcenter.com/en/collection/memory-of-water/

https://pen-online.com/arts/chiharu-shiota-red-threads-connecting-the-here-and-there/?scrolled=3

https://www.chiharu-shiota.com/memory-of-water

 

 

Susanna Legnani


INVISIBILE: Chiharu Shiota e Memory of Water

Il sesto e ultimo articolo della serie “La percezione dello spazio nella visione degli artisti giapponesi contemporanei” prende in considerazione un’installazione molto suggestiva: Memory of Water di Chiharu Shiota. 

Memory of Water è un’installazione permanente per il Towada Art Center, ad Aomori in Giappone. L’opera è stata resa visibile al pubblico in aprile 2021, in occasione del decimo anniversario del progetto “Arts Towada”. Questa è un'iniziativa legata al contesto urbano circostante, si snoda per la città attraverso differenti proposte artistiche. 

Chiharu Shiota è un’artista che sviluppa la sua carriera tra oriente e occidente, nata ad Osaka ha lavorato per molti anni nel contesto berlinese. Le sue opere spaziano da installazioni e performances a sculture e disegno. Esposte ormai in tutto il mondo, i temi prevalenti sono quelli della memoria, il corpo, l’identità, la vita e la morte, le relazioni e il ricordo. Un’indagine dell’esistenza umana che passa da semplici oggetti e dalle loro relazioni con gli spazi. Nel 2019 il Mori Art Museum of Tokyo ospita anche una retrospettiva dei 25 anni della sua ricerca artistica “Chiharu Shiota: The Soul Trembles”, in cui sono presenti sei famose installazioni con fili intrecciati. 

In particolare, le installazioni di Chiharu Shiota sono costituite da scenari immersivi. Tra questi, vecchi oggetti di uso comune che attraverso intrecci di fili si relazionano con lo spazio, creando una fitta trama narrativa. Entrare a contatto con queste opere è un’esperienza che trascina lo spettatore nell’invisibile della vita di ogni giorno. Migliaia e migliaia di fili toccano e intersecano gli oggetti scelti, diramandosi per tutta la stanza. In questo modo, è come se lo stesso oggetto potesse silenziosamente parlare e raccontare una storia, estrinsecare il suo mondo. Un mondo presente, ma anche passato, fatto di memoria e ricordo. 

Vecchie sedie, tavoli, pianoforti, ma anche letti d’ospedale, indumenti, barche, chiavi. Oggetti che raccontano l’esperienza della vita, ma anche la malattia e la morte, la memoria di momenti passati. I fili sono l’intersecarsi sempre più sottile e complesso di tutto quel mondo che le cose raccontano ma noi non vediamo, l’invisibile reso sottilmente visibile. 

 

L’invisibile visibile

Memory of water è un’installazione che Chiharu Shiota pensa per un sito specifico, il Towada Art Center. L’ispirazione le deriva dal lago della città: il lago Towada. La tradizione narra che esso venne a formarsi 220.000 anni fa da attività vulcaniche, e nel tempo i dintorni furono costruiti bonificando la zona. Ciò, anche attraverso il sistema di canali ricavato dalla fonte d’acqua. L’opera, il cui oggetto centrale è quello della barca, intrattiene una relazione forte con la storia di questa città, ne racconta la storia e ne mette in evidenza il suo rapporto con l’elemento del lago. La barca stessa fu ritrovata sulle sue rive, oggetto che riesce dunque a rappresentare un passato, una memoria. Il filo rosso che avvolge l’imbarcazione e permea la stanza è la narrazione di questo ricordo, nei suoi diversi intrecci e relazioni, si allunga nello spazio e raggiunge lo spettatore. 

Le barche nelle installazioni di Chiharu Shiota sono mezzi che possono condurre a luoghi noti o sconosciuti, creano collegamenti, portano con loro storie di viaggi, suscitano emozioni diverse. Il tema ricorrente di vita e morte nelle opere dell’artista suggerisce che queste imbarcazioni possano essere ponte tra mondo della vita e della morte. Il filo rosso è un estrinsecarsi di significati da questi oggetti, allo stesso tempo ne rappresenta i legami. 

I fili delle opere di Shiota si intrecciano in modo indistinguibile, sottili e numerosi, il loro percorso diviene invisibile. Denotano allora uno spazio ambiguo, un agglomerato dai confini vaghi, che si estende nello spazio e la cui trama non è chiara e distinta ai nostri occhi. Se si volesse seguire con lo sguardo le tracce di questi fili, si percepirebbe da subito l’impossibilità di individuare una via. È una storia la cui trama ci sfugge, nelle sue mille sfaccettature e deviazioni non è completamente chiara al nostro sguardo. Le installazioni di Chiharu Shiota mostrano, attraverso gli intrecci delle trame, la storia invisibile di oggetti di vita quotidiana. Raccontano ciò che la cosa non mostra, ma di cui riempie l’atmosfera. È come se l’aria si facesse più densa, come se lo spazio si riempisse di ciò che non si vede: questo torna alla vista attraverso i fili rossi.

 

 

Link utili e fonti:

 

https://towadaartcenter.com/en/collection/memory-of-water/

https://pen-online.com/arts/chiharu-shiota-red-threads-connecting-the-here-and-there/?scrolled=3

https://www.chiharu-shiota.com/memory-of-water

 

 

Susanna Legnani