Lo scorso gennaio sono usciti nelle sale dei cinema italiani due film giapponesi che vale sicuramente la pena di recuperare: il Ragazzo e l’airone (君たちはどう生きるか, Kimi-tachi wa dō ikiru ka, lett. “E voi come vivrete?”) di Hayao Miyazaki e Perfect Days di Wim Wenders.

Il primo è il testamento autobiografico del regista di Studio Ghibli, famoso per aver prodotto diversi capisaldi dell’animazione giapponese Per citarne alcuni: Nausicaä della Valle del vento (風の谷のナウシカ, Kaze no tani no Naushika. 1984), Il castello errante di Howl (ハウルの動く城, Hauru no ugoku shiro. 2004) e Si alza il vento (風立ちぬ, Kaze tachinu. 2013).

Il secondo è una profonda riflessione sulla vita e sullo scorrere del tempo, la pellicola di ritorno del regista de Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin. 1987).

 

IL RAGAZZO E L’AIRONE: E VOI COME VIVRETE?

Photo credits: mymovies.it

1944. Mahito Maki vive a Tōkyō col padre, imprenditore nel settore dell’aeronautica militare, mentre la madre è costretta in ospedale. Quando la donna muore per un incendio divampato nella struttura dove è ricoverata, il figlio si trasferisce con il padre e la sua nuova moglie in una vecchia tenuta di campagna. È qui che il ragazzo, guidato da un airone cenerino parlante, scopre una torre abitata da personaggi bislacchi.
Mahito intraprende così un percorso di formazione attraverso cui supera il dolore per la perdita della madre.
Il luogo magico nascosto nella torre altro non è che il subconscio del protagonista stesso, in una rappresentazione del viaggio fisico come pretesto per compiere un viaggio metafisico, raggiungere il cambiamento interiore e risolvere i propri traumi, proprio come succede al Dante della Divina Commedia; infatti la frase latina che sovrasta l’ingresso della torre di Miyazaki è la stessa che troviamo sulla porta dell’Inferno dantesco: “Fecemi la divina potestate”, cioè “Sono stato creato dal potere divino”.
Il Dio creatore del mondo incantato è il Prozio, un uomo ormai prossimo alla morte che cerca invano in Mahito il suo successore, qualcuno in grado di mantenere inalterato il precario equilibrio della sua creazione, sacrificandosi per essa.
Il ragazzo e L’airone è una produzione autobiografica che lascia vasto spazio all’immaginazione dello spettatore: il piccolo Miyazaki e Mahito affrontano uguali esperienze di vita ed entrambi si rifugiano nelle fantasie strampalate ed infantili dei bambini, le stesse che popolano i film del regista. Il mondo in cui si perde Mahito nel film può facilmente essere la metafora di Studio Ghibli, co-creato da Isao Takahata e Miyazaki nel 1985. Tant’è che la figura del Prozio si può assimilare sia a Miyazaki, ormai uomo anziano che riflette sul futuro incerto della sua casa di produzione, sia ad Isao, che ha affidato al suo socio la gestione di Studio Ghibli. In questo secondo caso, Hayao potrebbe essere, nel film, il Re dei Parrocchetti che prima governa e poi distrugge il regno.

 

PERFECT DAYS

Photo credits: mymovies.it

Hirayama si alza all’alba, bagna le sue amate piante, prende una lattina di caffè al distributore automatico e, accompagnato dalla musica anni ‘70 delle sue vecchie cassette, guida verso il lavoro.
Finito il turno si lava in un’ōnsen pubblica, cena sempre nella stessa bettola della stazione e prima di addormentarsi legge.
Nel suo giorno libero frequenta un piccolo izakaya di fronte alla lavanderia; poi porta a sviluppare il rullino della sua macchinetta analogica e seleziona le foto da tenere tra quelle che ha scattato in settimana. Tutte foto dello stesso grande albero che gli tiene compagnia ogni giorno durante la pausa pranzo.
Nonostante qualche sporadico avvenimento arrivi di tanto in tanto a turbare la quiete di Hirayama, le sue giornate da addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tōkyō trascorrono tranquillamente.
Perfect Days è la quotidianità del protagonista raccontata giorno dopo giorno, semplicemente. Tutto qui, si può pensare? Sì, tutto qui. Tutto ciò di cui c’è bisogno per essere sereni è qui, nell’atto rivoluzionario di vivere lo scorrere del tempo senza fretta, in una società in cui ogni instante deve invece essere un’esperienza entusiasmante da poter raccontare.
Wenders ci ricorda che la felicità è bagnare ogni mattina i germogli per veder crescere le piantine, è mettere cura e dedizione in ciò che si fa, anche se si tratta di pulire dei gabinetti che dopo poco verranno sporcati di nuovo, è scattare una foto ai raggi del sole che ondeggiano tra le fronde degli alberi… Hirayama riesce ad apprezzare la ripetitività della vita assaporando le gioie nascoste nei piccoli avvenimenti, senza pretese e senza affanno, in pace con sé stesso e con ciò che lo circonda, in piena filosofia zen.
Il prezzo da pagare per questa grande consapevolezza è però la solitudine.
Il protagonista vive da solo, lontano dalla vita agiata che conduce la famiglia d’origine. Non parla molto e non riesce ad instaurare rapporti duraturi con nessuno, nonostante si dimostri sempre buono e gentile con chi richiede il suo aiuto. D’altronde la natura delle relazioni umane è effimera: un giorno incontri qualcuno che condivide il suo percorso con te per un po’ e poi ognuno riparte per la sua strada, nulla rimane uguale per sempre.
Il tempo scorre e cambia inevitabilmente le cose. L’importante è sapere che “adesso è adesso, un’altra volta è un’altra volta”.

 

 

Testo di Martina Condello, martinacondello.cm@gmail.com

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